(ASI) Economia - Il 65,15% delle imprese italiane del settore dell’Information and Communication Technology giudica scorretto il massimo ribasso nelle gare d’appalto, il criterio di aggiudicazione che si basa esclusivamente sul prezzo più basso offerto. Lo rivela l’indagine condotta da OIPA (Osservatorio su Imprese e Pubblica Amministrazione) nel mese di giugno attraverso la compilazione di un questionario sottoposto a 1706 imprese.
A rivelarsi maggiormente contrarie a questo tipo di procedura risultano essere le imprese del Sud, con il 75,32% che ha espresso parere negativo.
Le imprese sono state poi invitate a esprimersi sulle criticità del massimo ribasso. Quasi la metà delle aziende intervistate (il 46,4%) individua nella minore qualità dei servizi erogati la principale conseguenza negativa di questo tipo di procedura. Il picco più elevato si registra nel Nord-Est, con il 56,86% delle aziende.
Per il 20,6% il maggiore rischio al quale si va incontro è, invece, l’utilizzo di strumenti scadenti. La percentuale scende al 17,99% al Centro.
L’utilizzo di contratti atipici è considerata la principale deriva negativa per il 12,16% degli intervistati. Il problema è maggiormente sentito al Sud (con il 14,43% delle imprese), mentre si posiziona in decisa controtendenza il Nord-Est (con solo il 5,88%).
Il massimo ribasso favorirebbe, poi, il lavoro in nero per il 17,12% delle aziende. Percentuale che scende all’11,76% nel Nord-Est.
Riguardo l’esclusione delle offerte anomale, 8 imprese su 10 hanno espresso parere favorevole. L’83,38% del totale delle aziende trova corretto non ammettere le offerte considerate anormalmente basse rispetto all’entità delle prestazioni richieste. Le percentuali più elevate si registrano nel Nord-Est e al Sud (rispettivamente 86,36% e 86,84%).
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