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Scie Chimiche. Quei filamenti caduti dal cielo: seta volante o polimeri biosintetici?

(ASI) Nei primi giorni del mese di novembre 2008, in diverse località del Nord Italia, sono state raccolte segnalazioni relative alla caduta di “strani filamenti” dal cielo. Ciò che ha colpito maggiormente l’occhio degli involontari testimoni è stata la copiosità del fenomeno: in poco tempo prati, alberi e automobili sono stati letteralmente ricoperti da una leggera coltre di fili bianchi.

 Altro fatto insolito è che i filamenti in questione, che all’apparenza sono sembrati molto simili a fili di ragnatela, hanno mostrato una notevole tenacità, molto maggiore di quella che presentano le comuni ragnatele.

Proprio l’atipicità del fenomeno osservato ha indotto diverse persone a raccogliere campioni dei filamenti, sperando che successive analisi di laboratorio potessero stabilirne la natura. I campioni analizzati sono stati raccolti nei giorni tra il 5 ed il 9 novembre 2008 in diverse località, più precisamente: Parma, Bologna, Calderara di Reno (Bo), Ferrara, Buccinasco (Mi) e Milano Parco Nord.

L’analisi sui campioni svolta dal biologo Dott. Giorgio Pattera e dalla Dott.ssa Ilaria Alfieri ha confermato quanto affermato dai testimoni: “I filamenti sono apparsi estremamente appiccicosi e tenaci, molto resistenti alla trazione e decisamente difficili da maneggiare, anche con pinzette sottili di legno, plastica o acciaio”. I campioni provenienti dalle località citate sono stati suddivisi in porzioni, in modo da poter eseguire differenti test su ciascuna tipologia, in particolare il saggio alla fiamma, le prove di solubilità, il testi di solubilità in acidi, il saggio alla soda caustica e quelli coi reattivi di Loewe e Schweitzer. Tutti i filamenti sono stati sottoposti agli stessi test ed hanno dato tutti gli stessi, identici risultati.

I risultati ottenuti relativi alla solubilità nei reattivi specifici per la seta (reattivo di Loewe e reattivo di Schweitzer), unitamente alle osservazioni precedenti, ossia un ph alcalino dei vapori sprigionati dalla combustione, il caratteristico odore di “corno bruciato” (per evidente presenza di ßcheratina), il residuo di cenere nera (carbonioso) e la solubilità in acido solforico, acidi nitrico e soda caustica (in ebollizione), portano a concludere che i filamenti sono quanto meno di origine organica e, più precisamente, presentano caratteristiche chimico-fisiche molto simili a quelle mostrate dalle ragnatele, anche se, rispetto a queste ultime, possiedono una maggiore tenacità e una maggiore resistenza alla solubilizzazione nei reattivi specifici. A questo punto, prima di avventurarci nell’esposizione delle possibili ipotesi circa la provenienza e, soprattutto, la funzione di questi “filamenti”, è doveroso stabilire innanzitutto che cosa non possono essere.

L’analisi sui campioni svolta dal biologo Dott. Giorgio Pattera e dalla Dott.ssa Ilaria Alfieri ha evidenziato che “non sono sicuramente la produzione (che risulterebbe a livello industriale, fra l’altro, per coprire l’estensione territoriale) delle ghiandole sericigene dei cosiddetti ‘ragni d’alta quota’, la cui esistenza (dal punto di vista entomologico) lasciano appannaggio delle ‘leggende metropolitane’, con buona pace del CICAP. Non sono assimilabili, nemmeno lontanamente, ai filamenti di ‘bambagia silicea’ o ‘capelli d’angelo’ caduti in concomitanza col passaggio a bassa quota di Oggetti Volanti Non Identificati (OVNI) su Oloron nel 1952 e su Firenza nel 1954, che si volatilizzarono in breve tempo, quasi sublimandosi a contatto con le mani”. Nel caso in oggetto grazie all’intraprendente solerzia di uno studente, allora laureando in ingegneria, si potè eseguire l’analisi chimica dei filamenti presso l’Istituto di Chimica Analitica dell’Università di Firenze. Il referto analitico concluse lapidariamente: “Sostanza a struttura macromolecolare, contenente boro, silicio, calcio e magnesio. In linea puramente ipotetica, potrebbe trattarsi di vetro boro silicico” (firmato: il Direttore Prof. G. Canneri).

