(ASI) Un omicidio rimasto impunito, quello di Giorgiana Masi, avvenuto il 12 maggio 1977 sullo sfondo di un escalation di violenze attorno ai movimenti giovanili, di un uso opaco della forza da parte delle forze di polizia, di leggi e provvedimenti che negli anni settanta sospesero alcuni diritti fondamentali in Italia, in primis quello di manifestare liberamente il proprio pensiero. 

Questi i temi dell’ultimo libro di Andrea Maori, “Giorgiana Masi e la primavera di piombo. Cronache inedite sugli incidenti del mese di maggio 1977 a Roma'” edito da Youcanprint.it. Il libro sarà presentato a Perugia, alla Biblioteca comunale di San Matteo degli Armeni, giovedì 12 giugno alle 17:30.

Maori ha ricostruito uno degli episodi più oscuri dei cosiddetti “anni di piombo”, andando a scovare documenti inediti dell’Archivio Centrale dello Stato, Direzione generale della Pubblica sicurezza, le relazioni quotidiane di polizia che venivano stilate dai commissariati per le autorità superiori ed il Ministero della Difesa. A Roma il 21 aprile del ’77 era stato ucciso l’agente Passamonti. Un’ordinanza prefettizia vietò allora per quaranta giorni ogni manifestazione di carattere politico nella capitale, decretando uno strappo ai diritti costituzionali fondamentali che fu definito da molti un “colpo di stato strisciante”. L’ordinanza ebbe come conseguenza, nel clima infuocato dell’epoca, l’esatto opposto di quello per cui era stata emanata: le proteste e le violenze aumentarono. Sul finire di quell’anno, le stesse autorità, in un ‘intervista a “Repubblica”, riconobbero di aver sbagliato la misura. Proprio in quel periodo, il partito radicale stava raccogliendo le firme per otto referendum abrogativi, tra cui quello contro la cosiddetta “Legge Reale”, che qualche anno prima aveva concesso alle forze di polizia più ampie possibilità di usare le armi. Il 12 maggio, poi, il partito di Pannella, sfidando l’ordinanza, aveva indetto una manifestazione per celebrare il terzo anniversario della vittoria del referendum sul divorzio.  La manifestazione, cui aderirono molti gruppi della sinistra extraparlamentare e nella quale gli stessi organizzatori, per senso di responsabilità, rinunciarono a fare comizi, per trasformarla in un solo avvenimento musicale con raccolta di firme, fu però vietata dalla Questura della capitale. Ne scaturirono incidenti, le cui dinamiche furono riprese da numerosi fotografi e cineoperatori presenti, molti dei quali vennero fermati e maltrattati dalla polizia. Le forze dell’ordine spararono ad altezza d’uomo e a Ponte Garibaldi, fu uccisa, con un colpo alle spalle, Giorgiana Masi, studentessa liceale. Ne seguì un clima di accuse e di discussione, che chiamò direttamente in causa il Ministro dell’Interno dell’epoca, Francesco Cossiga, e la gestione delle forze di polizia. Accusate, queste, di aver infiltrato agenti in borghese (le cosiddette “squadrette” ) senza i distintivi di riconoscimento prescritti dalla legge, al solo scopo di provocare gli incidenti e creare il pretesto per ulteriori strette dei diritti costituzionali a Roma e nel Paese.

Il processo che ne seguì, vide l’archiviazione perché non fu possibile rintracciare l’autore materiale dell’omicidio (trent’anni dopo, poco prima di morire, Cossiga rivelò di conoscerne il nome, insieme a qualche altro esponente politico comunista). Il processo, però, accertò che le famose “squadrette”, negate fino ad allora da tutti, a partire dal Ministro dell’Interno dell’epoca,  erano effettivamente presenti e operative quel giorno nella zona.

Le relazioni di polizia sul 12 maggio 1977 consultate da Maori appaiono, secondo l’autore, superficiali ed evasive. Liquidano l’episodio in poco più di una pagina e giustificano l’attacco della polizia come reazione all’assalto da parte di circa trecento manifestanti. Di segno opposto il dossiere che il Partito radicale mise insieme avvalendosi di filmati, fotografie e testimonianze rese a radio radicale, che seguì in diretta tutti gli eventi. Il dossier sostiene che furono le forze di polizia, da più parti e nello stesso momento, come se la cosa fosse già preparata da prima, ad attaccare i manifestanti, peraltro pacifici. Versione, questa, che per Maori sembra sostanzialmente confermata dalla documentazione poi uscita fuori, anche al processo, e parte della quale è adesso anche reperibile su You Tube. Per l’autore, poi, sembrerebbe confermare la volontà di non far luce sui fatti anche il fatto che la sua ricerca, tra le carte del gabinetto dell’Interno, del fascicolo su Giorgiana Masi, lo ha portato ad un punto morto, il fascicolo è vuoto.

Alla presentazione del libro, che più che ricercare una verità giudiziaria ha inteso documentare un clima e un’epoca tra le più buie della repubblica, interverranno Mario Busiri Vici, ex aderente a Lotta Continua; Giuseppe Rippa, direttore di Quaderni Radicali; e Carlo Romagnoli, militante dell’area dell’Autonomia negli anni settanta. L’incontro sarà moderato da Martina Barro, dell’Associazione “Vivi il Borgo”, che collabora ad organizzare l’evento.

 

Daniele Orlandi – Agenzia Stampa Italia

 

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