La notizia è il seguito e la conferma di quella del mese scorso, proveniente dagli Stati Uniti, dove la Food and Drug Administration (l’Ente preposto a testare e autorizzare la messa in commercio dei nuovi farmaci) ha dato il via libera alla “Sovaldi”. Si tratta di una pillola, prodotta dalla ditta Gilead Science, che si deve prendere una sola volta al giorno e il cui principio è il sofosvubir, efficace contro il virus. Una molecola in grado di sconfiggere anche i ceppi più resistenti e di mandare in soffitta le punture di interferone, sino ad oggi l'unico rimedio efficace contro l’epatite, ma che porta con sé pesanti effetti collaterali: insonnia, nausea, depressione, sintomi influenzali. E, oltre ad essere molto meno invasiva, la cura promette percentuali di successo altissime: attorno all'80% secondo gli ultimi test, che però necessitano di altre conferme.
L’epatite C è una malattia spesso asintomatica, diagnosticata solo casualmente e potenzialmente mortale. Se non individuato tempestivamente, il virus progredisce silenziosamente praticamente senza sintomi e, quando si moltiplica, può degenerare in cirrosi o cancro del fegato. Per questo viene definita una « bomba a orologeria ».
L’epatite C resta una patologia diffusa soprattutto tra i tossicodipendenti, visto che negli ultimi anni è praticamente crollata la sua incidenza tra i pazienti che hanno subito trasfusioni a seguito del moglioramento delle condizioni di asetticità, dell’efficaciia dei trattamenti e, in minor misura, di una più efficace politica di riduzione dei rischi.
Gli specialisti ritengono che ci siano ormai tutte le condizioni per la dignosi sistematica e tempestiva dell’epatite C (e anche di quella B) che resta la pre-condizione necessaria per una lotta efficace al virus. Insomma, un pò lo stesso ragionamento che si è sempre fatto per l’AIDS. Infatti, la scoperta rapida dell’infezione, permette l’inizio del trattamento terapeutico ad uno stadio precoce, con effetti positivi sia a livello individuale (riduzione del rischio di mortalità) che collettivo (diminuzione del rischio di trasmissione).
Gli specialisti riuniti a Parigi sembrano non aver dubbi che per l’epatite si preannunci una vera e propria rivoluzione in campo terapeutico. Già nel corso del 2014, saranno disponibili più trattamenti brevi, ben tollerati, capaci di guarire la quasi totalità dei malati. Presto, farmaci basati su due nuove molecole otterranno l’autorizzazione a essere immessi sul mercato. Un’altra quindicina di molecole stanno arrivando alla fase finale di sviluppo e test. Grazie a questi nuovi farmaci, i trattamenti e il controllo sui loro effetti saranno più semplici.
Anche i malati più gravi, cioè quelli che finora non rispondevano ai trattamenti tradizionali, o quelli che avevano bisogno di ricorrere al trapianto del fegato, potranno finalmente contare su possibilità di cura efficaci. Per di più, secondo l’epatologo francese Patrick Marcelin, si tratta di cure che consentiranno a chi vi si sottopone di vivere e lavorare normalmente.
In questo quadro di ottimismo, rimane un unico aspetto problematico, quello dei costi. Già negli stati Uniti si sono sviluppate polemiche sul presunto eccessivo e ingiustificato costo delle cure, tra organizzazioni di malati e ditte farmaceutiche. E’ prevedibile che anche in Europa e nel resto del mondo si aprirà un dibattito su questi aspetti. Un trattamento completo, dovrebbe costare tra gli 80 e i 90 mila euro. Problema di non poco conto, in tempi di crisi e di tagli alla spesa pubblica. Ma, certo, di minor entità rispetto ai costi individuali e sociali di una malattia che colpisce nel mondo 180 milioni di persone (quasi due in Italia) con circa tre/quattro milioni di nuovi casi e 350.000 morti l’anno.
Daniele Orlandi – Agenzia Stampa Italia