Umbria Jazz
Sabato 9 Luglio 2011 ore 21 - Arena di Santa Giuliana
(ASI) Apre il concerto il trio della pianista giapponese Chihiro Yamanaka (pianoforte) con Aldo Vigorito al contrabasso e Mickey Salgarello alla batteria.
La cosa che colpisce di più è la grazia della pianista, leader del gruppo, quando si presenta al pubblico, minuta (stile bonsai) e garbata, contrapposta al suo modo di suonare il pianoforte. Appena può, dove la musica lo consente, si avventa sui tasti con foga ed impeto, alzandosi in piedi o saltando sul sedile, con impeto straordinario.
Il jazz che suona è tradizionale, molto serrato, stile anni ‘80.
Il brano più noto che eseguono è Take Five, un classico del jazz, scelta piuttosto coraggiosa dal momento che nel trio manca uno strumento a fiato.
Segue una bellissima ballad, When you wish up on a star.
Dopo un omaggio ad una canzone tradizionale giapponese, il gruppo si congeda, dopo circa 50 minuti, lasciando un buon ricordo di sé.
Dopo un lungo intervallo, arriva il secondo gruppo della serata, per quello che, forse, è il concerto più atteso del festival , assieme a quello di Prince, ed è certo il più atteso tra quelli di jazz puro. Tre grandi del Jazz (Shorter, Hancock, Miller) si rincontrano per un tributo a Miles Davis, a 20 anni dalla sua morte.
I tre, in tempi diversi, hanno collaborato con lui. I primi due, in particolare, sono stati parte del quintetto memorabile di metà anni ’60, quello con cui Davis ha consolidato il proprio successo, prima dell’ennesima svolta verso il free jazz, una delle tante della sua vita di irraggiungibile sperimentatore, mentre Miller lo ha affiancato negli anni ‘80.
Nel momento in cui il concerto sta per iniziare, la domanda che ci si pone è se il tributo sarà un banale ripetizione della musica di Davis (che poi banale non sarebbe, data la qualità straordinaria dell’opera) oppure una rivisitazione originale della stessa.
Si comprende subito che i cinque hanno scelto la seconda strada, quella che probabilmente sarebbe piaciuta di più a Miles, sempre in movimento nel suo mondo.
Il quintetto, composto da Herbie Hancock al piano, Wayne Shorter al sax, Marcus Miller al basso, Sean Rickman alla batteria e Sean Jones alla tromba, si fa subito apprezzare per il perfetto equilibrio. Il tributo si apre con un medley, di circa un’ora, nel quale si distingue un bellissimo brano da Kind of Blue, in mezzo ad uno splendido fiume di ritmo e musica.
Va subito detto che, se Hancock pare sempre misurato, tra piano e tastiera, con una istrionica camicia variopinta, Shorter appare un po’ provato fisicamente, mentre il ruolo trainante se lo prende Markus Miller, che guida la sezione ritmica con straordinaria calma e precisione, e quando può si lascia andare a degli assoli davvero memorabili. Il più bravo bassista jazz che abbia mai visto suonare. Poi è Marcus Miller, ancora lui, a prendere la parola per tutti, ed a spiegarci che il loro desiderio è quello di creare la colonna sonora della vita di Davis, come per un film, in omaggio al suo spirito. Nei brani successivi Hancock si fa notare per gli effetti speciali al synt.
Seguono due bis, nei quali Hancock scende dal pianoforte, e con la tastiera a tracolla, ravviva il proprio contributo al concerto, per poi lasciare il posto ad un breve, ma incantevole, assolo dal sax di Shorter.
Dopo circa un’ora e 45 minuti il quintetto si congeda, lasciando il pubblico con un grande desiderio di ascoltare ancora questi stupendi musicisti e la musica di Miles Davis.
Resta un dubbio: chi non ha mai avuto il piacere di ascoltarlo, dal vivo o su incisione, si sarà fatta l’idea giusta di questo genio musicale, che ci manca come pochi, perché come nessun altro era imprevedibile?
L’unico consiglio è di andare a frugare tra i dischi del trombettista: ce ne è per tutti i gusti.