(ASI) Firenze - Presentato venerdì 23 maggio nell’aula di San Pier Scheraggio, il restauro dell’Apollo seduto, già tornato nel Primo Corridoio della Galleria degli Uffizi.
L’opera in marmo è la replica romana (del I secolo d.C.) di un originale ellenistico del III-II secolo a. C. e il suo recupero , a cura della restauratrice Anne Katrin Potthoff Sapia, è stato interamente finanziato dalla sezione fiorentina di Italia Nostra, così come quelli dello pseudo Seneca morente, della Giulia Mesa, di Poppea e del Nerone bambino (posto nel Terzo Corridoio della Galleria).
“Sono lieta di questo nuovo intervento di recupero di un marmo della Galleria– ha detto il Soprintendente per il Polo Museale Fiorentino, Cristina Acidini –reso possibile grazie alla manifestazione di sensibilità dimostrata ancora una volta da Italia Nostra, sempre così vicina alle esigenze del museo, da sempre impegnato nella contesa dei suoi tesori all’inarrestabile azione del tempo”.
“Ogni restauro condotto sui marmi della collezione antiquaria degli Uffizi – ha aggiunto il Direttore della Galleria, Antonio Natali – è doppiamente meritorio, giacché da un lato si recupera la migliore leggibilità di un’opera, dall’altra s’accendono le luci su un patrimonio d’antichità che degli Uffizi è parte cospicua e insigne. A chi, come Italia Nostra, è sostenitore d’imprese vòlte a esaltarne il valore va il ringraziamento del museo e mio personale”.
Da parte sua Mariarita Signorini, Responsabile restauri e membro del consiglio nazionale Italia Nostra, ha voluto ringraziare “la Direzione del Polo Museale e della Galleria, in particolare Fabrizio Paolucci, Direttore del Dipartimento delle Antichità classiche, senza la cui competenza e disponibilità non sarebbe stato possibile condurre a termine anche questa raccolta di fondi per mezzo delle visite guidate alla scoperta della ‘Galleria dei marmi’ e alle nuove sale museali, tutte svolte il lunedì (giorno di chiusura al pubblico), con le apprezzate visite ai Depositi e al Corridoio Vasariano, visitato da molti soci provenienti da altre regioni (in primis della sezione di Reggio Emilia). Sono state una serie di occasioni imperdibili e assai educative anche per i giovani e gli studenti dell’Università di Parma del corsodi Scienze per la Conservazione e il Restauro. Ringrazio anche l’Associazione Vivi Fiorenza, per la condivisione del nostro progetto fin dagli esordi. I nostri complimenti vanno infine alla restauratrice Anne Katrin Potthoff Sapia dalla grande maestria e a Maria Brunori, l’eccellente fotografa che ha documentato tutti questi restauri e che sa rendere carne i preziosi marmi che interpreta più che immortalarli”.
Note storiche
Identificato con una delle sculture donate a Francesco I de' Medici dal Cardinale Pier Donato Cesi alla fine del XVI secolo, l'Apollo seduto è verosimilmente in Galleria sin dal 1597, esposto nel primo corridoio e definito negli inventari dell'epoca “ignudo con testuggine”. Secondo la letteratura, la figura avrebbe di antico soltanto il torso e la parte superiore delle gambe; questo frammento classico fu integrato assai precocemente, certo sin dal XVI secolo, con gli attributi di Apollo, ovvero la faretra e la tartaruga, metafora delle tenebre “schiacciate” dalla divinità solare. I lavori di restauro, oltre a restituire piena leggibilità a un'opera fra le prime del nucleo originale del museo mediceo, hanno consentito anche di avanzare fondate ipotesi sull'antichità della testa. Quest'ultima, molto probabilmente non pertinente, fu però ricomposta con grande perizia dai restauratori cinquecenteschi, che furono in grado di selezionare un tipo iconografico compatibile con i modelli apollinei. Fra i risultati dell'intervento è da segnalare anche l'individuazione dell'originario piano di seduta della figura, pressoché interamente obliterato dalla roccia di moderno restauro. Grazie a questi indizi si conferma l'ipotesi già avanzata in letteratura, secondo cui il torso era originariamente pertinente non ad un Apollo, bensì ad un Dafni. La statua faceva parte di un gruppo (symplegma) raffigurante il giovane con il suo maestro di musica Pan, oggetto di gran fama in epoca antica e descrittoci da Plinio il vecchio nel portico di Ottavia a Roma. Il prototipo, opera di Eliodoro di Apamea, maestro dello stile barocco di tradizione rodia, fiorito a cavallo tra II e I sec. a.C., fu ampiamente riprodotto in età imperiale e ad una sua replica di alta qualità, verosimilmente realizzata nel I sec. d.C., deve essere ascritto il torso del cosiddetto Apollo degli Uffizi.
Il restauro
Col restauro assai complesso dell’Apollo seduto è stato possibile recuperare una scultura di grandi dimensioni e proseguire senza soste nel progetto ‘Italia Nostra per gli Uffizi’. Un intervento che ha richiesto anche un maggior impegno di spesa (quasi 5mila euro).
La statua è composta da dieci parti di marmi diversi. La testa, fino alla mandibola è realizzata in marmo bianco, simile a quello con cui è eseguito il collo e probabilmente la punta del naso, aggiunta successivamente. Il torso è stato scolpito in marmo greco mentre le due braccia e le gambe, aggiunte all'incirca a metà coscia, sono in marmo bianco venato grigio. Il tronco di legno sul quale è seduto Apollo, è eseguito in marmo senza venature, mentre il piede sinistro appoggiato su una tartaruga è lavorato in marmo venato grigio.
La scultura si presenta in buono stato generale, anche se sono presenti abrasioni soprattutto sul torso, e ingiallimenti sulle gambe aggiunte probabilmente a causa di trattamenti con oli. Si notano depositi di polvere maggiormente localizzati sui piani orizzontali del modellato. Sono visibili interventi precedenti e più recenti, quali ad esempio stuccature localizzabili alle giunture dei marmi e ricostruzioni in zona capelli eseguite in colofonia. Queste ultime ricostruzioni coprono l’attaccatura delle orecchie.
La prima operazione è stata quella di rimuovere i depositi atmosferici incoerenti tramite l’ausilio di pennelli e aspirapolvere, dopo un controllo di tutta la superficie per la verifica di eventuali fenomeni di decoesione del marmo. Si è quindi proseguito con la pulitura degli strati più compatti di polvere, nonché sostanze di natura cerosa e oleosa, mediante l’applicazione di solventi. Successivamente sono state eseguite le prove di pulitura. L’impacco con acqua demineralizzata, supportato da “tessuto non tessuto” e rimosso dopo un tempo da cinque a dieci minuti, ha riportato risultati soddisfacenti. Il tempo di applicazione è variato secondo lo sporco da rimuovere e la superficie da pulire tenendo così conto della presenza di marmi, e quindi colori, diversi.
Le operazioni sono andate avanti con la rimozione di alcune stuccature degradate, e con il rifacimento delle stesse utilizzando polvere di marmo bianco legato con resina acrilica (Primal AC 33) del. in acqua al 25%. Si è deciso di non rimuovere le stuccature in resina colofonia perché non era possibile farlo senza danneggiarle. Sono stati eseguiti dei ritocchi con velature di acquerelli e tempere sulle stuccature per rendere otticamente più morbida la differenza tra un marmo e l’altro.