(ASI) In pittura il mito, particolarmente il "Mito della caverna" di Platone, si ritrova perfettamente nei dipinti di Michelangelo Merisi, detto "IL CARAVAGGIO" per il rapporto Ombra-Luce, Inconscio-Cosciente, che Egli perennemente continua a proporsi.
Nelle sue visualizzazioni pittoriche della realtà, nei suoi dipinti l'OMBRA è la vera protagonista, più che la LUCE: essa è la Materia prima in cui l'Inconscio di Michele scolpisce.
La prima parte della vita pittorica di Caravaggio è visualizzata in una luce naturale ,una luminosità nordica, avvolgente, materna .
Le sue "Composizioni" sono determinate da uno spazio che egli riflette in uno specchio che gli mostra un'immagine speculare, diversa dalla realtà che lo circonda.
Scopre in una tragica notte l'uso della luce artificiale molto più consona alla sua interiorità. Una Notte di inquietudine in cui assiste, nel bagliore di roventi torcie, alla decapitazione di Beatrice Cenci.
Nel continuare a dipingere avverte che la nuova Luminosità Artificiale lo libera dalla condizione di una Luce Naturale in continua modificazione.
Egli, pur continuando a riflettere in uno Specchio le sue composizioni può, attraverso una lanterna ad olio, illuminare le sue rappresentazioni con la libertà di mettere su tela la sua creatività emotiva in qualsiasi momento del Giorno o della Notte.
La sua LUCE e la sua OMBRA visualizzano un mondo quasi monocromatico, utilizza solo alcuni Colori, come se la sua vita si svolgesse in una unica parte dello spettro cromatico.
Dal mito della caverna di Platone ci viene spontanea la riflessione sull’ombra: la metamorfosi dal visibile all´invisibile. Oliver Sacks ne L´isola dei senza colore ci racconta gli effetti di una malattia misteriosa che affligge una popolazione della Micronesia, ne ottenebra l´intelligenza, rendendo progressivamente ciechi o monocromi i suoi abitanti. Possiamo immaginare quest´isola come una terra di mezzo, sovrastata da ombre, alla stregua della Terra di Mordor nel Signore degli Anelli in cui le tenebre hanno la meglio sulla luce; o Gotham City dove la vita si svolge all´insegna dell´oscurità.
Lo sappiamo, le ombre appartengono alla nostra esperienza e alla nostra mente, alla nostra storia e alle nostre paure.
Nella pittura,si sono i quadri di Caravaggio, di Turner, di De Chirico che dell´ombra hanno fatto la sostanza più intima. L´ombra misura il tempo della meridiana. Ma può darci la misura ben più allarmante del nostro declino. Per le sue caratteristiche sfuggenti è più prossima alla notte che al giorno, alla morte che alla vita, alla vecchiaia che alla giovinezza, alla malinconia che alla gioia. Ma essa, al tempo stesso, può diventare fonte di ristoro. Nel suo elogio, Borges la paragona alla propria cieca vecchiaia: è un´ombra mite che non fa male e somiglia all´eterno, egli dice. Duemilacinquecento anni prima, Platone - il primo e convinto ombrofobo - coglie negli effetti dell´ombra l´illusione che essa possa conformarsi al vero. Da cosa gli deriva tanta acredine? l´ombra, per le sue caratteristiche, pregiudica il più eletto tra gli organi: la vista.
È un allontanamento o una mancanza di luce. O meglio, della luce ne dà una fioca rappresentazione. Però quelle statue - di cui i prigionieri della caverna colgono le sagome, come proiettate da un sole esterno - richiamano per singolare analogia quanto la tecnica realizzerà col cinema alla fine dell´Ottocento.
Il cinema è figlio della lanterna magica e della fotografia: della meraviglia e della realtà; dell´ombra e del vero. È come se Platone lasciasse il posto a una nuova forma di conoscenza (e di divertimento) nata da un diverso modo di percepire l´immagine. Col tempo l´ombra diventerà una presenza familiare, una convivenza necessaria con il corpo e gli oggetti. L´illuminazione elettrica - segno eloquente di un progresso scientifico - placherà quel senso di turbamento che le ombre (soprattutto notturne) avevano scatenato.
Francesco Rosati di Monteprandone - Agenzia Stampa Italia