Prefazione. Primo decennio del XIV secolo: cenni storici.
In Francia re Filippo IV è ormai al tracollo finanziario, è indebitato soprattutto con il Tempio e guarda con cupidigia le sue enormi ricchezze.
Bertand de Gouth, il papa uscito dal concilio di Perugia che ha preso il nome di Clemente V è un debole, nonostante le insistenze dei cardinali non ha voluto neanche mettere piede a Roma e il 13 novembre si è fatto incoronare a Lione ed ha trasferito a Poitiers la sua corte papale ( che porterà in seguito ad Avignone); è completamente nelle mani di Filippo.
In Portogallo e Algarve regna Dionigi con la moglie Isabella la Santa.
In Spagna Granada è ancora in mani arabe, Ferdinando IV è re di Castiglia e Léon, Giacomo II è re d’Aragona e Valencia.
In Germania, imperatore del Sacro Romano Impero e duca d’Austria è Alberto I d’Asburgo che ha da poco siglato un trattato di pace e di amicizia con Filippo il Bello.
In Inghilterra re Edoardo I è in continua lotta con la Scozia che vive un periodo di interregno. Willian Wallace viene catturato ed ucciso.L’astuto Robert Bruce, Guardiano di Scozia, assume sempre più potere.
In Ungheria re Carlo Roberto d’Angiò non è riconosciuto da Venceslo II di Baviera che reclama il trono prima per sé, poi per il duca Ottone III di Baviera che però viene catturato dai ribelli ungheresi.
In Polonia muore Waclaw II, con lui termina l’influenza ceca; sale al trono Vladislao Lokiétek che inizierà l’affrancamento del suo stato da tutte le influenze straniere .Enrico II Lusingano è re di Cipro. In Persia è al potere il mongolo Oldjeytu e in Egitto il mamelucco al-Nasir Muhammad. Oscin Hetumidi è re d’Armenia.
In Italia la Sicilia è governata da Federico d’Aragona. Carlo d’Angiò (lo Zoppo), cugino di Filippo il Bello, è re di Napoli, ma mantiene anche il titolo di re di Sicilia. Lo Stato pontificio, abbandonato dal Papa, è dilaniato da lotte tra grandi casati e disordini popolari. A Firenze Rosso della Torre e Corso Donati, entrambi guelfi neri, si contengono il potere. La repubblica di Siena ha un efficiente Governo dei Nove. Le repubbliche di Genova e di Venezia, pur avendo firmato il trattato “La pace eterna” continuano a lottare tra loro. A Milano, cacciato dal popolo Galeazzo Visconti, è al potere Guido della Torre. La famiglia Bonaccorsi ha la signoria di Mantova; Azzo VIII d’Este è marchese di Ferrara, Modena e Reggio. Amedeo V, vicario imperiale, è conte di Savoia, Susa ed Aosta.
Perché i templari non si difesero durante il processo intentato loro da Filippo il Bello, perché in alcuni luoghi trovarono riparo ed in altri invece furono perseguitati? Chissà, forse perché...tra storia e fantasia.
Capitaneria templare di Reims 10 gennaio 1306.
