L'alternativa al baratro? Uscire subito dall'euro
di Ida Magli
Nel momento in cui scrivo (1° novembre) la Borsa perde quasi il 7%. Cosa c'è di diverso da ieri? L'Italia è la stessa, anzi. Approfittando del giorno festivo, molti sono andati fuori città
mentre Berlusconi, Bersani, Vendola e compagni litigano come al solito, anzi, data la festività, forse un po' meno del solito. I commentatori affermano che: “La Grecia ha terrorizzato i mercati annunciando l'intenzione di indire un referendum sui nuovi prestiti concordati con l'Ue”. Cosa significa? Semplicemente che, nella democraticissima Ue chiedere un parere al popolo su ciò che decidono i governanti dovrebbe essere proibito (come ha già rilevato Angela Merkel): il loro no è sicuro.
Non c'è dubbio che le cose stiano così. Se, però, noi, cittadini privi di potere, non troviamo il modo di far ragionare i governanti, andremo tutti a fondo. La debolezza dell'Ue, causa prima della mancanza di fiducia dei mercati, dipende prima di tutto da questo: non esiste la comunità dei popoli, non esiste nessuno Stato a nome Ue. D'altra parte, però, i singoli Stati hanno rinunciato a battere moneta, per cui a garantire la moneta europea non c'è nessuno: né gli Stati nazionali né lo stato Ue. Né si dica che allora bisogna rafforzare i legami politici unendosi di più perché la comunità dei popoli non si crea a tavolino. Si sono create le istituzioni che avrebbero dovuto costituire l'ossatura dello Stato, ma talmente vuote che, giunti a dar loro un'anima, neanche i politici più ostinati sono riusciti a farle indossare l'essenza dei simboli di uno Stato: l'Ue non possiede né Costituzione né bandiera né inno. Al posto di una Carta c'è un trattato fra Stati: l'inno è stato eliminato e la bandiera la si può esporre soltanto il giorno della festa dell'Europa, cosa che nessuno fa. Solo i governanti italiani sono ostinati a farla sventolare.
Ora, però, di fronte al baratro in cui stiamo sprofondando dobbiamo trovare il modo per costringere i politici a riappropriarsi della sovranità monetaria e a nazionalizzare la Banca d'Italia. Lo diciamo anche solo in nome del buonsenso. Si parla di “contagio”: dalle malattie ci si salva scappando lontano dalla fonte. Il premier greco sicuramente ha parlato di un referendum pensando di poter portare, con l'avallo dei cittadini, Atene fuori dall'euro. Il nostro governo non ha bisogno di referendum: esiste già da molto tempo una maggioranza di parlamentari, economisti e semplici cittadini che è convinta non vi sia altro da fare. Inutile scaricarsi le colpe gli uni con gli altri: il gravissimo errore è stato compiuto quando è stato deciso di entrare nell'euro. Perciò la situazione rimarrebbe la stessa anche se si cambiassero i governanti. Si pensa di far andare al governo un economista o un banchiere? Sarebbe la decisione peggiore perché il potere racchiuso nelle mani dei banchieri sancirebbe formalmente la fine della democrazia e della forza degli Stati. I politici italiani se ne convincano: uscire dall'euro sarà un atto di forza, non di debolezza.
FONTE: Il Giornale, 2 novembre 2011.