(ASI) Con “Micromega” Voltaire narra la storia di un giovane molto intelligente, abitante del pianeta di Sirio. Qui gli abitanti possono essere considerati da noi dei giganti poiché, la loro statura si aggira intorno ai trentasei chilometri di altezza.
Micromega sapeva tante cose e, anzi, alcune le aveva inventate lui stesso. Fin da piccolo il gigante si era interessato di matematica, poi sul finire dell’infanzia si divertì con l’anatomia. Tentò di stabilire che la forma sostanziale delle pulci di Sirio, fosse la stessa delle lumache, scrivendoci un libro. Questo libro fu giudicato subito eretico dal muftì (“persona molto sofisticata quanto ignorante”) del suo paese condannando Micromega all’allontanamento dalla corte per ottocento anni. Allora il gigante cominciò a viaggiare “per finir di educarsi lo spirito e il cuore” attraversando dapprima la via Lattea e approdando nel pianeta di Saturno, abitato da “nanetti” alti due chilometri. Dapprima se ne burlò con il suo seguito, poi, siccome questi saturniani erano dotati di buon senso, capì ben presto che un essere pensante può non risultare ridicolo solo per il fatto che non ha decine di chilometri di altezza.
Qui conobbe il segretario dell’Accademia di Saturno con il quale strinse una grande amicizia. I due iniziarono a conversare sulle differenze tra i loro popoli. Si scopri così che i saturniani avevano circa settantadue sensi, mentre i siriani più di mille. Ambedue le popolazioni erano, però, abbastanza annoiate nonostante tutte le travolgenti passioni ed esperienze che provavano. Anche il tempo di vita era assai differente tra i due: quindicimila anni circa per i saturniani e settecento volte di più i siriani. Ambedue, tuttavia, credevano che fosse un tempo troppo breve e tutti si lamentavano allo stesso modo. Alla fine, dopo una lunga conversazione, decisero di fare un piccolo viaggio filosofico insieme.
Radunati servi e strumenti, i due partirono e dopo aver attraversato centocinquanta milioni di leghe, incontrarono i satelliti di Giove. Su questo pianeta passarono un anno, dove appresero importanti segreti scientifici. Partiti di nuovo, attraversarono uno spazio di cento milioni di leghe circa, costeggiarono il pianeta Marte e, alla fine, stanchi del lungo viaggio decisero di fermarsi su un piccolo pianeta per paura di non incontrarne più; era la terra. Sfruttando il passaggio della cometa e trovando un’aurora boreale pronta, ci entrarono dentro arrivando sulla terra il cinque luglio 1737.
Dopo essersi riposati un poco, mangiarono montagne per colazione: decisero inoltre di visitare il pianeta impiegando trentasei ore per fare il giro completo. Il nano, che a volte correva troppo nel giudicare, concluse, a prima vista, che sulla Terra non c’era nessuno anzitutto perché non aveva visto nessuno. Micromega gli fece capire che quello non era un bel modo per giudicare, in quanto, il fatto che con quei piccoli occhi non si riesce a vedere certe stelle, che invece il suo amico riusciva a vedere, questo non vuol dire che non esistono.
Iniziò così una lunga conversazione sul fatto che la Terra era troppo piccola e irregolare per prevedere una vita, finché Micromega riscaldandosi nel discorso non ruppe il filo della sua collana e tutti i diamanti caddero a terra.
Il nano ne raccolse qualche pezzo e avvicinandoli alla pupilla si accorse che potevano perfettamente funzionare da microscopi. Fu al quel punto che si accorse di qualcosa che si muoveva nelle acque: era una balena. La raccolse, se la mise sull’unghia e la fece vedere al Siriano, il quale scoppiò a ridere di nuovo a causa della piccolezza degli abitanti di quel pianeta.
Tornato serio, Micromega esaminò l’animale, concludendo che era impossibile che la dentro ci fosse una anima.
Persuasi ormai che non esistessero anime sul nostro pianeta i due, con l’aiuto delle lenti, scovarono un altro oggetto poco più grande di una balena, cioè una nave, con sopra dei filosofi che tornavano dalle ricerche effettuate al circolo polare. Micromega afferrò abilmente la nave e la appoggio nel cavo della mano. I passeggieri e gli uomini dell’equipaggio, che avevano creduto di essere stati portati via da un uragano, cominciarono ad agitarsi, solleticando le dita del gigante. Micromega mettendo a fuoco le lenti si meravigliò nel vedere agitarsi quelle piccole “macchine” (maligna allusione a Cartesio per il quale gli animali non sono che piccole macchine), notando che quei piccoli esseri parlavano tra loro. Spinto dall’estrema curiosità di sapere cosa si dicevano, il gigante costruì, tagliandosi un’unghia, una sorta di megafono a imbuto, riuscendo pian piano a distinguere le parole. La meraviglia dei viaggiatori raddoppiava sempre di più quando addirittura udirono che i ragionamenti di quei piccoli atomi erano dotati di buon senso. I due forestieri parlarono all’equipaggio, dapprima spiegandogli con chi avevano a che fare, poi chiedendogli se possedevano un’anima. Uno della truppa, offeso che si dubitasse della sua anima, misurò tramite i suoi strumenti gli immensi interlocutori e iniziò a parlare. I due furono meravigliati dalle abili capacità di misurazione di quell’uomo e a poco a poco la conversazione si fece più interessante. Parlarono della guerra, dei mestieri di cui si dilettavano i minuscoli uomini, fino ad arrivare alle conoscenze “interiori”, dell’anima, dell’immateriale. Citavano Aristotele, Cartesio, Leibniz, Locke (con il quale il gigante s’identificò).
I giganti scoprirono, infine, che gli uomini erano dotati di grande saggezza, sebbene fosse irritato per alcune affermazioni che gli avevano fatto credere che questi piccoli uomini avevano un orgoglio fin troppo grande e sproporzionato. Micromega promise di scrivere un libro di filosofia nel quale avrebbero trovato la spiegazione di tutto. E davvero prima di partire diede loro questo libro, il quale fu portato all’Accademia delle Scienze per essere consultato, ma quando fu aperto si accorsero che le pagine erano tutte bianche.
Il tema centrale di questo racconto è il viaggio come strumento di educazione e delle riflessioni che ne nascono. In Micromega inoltre tutto è stravolto e non c’è più niente di sicuro, e anche il buon senso, tanto caro a Voltaire è messo in crisi.
Pietro Pallotti - Agenzia Stampa Italia
Fonte foto: After Maurice Quentin de La Tour [Public domain] - https://commons.wikimedia.org/wiki/File:Fran%C3%A7ois-Marie_Arouet,_dit_Voltaire_(1694-1778)_portrait_(A).jpg