Ma allora che cosa sono questi filamenti? Per poter formulare qualche ipotesi non utopistica sulle origini di questi misteriosi filamenti, andiamo ad indagare da vicino la loro probabile struttura, circoscrivendo il campo di indagine. Come ci spiega il biologo Dott. Giorgio Pattera “le fibre naturali animali, quelle naturali vegetali e quelle artificiali hanno reazioni diverse nei confronti della combustione. Infatti la fibre naturali animali (lana, seta) bruciano lentamente, emanando un odore di corno bruciato per la presenza della cheratina, lasciano residui di combustione friabili e carboniosi. Le fibre naturali vegetali (cotone, lino, canapa, juta) bruciano velocemente, con fiamma viva, rilasciando un odore di carta bruciata per la presenza della cellulosa e residuando ceneri impalpabili. Le fibre artificiali si comportano come quelle naturali, a seconda della loro origine”.

Le analisi hanno verificato che, saggiandola alla fiamma, la sostanza di cui sono composti i filamenti allo studio emana odore di corno (o capello, pelo) bruciato, tipico delle strutture fibrose naturali di origine animale. Questo, pertanto, circoscrive il campo d’indagine alle fibre naturali animali (lana e seta). Entrambe tuttavia, pur derivando da distretti del tutto differenti (annessi cutanei dei mammiferi, la prima; ghiandole sericigine di alcuni insetti, la seconda), sottoposte alla fiamma, emanano lo stesso odore: perché questa “cross-reaction”? Per rispondere a questa domanda occorre chiarire la struttura delle due fibre. Ci spiega il biologo Dott. Giorgio Pattera che “la lana è costituita dall’αcheratina, una proteina a struttura elicoidale formata da una coppia di αeliche destrorse, strettamente avvolte a spirale e rinforzate da numerosi ponti disolfuro intercatena. La seta, invece, è costituita dalla ßcheratina, detta fibroina, una proteina organizzata ‘a foglietti pieghettati a ventaglio’, disposti in piani sovrapposti, ravvicinati e compatti ( ciò che rende la seta morbida e flessibile) e dalla sericina. E’ la presenza in entrambe della cheratina che consente a tutte e due le fibre di emanare il caratteristico odore di “corno bruciato”, qualora esposte alla fiamma. Ma, come abbiamo visto, i nostri filamenti si sciolgono col reattivo di Schweitzer, per cui rimane in gioco solo la seta”.

Ma che senso ha parlare di “fili di seta volante?” Il biologo Dott. Giorgio Pattera e al Dott.ssa Ilaria Alfieri hanno elaborato tre ipotesi. Prima ipotesi. I filamenti analizzati sarebbero da collegarsi, in qualche modo, al sorvolo delle località interessate da parte di oggetti volanti non identificati, cosi come riferito da numerosi testimoni: situazione simile, pertanto, a quelle già citate (Oloron 1952, Firenze 1954), con l’unica differenza consistente nel tipo di sostanza ricaduta al suolo (borosilicato contro polimeri organici). Anche oggi, come allora, restano sconosciute le motivazioni di tale “pioggia”.

Seconda ipotesi. I filamenti analizzati sarebbero un “sottoprodotto”, una conseguenza “accessoria” del progetto di modificazioni climatiche, al fine di prevenire la formazione di eventi atmosferici turbolenti (uragani, precipitazioni intense, trombe d’aria), particolarmente disastrosi per il continente europeo. Tale progetto verrebbe messo in atto mediante il rilascio in atmosfera, da parte di aeromobili privi di contrassegno identificativo, di particolari elementi (bario, ioduro d’argento, ecc.) in grado, per l’appunto, di influire sul clima, impedendo o favorendo la formazione di nubi e le relative piogge. Questa azione diretta sul clima è già stata sperimentata con successo durante lo svolgimento delle Olimpiadi di Mosca, nel 1980, grazie ad un’intesa (al tempo segreta e trapelata solo dopo la caduta del muro di Berlino) fra l’aeronautica sovietica e quella statunitense. Ma anche oggi possiamo notare gli effetti della dispersione delle suddette sostanze nei nostri cieli: entro 48-72 ore dalla comparsa delle scie chimiche, rilasciate da velivoli non identificabili nell’atmosfera tersa, si osserva la comparsa di formazioni nuvolose, seguite da precipitazioni più o meno intense.

Terza ipotesi. I filamenti analizzati sarebbero il risultato di un processo di polimerizzazione di sostanze organiche (bio-polimeri di sintesi), realizzato artificialmente ed impiegato come “supporto” di altri componenti (polveri metalliche?), allo scopo di diffondere nell’atmosfera un “aerosol”, atto a potenziare ed estendere, nello spazio e nel tempo, la riflessione delle onde elettromagnetiche (radar, comunicazioni radio, trasmissioni satellitari); il tutto, ovviamente, a scopi militari di controllo ed “intelligence”.

