Lavoro: Coldiretti: "Dimezzato nei campi di montagna in 20 anni"

(ASI) Nel giro di vent’anni le giornate di lavoro in agricoltura nelle montagne italiane si sono praticamente dimezzate, passando da 89 milioni a 47 milioni, con un crollo che ha costretto 320mila aziende agricole a chiudere i battenti, togliendo un’opportunità di reddito vitale a dipendenti e familiari che lavoravano all’interno delle imprese montane.
E’ quanto emerge dal Dossier Coldiretti presentato alla mobilitazione di migliaia di agricoltori e boscaioli scesi in piazza per salvare la foresta italiana a Trento in Trentino-Alto Adige, scelto perchè ha oltre la metà del territorio coperto dai boschi, con il presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo, il Ministro dell’Ambiente Gian Luca Galletti, il Vice Ministro del Ministero delle Politiche Agricole Alimentari Andrea Olivero e il presidente della Provincia Autonoma di Trento Ugo Rossi.In montagna più di un agricoltore su due (53 per cento) - sottolinea la Coldiretti - ha abbandonato l’attività nell’arco di 20 anni, determinando la scomparsa di 2,2 milioni di ettari di superficie agricola, con il territorio esposto al dissesto e “aggredito” dai boschi, secondo le elaborazione sui censimenti Istat.  Il rischio concreto è lo spopolamento della montagna anche dalla presenza degli allevamenti, che hanno garantito fino ad ora biodiversità, ambiente e equilibrio socio-economico delle aree più sensibili del Paese perché – spiega la Coldiretti - quando una stalla chiude si perde un intero sistema fatto di animali, di prati per il foraggio, di formaggi tipici e soprattutto di persone impegnate a combattere l’abbandono e il degrado spesso da intere generazioni. Insieme alla perdita di posti di lavoro e di reddito viene anche a mancare – precisa la Coldiretti - il ruolo insostituibile di presidio del territorio, nel quale la manutenzione è assicurata proprio dal lavoro silenzioso di pulizia e di compattamento dei suoli svolto dagli animali. Il risultato - sostiene la Coldiretti - è che sono saliti a 7145 i comuni italiani, ovvero l'88,3% del totale, che sono a rischio frane e/o alluvioni secondo le elaborazioni Coldiretti su dati Ispra. Di questi 1640 hanno nel loro territorio solo aree a derivata propensione a fenomeni franosi, 1607 sono invece i comuni a pericolosità idraulica e 3898 quelli in cui coesistono entrambi i fenomeni. Le regioni con il 100% dei Comuni a rischio idrogeologico sono sette: Valle d'Aosta, Liguria, Emilia Romagna, Toscana, Marche, Molise e Basilicata. A queste si aggiungono Calabria, provincia di Trento, Abruzzo, Piemonte, Sicilia, Campania e Puglia con una percentuale di comuni interessati maggiore del 90%. Su un territorio meno ricco e piu’ fragile per il consumo di suolo si abbattono – continua la Coldiretti - i cambiamenti climatici con le precipitazioni sempre più intense e frequenti con vere e proprie bombe d’acqua che il terreno non riesce ad assorbire. Per proteggere la terra e i cittadini che vi vivono, l’Italia - sostiene la Coldiretti - deve difendere il proprio patrimonio agricolo e la propria disponibilità di terra fertile con un adeguato riconoscimento sociale, culturale ed economico del ruolo dell’attività agricola.

“Non basta celebrare il valore del paesaggio negli esami di maturità come è stato fatto giustamente quest’anno, ma occorre ricordare che esso dipende soprattutto dall’agricoltura che copre il 55% del territorio italiano e ne disegna in modo profondo le forme ed i colori”, ha affermato il presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo.

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