(ASI) Dal 1° ottobre scatterà l’ennesima mossa tariffaria firmata Donald Trump: un dazio del 100% su ogni prodotto farmaceutico brevettato o di marca importato negli Stati Uniti. L’eccezione riguarda solo le aziende che stanno costruendo impianti produttivi sul suolo americano.
Una scelta muscolare, annunciata via social, che punta a spingere le multinazionali a “tornare a casa” e a riportare occupazione nell’industria farmaceutica statunitense.
Dietro questo annuncio, però, si muove una partita più sottile. Il Giappone, grazie all’accordo firmato a luglio, gode dello status di “nazione più favorita”: in sostanza, se Washington applicherà formalmente la Sezione 232 del Trade Expansion Act del 1962, Tokyo non potrà essere colpita con dazi superiori a quelli riservati ad altri partner privilegiati come l’Unione Europea. E poiché l’UE ha ottenuto un tetto massimo del 15% sui farmaci, lo stesso dovrebbe valere anche per i giapponesi.
Non si tratta di un dettaglio marginale. Nel 2024, il Giappone ha esportato negli Stati Uniti farmaci per 411 miliardi di yen, circa 2,7 miliardi di dollari: quasi il 2% delle sue esportazioni complessive verso il mercato americano. Un dazio al 100% avrebbe colpito in pieno un settore vitale, ma la protezione negoziata da Tokyo – confermata dal ministro della politica economica e fiscale Ryosei Akazawa – dovrebbe consentire di limitare i danni.
Resta da capire fino a che punto gli annunci roboanti di Trump troveranno una traduzione fedele nei testi ufficiali. L’amministrazione non ha ancora chiarito quale base legale userà per imporre i nuovi dazi, e questo lascia aperta la porta a interpretazioni meno favorevoli per chi pensava di aver messo al sicuro i propri interessi.
Lo stesso vale per gli impegni sugli investimenti: Trump parla di versamenti “upfront” da parte di Giappone e Corea del Sud per un totale di 900 miliardi di dollari, mentre Tokyo insiste che i 550 miliardi promessi saranno stanziati “di volta in volta”, legati a specifici progetti.
Al netto delle sfumature, resta una certezza: Trump sta ridefinendo il commercio internazionale a colpi di annunci improvvisi e tariffe shock. In questa cornice di incertezza, il Giappone sembra essersi guadagnato un paracadute negoziale, mentre altri partner – Regno Unito in primis – rischiano di pagare un conto salatissimo.
La domanda vera, però, è se questi accordi scritti reggeranno alla prova dei fatti o se, come spesso accade nell’universo trumpiano, tutto resterà sospeso tra la teatralità politica e la durezza dei numeri.
Tommaso Maiorca – Agenzia Stampa Italia



