(ASI) Lucio Fontana (Rosario, 19 febbraio 1899 – Comabbio, 7 settembre 1968) è stato un pittore, ceramista e scultore argentino naturalizzato italiano, figura centrale nell’arte del Novecento.
Nato in Argentina da famiglia italiana, si formò a Milano, frequentando l’Accademia di Brera e dedicandosi inizialmente alla scultura. Rientrato a Buenos Aires, redasse il Manifiesto blanco, ponendo le basi del movimento spazialista, che avrebbe rivoluzionato la concezione dell’arte come dimensione non più solo materica, ma anche spaziale e concettuale.
Negli anni Cinquanta, Fontana iniziò le sue celebri sperimentazioni sulle tele, prima con buchi e poi con i famosi “tagli”. In queste opere, la pittura, la scultura e la ceramica si incontrano, in un linguaggio inedito che invita lo spettatore a guardare oltre la superficie. Il taglio di Fontana trova il suo compimento con l’inserimento di una garza nera dietro la tela, così che l’occhio non si posi sul muro, ma si perda nel vuoto, in una dimensione quasi “cosmica”.
«Nelle pieghe del dibattito che divide l’arte italiana del Dopoguerra – tra richiami togliattiani all’ordine, assecondati dal neorealismo figurativo di Renato Guttuso, e provocazioni concettuali come Piero Manzoni, che inscatola e numera la Merda d’artista – si impone un artista che mira a un’immagine pura, aerea, assoluta». Già alla Biennale di Venezia del 1949, Fontana catturò la perplessità dei critici e il dileggio del pubblico con le tele bucate che chiamava Concetti spaziali.
Nel 1966, insieme all’architetto veneziano Carlo Scarpa, ricevette il premio per la migliore sala della Biennale. La sala, con un ingresso ovale simbolo di fine e di nascita, ospitava otto tele bianche con un taglio centrale, denominate da Fontana Attese, manifestazione immediata e sospesa di un pensiero nello spazio. La forma ovale, sospesa nel vuoto, diventa immateriale e galleggiante nel buio, conferendo alle tele bianche un carattere quasi rituale, trascendente, e trasformando lo spettatore in testimone di un’esperienza emotiva e contemplativa.
L’ultima opera di Fontana presenta un percorso labirintico che culmina in un unico taglio bianco sulla parete centrale, come una rivelazione improvvisa. Il taglio diagonale, ricorrente nella sua produzione, trova echi nelle opere di Piero della Francesca: la diagonale nella veste blu della Madonna, ad esempio, passa da funzione materna a dimensione spirituale e universale. È significativo notare come, prima di Fontana, anche Filippo Brunelleschi avesse compiuto un gesto analogo – un foro nella tavola – per comprendere e rappresentare la prospettiva.
Fontana ci insegna che l’arte non è solo materia, ma esperienza dello spazio e del tempo, un invito a guardare oltre, a trovare nel vuoto non il nulla, ma l’infinito.
Salvo Nugnes per Agenzia Stampa Italia
*immagine generata da a.i. microsoft copilot.



