(ASI) Perugia – “È arrivata la poesia”. E con lei la scoperta di una poetessa emergente di grande spessore non solo culturale, ma umano. Con il suo sorriso coinvolgente e la sua profondità d’animo, l’autrice, Stefania A. Coppola, ha rilasciato al nostro giornale una intervista, che definirla tale è alquanto riduttivo.
Con Stefania, animo sensibile, che unisce al guizzo creativo la capacità di esternare il proprio sentire che diventa un sentire condiviso, abbiamo toccato le corde più profonde dell’animo umano. Attraverso il suo libro, suddiviso in sei sezioni, all’interno delle quali sono presenti sette poesie, conosciamo papà Pasquale, cui è dedicato il libro. Nella seconda e terza sezione, l’autrice mette in versi gli insegnamenti che ha tratto dalla vita e il modo in cui vede le tracce che il quotidiano lascia ogni giorno in lei. Non manca una sezione dedicata all’amore e quella che spiega come la poesia sia entrata nella sua vita. Chiudono il volume poesie sulla parità di genere.
Puoi raccontarci chi è Stefania?
“Sono nata in un piccolo paesino dell’Irpinia, San Sossio Baronia, in provincia di Avellino. Entrambi i miei genitori sono cresciuti là. Ad un certo punto della mia vita, a 18 anni, ho deciso di trasferirmi a Perugia dove mi sono laureata alla Triennale di Scienze della Comunicazione. Ho continuato a studiare ‘Comunicazione e Marketing’ alla Magistrale, ma ho sempre avuto il pallino della scrittura e ho sempre sognato di pubblicare un libro”.
Come nasce l’idea di questo libro per te così importante?
“Nasce da un grande amore con il mio papà. Il suo più grande peccato è stato fumare. Si è ammalato a 57 anni. Ha lottato contro il cancro alla bocca, ma questa battaglia non lo ha visto uscire vittorioso. Papà ci ha lasciati a 59 anni.
Questo libro di poesia è germogliato dalla mia ferita e mi ha salvato. Ho sentito l’urgenza di raccontare. Non avevo voglia di pubblicarlo, ma i miei familiari mi hanno incoraggiato a farlo. Ogni volta che presento il mio libro è doloroso, ma è importante raccontare, perché non sono l’unica che ha vissuto questo forte dolore nella vita e nella psiche”.
Come è stato il rapporto con tuo padre?
“Rapporto meraviglioso. Il legame con papà era viscerale, ma nessuno dei due sapeva spiegarlo. Quando ci guardavamo negli occhi, ci capivamo. Noi eravamo coraggiosi allo stesso modo. Avevamo lo stesso modo di guardare alla vita. Due teste dure ed aperte. Un sentire che si è consolidato sempre di più quando papà si è ammalato e non poteva più parlare. Ma noi continuavamo a capirci, perché parlavamo con il cuore. Noi siamo poesia che cade dagli occhi.
Io adoro parlare di mio padre. Anche se è ora assente fisicamente, è una presenza viva dentro di me e nelle mie giornate. Io adoro ascoltare la sua voce nella mia testa. Aveva una voce inconfondibile, lo sentivi a distanza che era lui, non potevi sbagliare. So che il ricordo di una persona si amplifica nel tempo. Io lo ricordo con il suo di pizzetto nero e la sigaretta sempre in mano, purtroppo proprio quella che è stata la sua condanna. Quando papà era ammalato, l’ho vissuto molto; l’ho osservato, perché non volevo dimenticare nulla. Lui era coraggioso e diceva che sarebbe passato tutto; io invece ero consapevole che qualcosa si sarebbe rotto, perché sapevo che stavo andando incontro alla fine di un percorso”.
Come sei arrivata a questa pubblicazione e cosa hanno di speciale le tue poesie?
“Mi piaceva l’idea di scrivere bene poesia ed ho iniziato a studiare il linguaggio poetico. Mi aiutava a liberare la mia mente da pensiere sgradevoli. Da questo studio è nato il desiderio di mettere insieme delle affermazioni, che in quel momento suonavano poeticamente e le ho sviluppate di più e ne sono venute fuori delle poesie. È stato uno studio intenso che è durato quasi tre anni.
Il primo titolo del libro era “Petali di lacrime”. A ridosso della pubblicazione è cambiato il titolo, perché era arrivato un momento in cui avevo trovato qualcosa di bello, nonostante tutto: ero arrivata alla poesia.
