Riesumato il progetto del ponte sullo Stretto di Messina, cin cin delle mafie

(ASI) Con infinito gaudio abbiamo appreso che è stato riesumato il progetto del ponte sullo Stretto di Messina, i cui funerali, pensavamo definitivi, si erano svolti nel 2013 con Mario Monti, e che ci erano costati ben 300 milioni di euro.

Era la penale, forse nemmeno definitiva (ma quelli che firmano questi contratti capestro non pagano mai?) che lo Stato italiano è stato costretto a pagare alla società Eurolink, che nel 2006 aveva vinto la gara d'appalto, per aver rinunciato a realizzare l'opera, progettata con un costo previsto di 3,88 miliardi di euro e poco più di cinque anni di lavori.
A dare la lieta novella, con una mozione approvata dalla Camera (289 voti favorevoli 98 contrari e l'astensione, apparentemente sorprendente, di Forza Italia) è stato il presidente del Consiglio, Matteo Renzi: "Voglio provare davvero a vedere se si può fare". Addirittura euforico, e da siciliano doc non poteva essere altrimenti, Angelino Alfano, ministro degli Interni e leader del Ncd, che in Sicilia, in verità, ci torna in aereo, ma evidentemente ha pensato (come fa sempre) ai suoi sfortunati corregionali che, per tornare a rivedere la propria terra, devono sobbarcarsi a traversate avventurose e stressanti.
Diligente, rispettoso delle volontà dei deputati, infine, il ministro delle Infrastrutture, Graziano Delrio, "Se una forza politica o il Parlamento ci invita a valutare se un domani potremo riaprirlo (il progetto, ndr) noi non diciamo di no. Non abbiamo pregiudizi, la valutazione si fa sempre". Impeccabile. Perfettamente in linea con i doveri istituzionali.
Così ritorna in primo piano quel progetto di collegare, con un ponte, la Sicilia alla Calabria (al Continente, dicono a Messina) che dista 3.300 metri, i cui studi di fattibilità cominciarono già nel 1971. Ora, però, si pensa ad una variante sconcertante: un collegamento solo per il trasporto ferroviario. Così che l'idea (chiamiamola così) è ancora più sconclusionata e cervellotica.
Attualmente, l'attraversamento dello Stretto, come ho già detto di poco più di tre chilometri, avviene con le navi traghetto o ferry boat, come erano chiamate una volta. Le navi, bidirezionali, delle società private, effettuano corse in continuazione, 24 ore al giorno, un po' meno frequenti solo in piena notte, e trasportano le automobili e i mezzi pesanti, offrendo un servizio comodo, veloce e a prezzi ragionevoli. Tempo necessario, in condizioni meteo normali, circa 35 minuti. Il tempo per parcheggiare l'automobile, sgranchirsi un po' le gambe, andare sul ponte, ammirare il panorama, fare qualche foto e bere un caffè. Di solito, quando ci si ferma in un'area di servizio, si perde più tempo, anche perché, ovviamente, si sta fermi; sulla nave, comunque, si continua a viaggiare. Il beneficio sarebbe - c'era scritto nel progetto del 2006 - di un'ora di tempo risparmiato. Se ci vuole poco più di mezz'ora, come è possibile risparmiare un'ora? Un falso macroscopico, peraltro facilmente verificabile da chiunque.
Le Ferrovie dello Stato (o se preferite Trenitalia) hanno le proprie navi che svolgono anche il servizio per le automobili, ma hanno gli orari variabili, ovviamente, subordinati all'arrivo dei treni da traghettare, da e per la Sicilia. Per i passeggeri il tempo di attraversamento dello Stretto dura qualche minuto in più rispetto agli utenti con le automobili per le necessarie manovre di imbarco e sbarco delle carrozze dei treni. Ci vorrà massimo un'ora. Il beneficio, indicato nel progetto originario, era di un risparmio di due ore. Un altro clamoroso, interessatissimo falso.
Da questi particolari è facile capire che costruire il ponte per far guadagnare qualche minuto nell'attraversamento dello Stretto è idea assurda, farlo solo per i treni è pensata ancora più incongrua e stravagante, considerando, poi, che i convogli che arrivano alla stazione di Villa San Giovanni, provenienti da Milano o Torino, diretti a Catania, Siracusa o Palermo, viaggiano, quando va bene, con un'oretta di ritardo. Questi sarebbe i benefici. E i costi?
Ancora non conosciamo il costo complessivo dell'opera, quello precedente era, come già detto, di 3,88 miliardi di euro, ma era di nove anni fa, oggi sarebbe necessario tutto un altro investimento. E poi c'è da considerare, veramente gigantesco, l'impatto ambientale e paesaggistico, e, anche - tutt'altro che un dettaglio - i rischi di stabilità, considerando che la zona è a più alto rischio sismico del mondo.
Tutto negativo, dunque? No. C'è anche qualcosa di positivo. E sono (sarebbero) i massicci investimenti con la creazione di nuovi e molteplici posti di lavoro in una territorio in cui il lavoro manca a tutti i livelli e la disoccupazione ha tassi altissimi molto preoccupanti. Però - ammesso che sia veramente questo l'obiettivo principale - in Calabria e Sicilia mancano così tante infrastrutture che non è difficile trovare dove investire, dalle strade dissestate ai territori franosi c'è solo la difficoltà della scelta, senza il bisogno di avventurarsi in un'impresa ardua, costosa e discutibile come il Ponte.
Il business vero e proprio - su questo non ci sono dubbi ed è, in verità, l'unica cosa certa di questo progetto - lo farebbe la 'ndrangheta in Calabria e la mafia in Sicilia. Tutto lascia pensare che, sentite le dichiarazioni di Renzi e di Alfano, i boss, di una parte e dell'altra dello Stretto, abbiano brindato ai futuri affari. E non si pensi alla task force di Raffaele Cantone, presidente dell'Autorità nazionale anticorruzione, per evitare corruzioni, tangenti e le infiltrazioni mafiose negli appalti. Quelle sono zone controllate, non chilometro per chilometro, ma centimetro per centimetro, dalle varie cosche e il dominio (e il potere) è pressoché assoluto. Se qualcuno ha dei dubbi, può chiedere informazioni al procuratore aggiunto della Repubblica presso il Tribunale di Reggio Calabria, Nicola Gratteri, che della 'ndrangheta conosce tutto e tutti. A questo proposito potrebbero essere utili anche le testimonianze dei proprietari delle società che hanno costruito l'autostrada Salerno - Reggio Calabria o gli amministratori della società genovese che gestisce il porto di Gioia Tauro.


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