Il vecchio priore, malato e stanco, fece chiamare Roger, Boemondo e João tre tra i più giovani confratelli della piccola commanderia. Al cospetto del maestro i cavalieri si inchinarono. “ Mes frères – li apostrofò il priore- sedetevi ed ascoltate! Prima o poi, a quanto ci dicono alcuni nostri amici, papa Clemente potrebbe aderire alla richiesta del re che vuole sciogliere il nostro sacro ordine per impadronirsi dei tesori da noi accumulati. Non è certo che questo accada, ma se dovesse succedere è già stato predisposto un piano che non salverà di sicuro tutte le nostre vite, ma almeno parte delle nostre acquisizioni e delle nostre ricchezze accumulate grazie alla preveggenza, l’intuito e lo scarso valore dato al lusso e all’apparenza di tutti i nostri priori, ma soprattutto al sangue di oltre dodicimila confratelli morti in battaglia per la Riconquista e per la difesa della Terra Santa. Sappiate dunque, e che questo segreto non venga da voi mai rivelato, che ad alcuni grandi personaggi nostri sostenitori sono stati da tempo affidati degli scrigni che dovranno essere aperti solo nel caso in cui si dovessero avverare le nostre più cupe previsioni. Gli scrigni sono chiusi, è impossibile forzarli. Si possono aprire solo con delle chiavi speciali che fino a ieri erano nelle mani del nostro Gran Maestro. Oggi mi sono state portate ed io le affido a voi, dovrete conservarle a costo della vita. Se il nostro ordine fosse in pericolo aprite questo plico e saprete a chi doverle portare. Figlioli è tutto nelle vostre mani; lasciate il convento, smettete gli abiti templari, rasate le barbe e fatevi crescere i capelli. Ci sono cavalli freschi che vi attendono e alcuni sergenti[1] tra i più fidati che vi accompagneranno in un posto segreto dove troverete denaro, armi e scorte; lì attenderete gli eventi. Un nostro messo vi cercherà, la parola d’ordine che dovrà riferirvi è”diavoli rossi, cavalleria celeste semper[2]”, non fidatevi di nessun altro. Se, come spero, non accadrà niente di quanto paventiamo vi ricondurrà qui; se invece le cose per il Tempio dovessero volgere al peggio non cercate di soccorrerci, ma raggiungete le mete che vi saranno indicate e noi potremo morire certi che non tutto quello che in tanti anni abbiamo costruito sarà completamente perduto e che alcuni nostri confratelli troveranno riparo. Che Dio vi accompagni. Il nostro pensiero e le nostre preghiere saranno sempre con voi. Addio”
I giovani templari si inginocchiarono davanti al priore, giurarono di portare a termine, se fosse stato necessario, le loro missioni, chiesero la benedizione e, con il cuore gonfio d’angoscia per dover abbandonare quella che era ormai divenuta la loro casa e la vita che avevano scelto lasciarono per sempre la capitaneria.
In una rocca alle falde dei Pirenei, ben lontana dal loro convento e dalle loro famiglie d’origine i tre giovani passarono il lungo inverno addestrandosi all’uso delle armi e congetturando su quale potesse essere il loro avvenire e quello del Tempio; temevano per i compagni d’arme e mal sopportavano la loro inattività e la mancata partecipazione a quanto, forse, stava accadendo. Il vento gelido e le abbondanti nevicate non consentivano ai loro sergenti di scendere ai vicini villaggi per avere notizie. Nessun messo dell’Ordine era giunto alla rocca, nessun abitante del circondario si era avvicinato poiché era stata sparsa la voce che i tre nobili desideravano, per adempiere un voto, passare in solitudine e raccoglimento un lungo periodo di tempo.
L’inverno passò, la primavera fece rinascere la natura con un tripudio di colori che si diffuse intorno alla rocca e alle valli circostanti, ma che non raggiunse il cuore dei cavalieri non abituati a quel genere di vita. Ogni venerdì uno degli uomini scendeva a valle per le provviste, ma soprattutto per raccogliere le novità. Tutto sembrava tranquillo; soltanto un giorno un mercante che veniva da Parigi parlò a lungo dei debiti di Filippo con il Tempio, sempre più rilevanti, ma aggiunse che il re sembrava non preoccuparsene ed anzi si diceva che ci ridesse sopra.
Giunse l’estate, i fiori si tramutarono in frutti, i contadini cantando mietevano il grano dorato; il sole riscaldava tutto, tranne il cuore dei templari. Terminata anche l’estate, di nuovo l’autunno con le sue brume e le foglie ingiallite degli alberi
Erano passati molti mesi da quando i templari avevano lasciato la loro capitaneria ed i confratelli ed ancora nessuna notizia era loro giunta. Complice la tristezza che la stagione portava con sé, i giovani cominciarono a pensare che forse erano stati dimenticati o, ancora peggio, temevano che il messo dell’Ordine non avesse potuto raggiungerli. Le chiavi date loro dal priore e che portavano al collo appese ad una catena sembravano pesare sempre di più.
