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Cultura. La manomissione delle parole: incontro con Gianrico Carofiglio
(ASI) “Le parole sono come vecchie prostitute che tutti usano spesso male: e al poeta tocca restituire loro la verginità”. Questa l'espressione del poeta greco Ghiannis Ritsos, citata da Gianrico Carofiglio nell'introduzione al saggio di cui è autore, La manomissione della parole.

Il magistrato e scrittore di origine pugliese, che sarà illustre ospite della facoltà di Lettere e Filosofia di Perugia giovedì 23 febbraio, ci 'condurrà', in occasione di questo incontro, ad una riflessione attenta sul tema da lui trattato: la necessità di manomettere le parole per restituire loro senso e dignità. 
Ma cosa intende Carofiglio con il termine 'manomissione'? Una duplice operazione: fare a pezzi le parole e alterarle per poi rimontarle , liberandole dai 'vincoli dei non significati'.

Il pensiero dello scrittore è originato dall'acquisizione di consapevolezza di cui egli stesso impregna le pagine del proprio saggio, riflettendo sulla cura delle parole, quale fondamento dello sviluppo di un'autentica democrazia.

Come scriveva il filosofo Ludwig Wittgenstein:“I limiti del mio linguaggio significano i limiti del mio mondo”. Ed è a questa conclusione che Carofiglio intende portare i propri lettori.

La tematica trattata dallo scrittore si rende estremamente attuale, conducendo ad una ramificazione della nostra interiorità e all'esaltazione di quel 'sano spirito di ribellione' che, inconsciamente, accomuna ognuno di noi. Ribellione ad un sistema di potere che tende a inibire lo sviluppo del pensiero e la capacità critica, servendosi di una lingua pericolosa, 'impermeabile all'interrogazione' (come scrive Toni Morrison).

Il peggiore rischio che corre l'umanità è quello di 'ingerire', inconsapevolmente e passivamente, parole svuotate di significato come 'piccole dosi di arsenico dall'effetto tossico'.

Carofiglio cerca di 'giocare' con alcuni termini, il cui senso, nel linguaggio comune, ha subito uno stravolgimento o, nel migliore dei casi, un'alterazione e persegue l'intento di vivificarli, restituendo loro dignità e valore. Vergogna, giustizia, ribellione, bellezza e scelta: queste le parole prese in esame e legate da un filo sottile e difficilmente percepibile.

La vergogna, diversamente da quanto comunemente inteso, è un sentimento individuale e sociale allo stesso tempo, è 'la Cenerentola delle emozioni spiacevoli' e, per tale motivo, si tende a rifuggire da essa, inconsapevoli, come affermava Blaise Pascal che “sola vergogna è non provarne”.

Solo questo sentimento, infatti, può portare a migliorare se stessi, a 'rifondarsi' e a realizzare il concetto di giustizia.

E' quest'ultimo l'elemento fondante, assieme al rispetto, della dimensione politica e delle istituzioni sociali. Ciò che manca ai sistemi di potere è, anzitutto, una visione realmente 'etica' e umanistica della giustizia che conduca ad una uguaglianza sostanziale dei cittadini e degli umani.

Per realizzare ciò è essenziale sviluppare uno spirito di ribellione, ancorato ai valori di giustizia sociale e globale e strumento di 'redenzione dalla vergogna'.

Questo terzo concetto va dunque inteso in termini propositivi, costruttivi e creativi, poiché svincolato dall' ingiustizia e dall' 'obbedienza ottusa'. La ribellione, scrive Carofiglio, 'è la via per la bellezza', intesa quest'ultima non solo come categoria estetica ma come forma di salvezza e concretizzazione del bene morale.

Anticamente la virtù nasceva dal connubio fra bello e giusto e il concetto risulta estremamente attuale: la ribellione e il senso di giustizia conducono alla piena realizzazione del bello ma ciò presuppone 'una libera scelta' e spetta alla Repubblica creare le condizioni perchè tutti possano realizzarlo.

La scelta va intesa come forma di ribellione non violenta e come ciò che ci allontana dall'apatia, dall'indifferenza e dall'omologazione, alcuni fra i peggiori mali dell'essere che invadono la società odierna. Questo quinto elemento costituisce la sola 'ancora di salvezza', come scriveva Primo Levi in Se questo è un uomo: “una facoltà ci è rimasta e dobbiamo difenderla con ogni vigore perché è l'ultima. La facoltà di negare il nostro consenso.”

Scegliamo di riappropriarci dell'autentico valore delle parole, rendiamoci liberi dalla condizione di schiavitù a cui ci ha costretto l'ignoranza e immaginiamo la realizzazione di un'umanità giusta e autenticamente bella. Questo il messaggio di Carofiglio che 'giocando'abilmente con le parole ci apre a nuovi orizzonti, spingendoci alla riflessione e al cambiamento!






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