Il Quartetto Bennewitz e Pietro De Maria al pianoforte per un monografico e ricercato programma dedicato a Mozart

(ASI) Perugia. Avevamo nell'anticipazione al concerto informato i lettori su rispettivi curriculum dei musicisti e pezzi suonati. Il concerto si è poi tenuto come previsto domenica 25 gennaio scorso presso la Sala dei Notari iniziando con puntualità difronte ad un pubblico foltissimo e ben ripartito tra appassionati, intenditori ma soprattutto di giovani. Tantissimi, frutto della consolidata politica dell' "Ascolto consapevole". Progetto ed esperimento ottimamente riuscito per le classi di alcuni Istituti di istruzione superiore.


Il Quartetto cameristico di Praga, di scuola cameristica boema quindi, prende il nome dal violinista Antonin Bennewitz (1833-1926). Da alcune fonti della critica è addirittura considerato uno dei maggiori ensemble da camera del panorama internazionale attuale ed è comparso per esempio nelle stagioni 2006 e 2010 della Società del Quartetto di Milano. Il Pianista era il "dominante", imperante Pietro De Maria, famoso per la sua esecuzione dell'opera integrale di Chopin.
Il concerto è stato monografico e dedicato a Mozart, con la rara occasione di avere ascoltato due dei suoi Concerti per pianoforte in versione cameristica: il Concerto in la maggiore K. 414 e il Concerto in mi bemolle maggiore K. 449. Si tratta di una versione possibile per la esecuzione da camera e quindi per una dimensione "privata" della musica, di due concerti per pianoforte e orchestra destinati al pubblico viennese "senza che ne sia stata penalizzata la qualità eccelsa dell'invenzione musicale". Ad apertura del secondo tempo è stato proposto l' Adagio e Fuga in do minore K. 546 per soli archi, che costituisce un misterioso, suggestivo omaggio a Bach che conferma audacia e l'attenzione armonica di Mozart alle forme precedenti; a questo è seguito il Quartetto per pianoforte e archi in sol minore K. 478 "grande capolavoro drammatico, una delle opere più turbate e inquiete del catalogo mozartiano". Ha chiuso come bis lo Scherzo del Quintetto in Fa minore Op. 34 di Brahms.
Il concerto esordisce con un suono molto esile, troppo titubante, i musicisti sono molto giovani e precisi. Tale precisione, con chiara sensazione di "esattezza" si confermerà e perpetrerà per tutto il concerto. Il giudizio iniziale sarà poi quello finale per quasi tutti gli altri aspetti critico-tecnici. Voci equilibrate, controllo del suono grandissima sintonia, univocità di sentire la partitura. Purtroppo ciò che non piace e che male si spiega è il suono. La sua qualità spesso è troppo acida, stridula, pochissimo rotonda e ammaliante (si confronti per esempio con il Quartetto Artemis, tanto per fornire un riferimento). È forse dipeso da una cavata insufficiente, dalla qualità degli strumenti oppure dalla stessa scuola di appartenenza? Difficile a spiegarsi; ma è purtroppo questa la sensazione che resta a qualche giorno dal concerto. Pianoforte ed archi sono ben equilibrati. Chi tuttavia spicca è sempre e quasi soltanto il pianista, il pianoforte del Maestro De Maria. Compie la parte del leone, del "maschio dominante", inequivocabilmente. Forse per la maggiore maturità od età anagrafica.
Ero molto curioso di ascoltare dal vivo questo esecutore che aveva lasciato controversi me e mia moglie sulle esecuzioni chopeniane (discutibili in un CD che mi donò ed eccelse in un concerto trasmesso radiofonicamente, che ci aveva lasciato incantati). Ora posso con certezza dire che in questa esibizione ha dato prova di un pianismo mozartiano eccellente, bello e di alto livello. Una esecuzione perfetta che, pur abbondando nel pedale in modo gustoso ma non filologico, ha restituito grande rotondità, dolcezza, armoniosità, coerenza e perfetto suono e spirito mozartiano. Contrastano a volte i suoni lontani, "radiofonici", un po' arcaici degli archi che si comunque si intrecciano bene col pianoforte "portante". Spicca tra gli archi, con certezza, un ottimo violoncello. È apprezzabile fin dal primo tempo l'assenza di eccessi, il rispetto della ponderazione nei volumi sonori caratteristica dell'autore. Il secondo movimento del primo concerto è un meraviglioso Andante, il cui tema principale "è un omaggio a Johann Christian Bach del quale Mozart cita l'incipit dell'Ouverture La calamità dei Cuori". Qui la sensazione che si percepisce è quella della grandissima modernità mozartiana, sconvolgente direi, che anticipa l'epoca romantica e che il pianista sa estrapolare e valorizzare molto bene, ammaliando per un trillo luminescente (come del resto saranno eccellenti tutti gli abbellimenti eseguiti, senza alcuna eccezione o calo di qualità esecutiva). De Maria ha un pianismo vellutato, rotondo, ribadisco coerente e che, non rinunciando a pedale e modernità, riesce ad esprime alla perfezione Mozart. Pure il terzo movimento è piacevole, c'è perfetta integrazione tra pianoforte e gli altri elementi, il livello sonoro è zazzeccato, sebbene la chiusura dell'allegretto sia poco efficace. Il secondo Concerto eseguito, in Mi bemolle maggiore K. 449, "è il primo di una serie di sei Concerti scritti nel 1784. Mozart ne parla in una lettera del 26 maggio come di «un Concerto di tipo particolare, più indicato per una piccola orchestra che per una grande». L'organico orchestrale non prevede infatti strumenti a fiato obbligati ma solo due oboi e due corni ad libitum. Mozart cominciò a scrivere il Concerto - gran parte del primo movimento - nell'estate 1782, forse prima del Concerto in la maggiore K. 414, per poi riprenderlo in mano un anno e mezzo dopo. Il Concerto fu eseguito dall'autore in una Accademia il 17 marzo, mentre pochi giorni dopo vi si cimentò una delle sue migliori allieve, Barbara von Ployer detta Babette, sorella del consigliere di corte Gottfried Ignaz von Ployer. Secondo testimonianze coeve pare che la signorina Ployer suonasse meravigliosamente il pianoforte tanto che Mozart scrisse per lei anche il grande Concerto in sol maggiore K. 453. Il Concerto in Mi bemolle ebbe anche l'onore di figurare come primo numero nel catalogo tematico di tutte le proprie composizioni che Mozart cominciò a stilare all'inizio del 1784". La esecuzione è qui da subito più incisiva, il violoncello resta eccellente e addirittura sorprende gli ascoltatori, emergerà alla fine come uno dei migliori elementi della formazione, ottimamente sovrapponendosi al pianoforte. La tragicità e l'impegno del concerto sono ben resi. L'ingresso delle voci è sempre molto buono e preciso. La tensione del secondo movimento è ben percepibile, con un accurato lavoro sui piani sonori. La fluidità e la compostezza, come anticipavo, resteranno presenti sino al termine della esibizione. Nel secondo tempo con l'Adagio e Fuga si proseguono a percepire i positivi aspetti della formazione, tra cui precisione, intensità espressiva, univocità nel modo di percepire, ma purtroppo resta quella sensazione di asprezza che spesso caratterizza alcuni complessi cameristici. Molto bella la romanticità della progressione che è nel secondo movimento dell'ultimo Quintetto, a cui segue una chiara esposizione contrappuntistica.

G. M. Nardelli –Agenzia Stampa Italia

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