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Emanuel Ax: un’altro grande pianista di fama internazionale agli amici della musica di perugia

(ASI) Proseguendo nella nostra rubrica musicale dedicata alle esecuzioni per tastiera che si tengono nell’ambito della stagione concertistica degli Amici della Musica di Perugia, riportiamo programma ed impressioni del concerto tenuto dal pianista Emanuel Ax, Venerdì 20 aprile scorso al Teatro Morlacchi di Perugia.

Il XIX concerto della stagione 2011/2012, 2521° dalla fondazione è stato un vero e proprio “Grande Evento” vedendo sul palcoscenico un nome di certa fama mondiale. Come per Schiff anche qui tutto il programma è stato incentrato sulle “variazioni”, con una “variazione” al palinsesto del primo tempo in cui l’improvviso (tema e variazioni) in si bemolle maggiore di Schubert è stato sostituito dalle variazioni in fa minore di Hydn. Ecco quindi quanto eseguito:

Aaron Copland, Piano Variation (1930)

F. J. Hydn, Andante e variazioni in fa minore

L. van Beethoven, Variazioni e Fuga in mi bemolle maggiore, op.35 (“Eroica”)

Intervallo

R. Schumann, “Etudes symphoniques”, op. 13 (1834-1837; 1852).

Un programma di sicuro impegno per pubblico e interprete, assolutamente non scontato e dotto. Ax esordisce con un Compland ben caratterizzato, che tradizionalmente richiede suoni duri, secchi, a volte metallici, senza necessità di particolari sfumature, semplici e spontanei come l’America da cui originano. Ottima, da parte dell’interprete, l’espressione sonora di questo pezzo, attraverso un’impronta digitale acustica che rende subito percettibile timbri ed anima di uno degli autentici “caposcuola compositivi americani”. La musica si snoda per labirinti psicologici e modernamente emozionali, ricchi di personalità e di pianissimi. Molto buona la prova di questo pianista che ci ha richiamato alla mente i ben più attuali brani della nostra Porcaccini. Poi con Hydn si passa a sonorità e ad altri timbri sia strepitosamente pianistici che “fintamente” clavicembalistici; reminiscenza del Gould degli anni Cinquanta. Ottima l’uguaglianza delle frasi ripetute, azzeccatissimi i tempi, elevata la compostezza formale, spiccata omogeneità esecutiva per suoni che, come è d’obbligo per questo autore, spaziano dal barocco alla classicità e precorrono percettibili spunti di primitivo romanticismo. In una grande coerenza espressiva la natura dell’autore non viene quindi tradita anzi svelata, spiegata. Chiusura dell’opera veramente emozionante. Il pubblico e gli organizzatori apprezzano poi molto il Beethoven che a me invece desta alcune perplessità. L’Eroica è suonata certamente con grandissima passione e trasporto, perfetti i ribattuti, trilli ottimi, insidie ritmiche risolte con scioltezza, versatilità nel cambio degli atteggiamenti musicali richiesti dallo spartito (seriosità, comicità, senso del grottesco, ma anche drammaticità e meditazione) ben sostenuta, bellissimi i pianissimi. La Fuga è eseguita nel rispetto del gusto contrappuntistico ed è verissimo asserire, per questa composizione, che Beethoven “anticipa il linguaggio” di successive opere (la Sonata n. 109, le Diabelli, la Sinfonia “Eroica”). Alta la concentrazione di esecutore e pubblico per un Beethoven ancora una volta ben connotato su questa scena. Il secondo tempo si rivolge invece interamente a Schumann. Quelle delle “Variations pathétiques” o “Etudes symphoniques” o così come sarà più tardi nel 1852 degli “Etudes en forme de Variations” sono pagine grandiose, virtuosistiche, sonore, di grande respiro e robustezza. Illuminante per la storia di questo corpus è quanto riportato dal libretto di sala: “Etudes en forme de Variations […] è questa la versione generalmente eseguita oggigiorno ed è ormai consuetudine integrarla con i due Studi espunti (“Studi postumi”). […] A complicare le cose ulteriormente ci pensò Johannes Brahms, che nel 1890 –e con il solito zelo- fece pubblicare i cinque Studi eliminati da Schumann nel 1837, conosciuti oggi come “Studi postumi”. Non di rado – è il caso del concerto di questa sera- i concertisti ripristinano queste pagine, rimaste senza indicazioni agogiche: il loro inserimento all’interno della composizione è del tutto arbitrario ed Emanuel Ax ha scelto di eseguirne due, dopo la quarta variazione e uno dopo l’ottava.”. Ax esegue con veemenza, ma contenendo la eruzione romantica, forse troppo violento e poco vellutato in vari passi, ma sempre rammentando impeccabili ribattuti. Splendido il tocco pianistico applicato alla IV variazione. Intensissimi gli “Studi postumi”. Bellissimi i pastish sonori della suggestiva variazione VII. Sonorità acute come gocce d’acqua su vetri di cristallo suoni pianistici purissimi e ricchi di personalità. Corpus emozionante eseguito con grande omogeneità, in cui è stata esaltata attualità e modernità sonora e armonica della partitura. Pagine a cui si comprende che molti hanno attinto (correnti contemporanee pseudo-romantiche e neo-melodiche?), finale grandioso con qualche sbavatura di nessuna importanza. Eseguiti due bis coincisi ma scintillanti ad un pubblico mediamente folto che ha richiesto convinto numerose uscite.

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