(ASI) Dopo 50 anni l'Italia torna in deflazione, ad agosto prezzi - 0,1%. Le famiglie non spendono, i prezzi scendono, la produzione crolla. Albeggia la spirale del crollo dell'economia interna e si profilano le terribili ombre di una occupazione straniera senza precedenti.
Le minori entrate fiscali faranno registrare un nuovo record sull'indebitamento pubblico. Mille disoccupati in più al giorno, 3,22 milioni di senza reddito, mentre lo sblocca Italia libera 10 miliardi per le grandi opere.
La fotografia di una Italia alla deriva.
«I 10 miliardi per le grandi opere, - attacca Paccagnella di Federcontribuenti -, sono fumo negli occhi, uno specchietto per le allodole. Lo sappiamo tutti a chi andranno questi soldi, chi beneficerà di questi appalti miliardi. L'impatto sull'occupazione sarà pari a zero. Le grandi opere si effettuano quando la Nazione è in crescita, mentre noi siamo alla deriva e di lavoro stagionale non abbiamo bisogno». Insomma, lo Sblocca Italia non piace alla Federcontribuenti che chiede invece di: «..ricreare occupazione. Significa mettere in condizione gli italiani di aprire una attività senza indebitarsi, assumere senza l'onere del fisco, investire nell'azienda piuttosto che pagare le tasse almeno per i primi 3 anni di attività. Solo l'occupazione potrà disincagliare questa nave impazzita, traghettarla in porti sicuri e spegnere questa tempesta». Privilegiando le piccole aziende manifatturiere, tornando a produrre i nostri beni di consumo, ecco la ricetta miracolosa per sbloccare l'economia. «Incontrarsi con gli economisti europei o con gli altri capi di Stato può andar bene per un confronto e un caffè tra colleghi, ma il nostro capo di Stato farebbe bene ad occuparsi delle sole esigenze dell'Italia, congelando le trattative economiche. Va da sé che nessuno Stato europeo entrerebbe in Italia con i cannoni per esigere soldi o pareggi di bilancio». Creare occupazione in Italia significare finire in una ragnatela, ad ogni giro si finisce più vicini al ragno pronto a sfamarsi. Banche ed Equitalia sono due cambiali fisse per l'85% degli imprenditori. «Il problema da discutere nella UE non è la linea politica da seguire, ma come allineare tutti gli Stati europei ad un unico discorso fiscale e industriale. Il costo della mano d'opera, le richieste fiscali, il costo delle materie prime dovrebbe essere uguale di Stato in Stato, questo renderebbe forte l'Euro e ci renderebbe forti e compatti agli occhi degli investitori esteri. Il ruolo della BCE va cambiato, dobbiamo diventare una Europa sovrana dal punto di vista monetario, per ora siamo solo un grande condominio in lite». Resta infatti inutile continuare a prestare denaro alle nostre banche se queste poi non concedono prestiti e a tassi vantaggiosi.
Redazione Agenzia Stampa Italia