“Propenderei per quest’ultima ipotesi, dato che una delle proprietà della seta è quella di fissare con facilità Sali di alluminio, ferro e stagno, con formazione di sali basici insolubili. In altre parole, questi polimeri bio-sintetici fungerebbero da adiuvanti nella nebulizzazione aerea di composti metallici non meglio rilevabili, comportandosi come i sistemi di diffusione dei semi da parte del vento, utilizzati da alcune essenze vegetali (tarassaco, tiglio, acero, pioppo, ecc.). Si tenga conto anche del fatto (sicuramente su Parma, mentre non abbiamo riscontri per le altre località) la ricaduta copiosa di “ragnatele” si è avuta dopo un intenso viavai di aeromobili non identificati, che hanno disegnato sulla verticale della zona uno “scacchiere” di scie (ma diverse da quelle “normali” di condensazione dei gas di scarico dei jet, per forma, dimensione ed insistenza temporale), denominate per l’appunto scie chimiche, come osservato da numerosi testimoni oculari.

Non ci sentiamo di esprimere giudizi su quelle due ultime ipotesi, ancora tutte va verificare, poiché ci addentreremmo in un ambito, quelle delle strategie politico-economico-militari, che esula dalla nostra speculazione”.

A completamento dello scenario che si sta delineando riportiamo una notizia interessante relativa ad un brevetto americano (US Patent 59944099) che riguarda proprio la scoperta di polipeptidi che formano macroscopiche fibre, e di DNA clonato che codifica tali polipeptidi. In altre parole questa scoperta consentirebbe di riprodurre le proteine della seta tipiche delle ghiandole flagelliformi del ragno Nephila Clavige. Le applicazioni industriali indicate per il brevetto vertono principalmente su suture per vari procedimenti medici. Ma le caratteristiche di questa seta artificiale assomigliano molto a quelle dei filamenti caduti dal cielo. Sarà un caso?

In ogni caso il biologo Dott. Giorgio Pattera sottolinea la pericolosità delle sostanze che vengono rilasciate nell’aria: “Ci preme comunque evidenziare la pericolosità di alcuni elementi, che si suppone vengano dispersi nell’atmosfera per ottenere gli scopi predetti. Bario, alluminio, quarzo, titanio (per citarne alcuni), se inalati direttamente o assunti con alimenti (vegetali) contaminati dalle piogge susseguenti la dispersione, possono dare origine negli organismi superiori a gravi patologie, quali le sindromi di neurodegenerative (SLA, BSE), quelle neurotossiche (Alzheimer), insufficienza respiratoria (silicosi), ecc”. E’ forse per il diffondersi di questo allarme, percepito dalla popolazione, che negli ultimi cinque anni sono state poste sette interrogazioni “bipartisan” al Parlamento italiano ( a firma Ruzzante, Di Pietro, Brandolini, per citare alcuni) e numerose altre all’Europarlamento, da parte di onorevoli tedeschi e olandesi. Tutte per chiedere giustificazioni “sull’inquietante fenomeno, in continuo incremento, della comparsa di formazioni nuvolose anomale, rilasciate da aerei militari o privi di contrassegni identificativi, nei cieli italiani ed europei”.

Tra le altre quella dell’On. Sandro Brandolini (6 ottobre 2008), è particolarmente incisiva, in quanto sfida il ministero della Difesa a “fornire, se ne è in grado, le prove scientifiche definitive che smentiscano l’esistenza delle chemtrails”.

 

Davide Caluppi Agenzia Stampa Italia

 

Fonti: Analisi dei filamenti caduti nel novembre 2008 effettuate sui filamenti dal biologo Dott. Giorgio Pattera e dalla Dott.ssa Ilaria Alfieri.

G. Pattera “Scie nel cielo, paura sulla Terra” tratto da “Area di confine”, n° 32 maggio 2008 pagg. 50-58.

Articoli da “L’Unione Sarda” del 28-12-2006 e del 18-01-2007

Articoli da “La Repubblica” del 16-01-2007

Articoli dal “Gazzettino di Treviso” del 23-03-2007

Comunicato stampa “Codacons” del 16-12-2007

Articoli da “La Stampa” del 11-02-2009

Articoli dal “Corriere della Sera” del 19-02-2009

 

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