Il 15 ottobre templari e sergenti erano riuniti per il frugale pasto serale; parlavano tranquilli di cose futili quali la scorta di legna da predisporre per l’inverno e la prossima raccolta delle castagne quando un servo annunciò l’arrivo di un visitatore stremato dalla stanchezza che chiedeva con insistenza di conferire con i cavalieri. I giovani raggiunsero immediatamente il nuovo venuto che subito gridò “diavoli rossi, cavalleria celeste semper” e chiese loro di condurlo in un posto dove nessuno potesse intendere quanto aveva da dire. Accompagnato nella stanza più appartata della rocca il messo dell’Ordine, dopo aver bevuto un sorso di vino offertogli dai giovani, raccontò che la notte del 13 Filippo, in combutta con il Papa e con gli invidiosi ospitalieri, aveva fatto imprigionare tutti i templari e preparava un falso processo per poter sciogliere l’Ordine, impadronirsi delle sue ricchezze e forse uccidere tutti i fratelli. Aveva cavalcato giorno e notte per raggiungerli e portar loro questa ferale notizia.”Mi è stato detto che sapete cosa dovete fare e che è l’ora di aprire il plico che vi è stato affidato. La mia missione è terminata, ora comincia la vostra”. Detto questo il messo chiese un letto per riposare e disse che l’indomani sarebbe ripartito. I templari angosciati si precipitarono a prendere il plico e, tolto il sigillo, trovarono una lettera del loro caro priore vergate con l’alfabeto segreto della Croce delle Otto Beatitudini[3] che loro conoscevano bene. Era indirizzata ai tre e diceva: ” Cari figli, se mi state leggendo significa che il peggio è avvenuto. Non perdetevi d’animo, così come non lo faremo noi che abbiamo combattuto feroci battaglie contro saraceni e mongoli sempre primi a lanciarci all’attacco, ultimi a ritirarci e abbiamo lottato con i leoni. Voi siete giovani, non avete conosciuto la Terra Santa dove combattendo hanno lasciato la vita terrena migliaia di noi, non siete mai scesi in battaglia, ma il vostro cuore è temprato ed il vostro attaccamento all’Ordine è ben noto. Ad ognuno di voi è affidata una missione, portatela a termine e se noi dovremo morire lo faremo nella certezza che per merito vostro non tutto sarà perduto. Tu Roger dovrai recarti in Scozia, aprire lo scrigno affidato a Robert Bruce e restare accanto a lui per aiutarlo. João tu invece tornerai nelle tue terre, in Portogallo, e insieme a re Dionigi aprirai il suo scrigno; rimani con lui e la sua cara moglie Isabella. Boemondo infine andrai in Sicilia dal re di Trinacria Federico d’Aragona. Con la tua chiave apri insieme a lui lo scrigno, sii suo consigliere ed amico. Ognuno di voi prenda la lettera di presentazione di sua competenza che lo stesso Gran Maestro ha da tempo scritto e sigillato e partite al più presto; durante il viaggio nascondete a tutti il fatto di essere templari e rivelatevi solo raggiunta la meta. Che Dio e il buon Bernardo[4] vi accompagnino”.
I giovani templari si guardarono disperati ed attoniti. Sapevano di dover obbedire alle richieste del loro priore e del Gran Maestro, ma sarebbero volentieri accorsi a difendere i confratelli e, se fosse stato necessario, a morire con loro. Chiamarono i nove sergenti con i quali avevano fin allora vissuto, li misero al corrente di tutto quanto era accaduto e li avvertirono che l’indomani avrebbero lasciato per sempre la rocca per le missione lunghe e pericolose ordinata dal Tempio. I sergenti chiesero a gran voce di poterli accompagnare; erano in nove, tre per ogni templare. I cavalieri accolsero con gioia la proposta. Cominciarono immediatamente i preparativi per le partenze. João, che era il più vicino alla meta, aiutò i compagni e li vide partire; sapeva che non li avrebbe più rivisti e li salutò con il cuore colmo di tristezza. Fine prima parte, segue.
Elettra Puletti per Agenzia Stampa Italia
Note
[1] Giovani non ancora ordinati o di famiglia non nobile.
[2] Diavoli rossi era il nome dato ai templari dai saraceni e cavalleria celeste quello dato loro da Papa Clemente III.
[3] Cifrario a sostituzione composto di 25 lettere usato dai templari per i loro documenti più segreti.
[4] Saint Bernard de Clairvaux volle fortemente l’istituzione dell’Ordine e ne scrisse la regola.