Quello messo in scena sul palcoscenico del teatro Morlacchi è il 'duello' fra potere politico e potere mediatico, "strumenti al servizio dell'emancipazione dei cittadini o strumenti di asservimento e sopraffazione" che condannano il popolo alla schiavitù. Un episodio storico realmente accaduto che rese celebre la figura di David Frost, l'anchorman britannico che, nel corso di un'intervista, riuscì ad inchiodare l'ex Presidente degli Stati Uniti, Richard Nixon, spingendolo alla confessione.
Lo scandalo Watergate. Era il 1972 quando negli Stati Uniti scoppiava lo scandalo politico che vedeva coinvolto l'allora Presidente in carica, il repubblicano Richard Nixon. Furono due giornalisti del Washington Post a scoprire le attività illegali portate avanti dall'amministrazione del Presidente durante la campagna elettorale. Lo scandalo scoppiò alla scoperta di un sistema di intercettazione telefonica in quello che era considerato il quartier generale del partito democratico presso il complesso residenziale Watergate a Washington. Nixon, dichiaratosi estraneo alla vicenda, accolse le dimissioni dei suoi collaboratori. Posto in stato d'accusa e investito da una tempesta mediatica, annuncio le dimissioni nell'agosto 1974.
Il testo. Ci troviamo di fronte al primo caso di giornalismo-spettacolo. È il 1977 e David Frost, presentatore inglese, uno degli showman più pagati, decide di intervistare Richard Nixon, ex Presidente USA, 'un pesce grosso' che non navigava in acque molto trasparenti dopo lo scandalo Watergate. L'inaspettata confessione di Nixon davanti a milioni di spettatori farà guadagnare a Frost le luci della ribalta e condannerà l'ex Presidente al 'deserto' della solitudine. Il testo ripercorre le trattative con l'agente di Nixon (Frost dovette pagare 600 mila dollari) e vede contrapporsi gli uomini fedeli al Presidente e il gruppo di giornalisti che sostengono Frost nella preparazione dell'intervista, procurandosi le prove necessarie per inchiodare Nixon, fino ad arrivare al vero e proprio match fra i due 'uomini di potere' che si sviluppa in dodici round. Saranno l'arguzia e la precisione di Frost a costringere Nixon, negli ultimi secondi di trasmissione, alla confessione sullo scandalo del Watergate. Uno scoop sensazionale che non lascia scampo a un ex Presidente che, nel corso dell'intervista, ci appare orgoglioso e combattivo ma che, alla fine, si vedrà costretto a cedere le armi concedendo una lunga serie di interviste a David Frost. Un lavoro corale e avvincente capace di coinvolgere il pubblico portando in scena lo scontro, fortemente attuale, tra politica e media.
Regia. Il tutto è ambientato in uno studio televisivo semi spoglio, con tappezzerie retro e arredato con poltroncine in pelle che diventeranno, all'occorrenza, interno d'aereo o di automobile e sala di registrazione.
Quello che va in scena è la semplicità, la totale assenza di effetti speciali e uno scenario essenzialmente povero. I riflettori sono puntati sull'attore, che è considerato la vera forza del teatro.
I protagonisti, David Frost e Richard Nixon. Da una parte il potere mediatico, dall'altra quello politico. Un incontro-scontro che lascia tutti con il fiato sospeso, senza alcun calo di tensione.
David Frost, interpretato da Ferdinando Bruni, ci appare come anticipatore della moderna era mediatica, presentandosi sul palcoscenico con capello lungo e laccato e mocassini alla moda, inizialmente frivolo e leggero ma sempre più attento e coinvolto nel proprio ruolo.
Esageratamente pieno di sé e sicuro della propria 'grandezza' appare invece Richard Nixon, interpretato da un istrionico Elio De Capitani, che si presenta con un doppiopetto blu e un'aria di ostentata superiorità che nasconde la menzogna.
Ciò che conquista il pubblico. Ci si domanda perché gli spettatori di 'casa nostra' rimangano tanto coinvolti da un fatto accaduto quasi quarant'anni fa. Ciò che cattura-fa notare Renato Palazzi (Illustri Sole 24 ore)- sono gli indiretti riferimenti a questioni a noi familiari: l'etica della responsabilità, la lealtà di un leader verso i propri elettori, il coraggio di farsi da parte di fronte a un quadro giudiziario gravemente compromesso. Ma gli elementi che maggiormente trascinano e affascinano il pubblico sono la costruzione drammatica, il linguaggio asciutto, lo spessore epico dei protagonisti, quel velo di solidarietà umana che emerge dalla telefonata notturna fra i due; l'ammissione di colpa di Nixon che suscita quasi una certa commozione nel momento in cui riconosce di aver tradito la fiducia del suo Paese...
La confessione di Richard Nixon. "È vero, io ho commesso degli errori, errori imperdonabili... Sono stato coinvolto in un'operazione di insabbiamento e per tutti i miei errori provo un profondissimo rimorso. Vi ricordo solo, però, che sono stati errori della testa e non errori del cuore, ma sono stati errori miei e non do la colpa a nessuna. Ho consegnato la spada ai miei nemici e loro mi ci hanno infilzato e l'hanno rigirata con gusto nella ferita. Immagino che se fossi stato al loro posto avrei fatto lo stesso. E il popolo americano... l'ho deluso, ho deluso i miei amici, peggio ancora ho tradito la nostra forma di governo e i sogni di tutti i giovani... Ho tradito il popolo americano. E ora dovrò portare questo peso per tutto il resto della mia vita. La mia carriera politica è finita."
David Frost era riuscito a contenere per un brevissimo istante, quello che mai nessuno prima era riuscito a contenere: la faccia di Richard Nixon gonfia e devastata dalla solitudine, sconfitta e disgustata.
Maria Vera Valastro - Agenzia Stampa Italia
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