Il mio modo di fare poesia è moderna, profonda, viscerale. Buttarsi è buono e a me ha fatto bene, seppur tra elogi e critiche. Per questo ho deciso di pubblicarlo. Fare un salto può farti inciampare, ma sa farti accogliere in modo positivo anche le critiche sottili e velate. La priorità è dare da mangiare alla propria creatività. Non sarebbe giusto nei confronti di me stessa non farlo. Sarebbe come mancarmi di rispetto. Io non ho paura della vita, l’ho realizzato da qualche settimana. Ci sono molte persone che hanno paura di cadere e per questo non muovono un passo. Io, invece, non ho paura di cadere, perché sono già caduta e quindi so come rialzarmi.
Nelle mie poesie c’è un ingrediente, che si attiva nel momento in cui tocca il cuore giusto. Questo me lo hanno fatto capire le persone che hanno letto il mio libro. Scrivere non è chiudersi nel proprio mondo, anzi è aprirsi a tanti mondi diversi”.
Evidentemente il cuore giusto è anche quello di Pierdavide Carone, che si è offerto di scriverti la prefazione del libro?
“Sicuramente. L’amicizia con Pierdavide è nata su Instagram e poi è diventata molto bella. Lui ha una storia simile alla mia e, leggendo le mie poesie, ha scelto di farmi la prefazione. Mi ha colpito questo suo gesto. Credo lo abbia fatto, perché ci sono legami che si capiscono ad un livello energetico, sottile. Lui deve aver visto in me qualcosa che gli ricordava se stesso”.
Nella realizzazione di questo libro, c’è qualcuno che ti ha fatto da guida?
“Ognuno di noi ha il suo mentore che crede in te. Io ho Michele Ciasullo, che mi segue e mi sta accanto in questo viaggio che sto facendo. É un medico di base in pensione; una persona di grande valore, che vede la vita in un modo molto simile al mio. Grazie a lui ho capito qualcosa che davo per scontato, cioè l’importanza di creare un lavoro artistico vero, perché questa autenticità arriverà a chi ad esso si avvicinerà. C’è anche un poeta irpino che sostiene il mio lavoro, Nicola Prebenna. Mi è stato accanto nell’ultima presentazione del libro al Castello di Gesualdo. Per me era impensabile avere accanto una persona così autorevole”.
Cosa provi nello scrivere poesie?
“Mi sento me stessa. Sono decisa e determinata. Faccio fatica a pensare alla mia vita in modo standard, come ci viene imposto dalla società. Il mio papà mi ha insegnato a trovare la mia giusta ribellione contro tutto e tutti pur di trovare la mia essenza. ‘Sii ribelle’, mi ripeteva sempre”.
Quali sono le presentazioni del libro che hai fatto?
“Fino ad ora ho fatto tre presentazioni in Irpinia. Ho fatto interviste per nelle trasmissioni ‘Mattina live’ su Canale 8, ‘Casa Mariù’ su TeleCapri e ‘Fresco di Stampa’ condotto da Rosario Lavorgna su PSN”.
Quali sono quelle in programma?
“Per chi volesse incontrarmi potrà farlo a Paciano venerdì 25 luglio. Grazie alla disponibilità del Sindaco Luca Dini, la presentazione del libro si terrà in Piazza della Repubblica alle ore 18:00. In fase di organizzazione c’è anche un evento previsto a Perugia”.
Progetti per il futuro?
“Nei progetti futuri c’è la pubblicazione di un nuovo volume di poesia che tratta l’incontro con l’altro. Io e papà eravamo molto simili caratterialmente,quindi so che quello che mi avrebbe detto anche su questa mia iniziativa. Avrebbe approvato”.
Cosa vuoi dire ai nostri lettori per ringraziarli e salutarli?
Vorrei lasciare una mia poesia scelta tra quelle presenti nel mio libro:
Vita
È filamento che si disfa, la vita,
se non è canto che esce dal cuore.
Storia, allora, un libro polveroso
Dove i giorni si sfogliano e si seccano.
La vita è vita perché la sogno,
un ricamo su tela di nuvole
nel silenzio del tuo sguardo,
che parla di me senza parole.
I miei pensieri restano soli,
li ho messi in un vaso, come fiori recisi:
i petali appassiscono e il profumo si perde
in un silenzio che mi assorda e mi invecchia.
Benedetta Orsini Federici - Agenzia Stampa Italia




