(ASI) Il 25 febbraio scorso, 16 giorni fa, quando ormai pensavo che fosse chiaro un po’ a tutti che la situazione per l’infezione del covid-19 avrebbe portato ad enormi sacrifici, senza peraltro poter sapere come e quando questa situazione di emergenza potesse in qualche modo concludersi, mi sono permesso di scrivere un articolo con questo titolo: “Chiudono tutto, meno la Borsa. Pesanti le perdite. Incomprensibile”.

Da allora le cose sono notevolmente peggiorate, come era logico che fosse perché se c’è una cosa che penalizza i mercati finanziari è l’incertezza. Ci può essere maggiore incertezza di questa? Bastava sentire una delle centinaia di dichiarazioni fatte dai virologi e dai ricercatori per rendersi conto che le cose non potevano migliorare, semmai aggravarsi, per la salute e l’economia. Chiudere la Borsa mi sembrava urgente farlo già il 25 febbraio, ma la risposta del Mef (Ministero dell’Economia e delle Finanze) arrivata solo il 9 marzo ore 15,50 appariva piuttosto critica nei confronti di tutti coloro che avevano chiesto la chiusura di Piazza Affari. Un rosso continuo con perdite che hanno ormai  superato i cento miliardi di euro ( 68 miliardi ieri, mai così tanto nella storia in una sola giornata) si sono convinti che era giunto, anzi ampiamente superato, il momento di chiudere i mercati non solo in Italia, visto che si tratta di pandemia come ha comunicato l’Oms, ma in tutta Europa. Lo dimostrano le perdite di oggi a Londra (-9,81%) a Francoforte (12,21%) a Parigi (12,28%) per un totale di circa 825 miliardi di euro.  Il comunicato, dicevamo, sembrava rimproverare tutti questi sprovveduti, compreso noi, naturalmente, che avevano chiesto la chiusura. Eccolo. “La Consob – riporta il comunicato del Mef – ha chiarito le motivazioni alla base della necessità di mantenere l’operatività dei mercati azionari ed ha evidenziato i rischi che comporterebbe l’interruzione di tale operatività. Il Ministero dell’Economia e delle Finanze ribadisce la fiducia nell’operato e nelle scelte della Commissione e continua a monitorare con attenzione l’evolversi della situazione”. E i sulle pagine di Economia del Corriere della Sera viene ribadito, a chi non lo avesse ancora capito, che la Borsa è un “servizio essenziale” e non chiuderà. Tanto “che l’Esma, l’associazione delle 27 Consob europee, ha invitato tutti i partecipanti al mercato finanziario, comprese le società di infrastruttura (come le Borse) che devono essere pronte ad applicare piani di emergenza, comprese le misure per garantire la continuità delle operazioni”. Che la Borsa sia un servizio essenziale sarà anche vero ma in condizione di normalità e questa mi pare che siamo tutti d’accordo è una situazione di eccezionale gravità. Poi non vedo quali possano essere questi rischi e comunque seppure ci dovessero essere sarebbero certamente minori di quelli che stanno correndo i risparmiatori che hanno investito in Borsa. Si avvantaggiano gli speculatori. Sfogliavo il listino, prima di redigere questo articolo, ed ho notato che, dall’inizio dell’anno ci sono solo tre titoli in positivo, tutte gli altri sono in negativo con penalizzazioni pesanti, dal 20 % fino al 70 %. Mi hanno raccontato che ad una domanda se era o meno opportuno chiudere la Borsa un economista, intervistato in tv, ha detto che era una sciocchezza, perché sarebbe stato come rompere il termometro quando si ha la febbre. L’accostamento è del tutto arbitrario e non pertinente. Semmai è come se uno sta sdraiato in terrazza e vede arrivare, con tuoni e fulmini, un violento temporale e invece di mettersi dentro al sicuro aspettando che passi, rimane lì imperterrito, mezzo nudo, sicuro e certo di prendersi una polmonite. E’ quello che sta succedendo. Non so quanto può durare e quanto sia giusto farla durare questa intollerabile via crucis finanziaria. La giornata nerissima di ieri è stata pesantemente condizionata anche dalle dichiarazioni di Christine Lagarde, presidente francese della Bce, con un effetto devastante anche sullo spread, che significa maggiori interessi da pagare sul debito. Esattamente l’opposto di quello che disse Mario Draghi, nel 2012, “whatever it takes”  cioè fare “qualunque cosa serva”  per salvare i Paesi in difficoltà, tra cui l’Italia, e l’euro. Cosa che con il quantitative easing ha fatto fino all’ultimo giorno del suo incarico. Altri tempi. E’ bene che il governo e gli italiani se ne rendano conto. E’ inutile chiedere le dimissioni, come ha fatto qualche politico italiano, le cose sono definitivamente cambiate. E’, però, grave, triste e sconfortante che a dirlo si scelga il momento peggiore in cui, invece, era lecito aspettarsi aiuto e solidarietà.

Fortunato Vinci Agenzia Stampa Italia

 

 

*Chiudono tutto, meno la Borsa. Pesanti le perdite. Incomprensibile ttps://agenziastampaitalia.it/politica/politica-nazionale/49514-chiudono-tutto-meno-la-borsa-pesanti-le-perdite-incomprensibile

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