Per quanto la scrittrice fosse una delle figure più significative della letteratura italiana del Novecento (vincitrice del Premio Viareggio, del premio Campiello e tre volte finalista al Premio Strega), negli ultimi quarant'anni era stata trascurata nella sua grandezza letteraria e nella profondità del suo pensiero, specie riguardo all'emancipazione femminile ed alla dignità della donna, che trasuda da tutti i suoi romanzi. Questo "sbarco" negli States di Laudomia Bonanni è un segno importante del recupero della sua memoria e del valore della scrittrice, un'internazionalizzazione di prestigio. Qui allegato l'invito all'evento, che vedrà la presenza di Lucilla Sergiacomo, Sara Teardo (Università di Princeton), Gianfranco Giustizieri e Maria Rosaria La Morgia. Agli amici di Pescara e dintorni rivolgo l'invito a partecipare, se possono, ad un evento di grande interesse. Anch'io, dall'Aquila, non mancherò all'appuntamento. Goffredo Palmerini ».
"America Oggi", il più diffuso quotidiano in lingua italiana che si pubblica negli Stati Uniti, il 3 marzo scorso ha dedicato al libro di Laudomia Bonanni la copertina ed una pagina del supplemento domenicale "Oggi7". Ecco l’articolo, qui riprodotto.
« Sperava di poter pubblicare un libro negli Stati Uniti, sul finire dei primi anni Cinquanta. Ma il sogno americano diventerà realtà soltanto il 29 marzo prossimo. La cultura statunitense rende omaggio alla grande scrittrice italiana del Novecento, Laudomia Bonanni, con il romanzo postumo The Reprisal (titolo originale La rappresaglia). Uscirà per le edizioni University of Chicago Press, a cura delle docenti Susan Stewart e Sara Teardo dell’Università di Princeton. In Italia è stato pubblicato nel 2003 dalla casa editrice Textus dell’Aquila. Narra la drammatica vicenda di una partigiana ,“La Rossa”, inseguita e catturata sulla Maiella da una banda di fascisti. Era al nono mese di gravidanza. La fucilarono dopo che diede alla luce una bambina.
Laudomia Bonanni che oltre mezzo secolo fa voleva varcare l’ Oceano con i sui scritti, purtroppo non potrà assaporare la gioia del meritato riconoscimento internazionale che arriva undici anni dopo la sua morte. “Era il lontano 1949 quando Laudomia Bonanni, futuro astro della letteratura italiana del ‘900 - ricorda lo studioso Gianfranco Giustizieri, curatore meticoloso dell’archivio bonanniano - , decise di partecipare con un suo manoscritto dal titolo Stridor di denti al concorso bandito dalla Harper & Brothers di New York, casa editrice statunitense, per un’eventuale traduzione e pubblicazione. Anche i giornali dell’epoca davano per imminente l’uscita del romanzo e la stessa Bonanni in due lettere del 30 gennaio e 14 aprile 1949 a Maria Bellonci dava indicazioni sul manoscritto inviato. Poi più nulla, il romanzo non fu pubblicato e dell’invio statunitense nessuna notizia, così come dell’eventuale edizione americana”.
Il massimo studioso italiano delle opere di Laudomia Bonanni, continuando a scavare nel passato, riesce a trovare importanti elementi che ci riportano al sogno iniziale, che riserva altre delusioni ed amarezze. Ci dice Giustizieri: ”Nel 1985 la scrittrice consegnò alla casa editrice Bompiani un suo lavoro dal titolo La rappresaglia, ma Valentino Bompiani lo respinse chiedendo all’autrice una profonda revisione del testo perché non lo considerava facilmente spendibile, per quei tempi, presso il pubblico dei lettori. La Bonanni, come era nel suo fiero carattere, rifiutò sdegnosamente la proposta e “La rappresaglia” fu chiusa nel cassetto con l’intenzione di seppellire quel libro per sempre”. Dal lungo buio dell’oblio alla riscoperta ed al successo editoriale in Italia ed ora anche la conquista del mercato americano. La svolta nel 2003. A sottolinearlo è ancora Giustizieri: ”Dopo la morte dell’autrice grazie alla volontà di Gianfranco Colacito, unico erede della scrittrice, di Carlo De Matteis, docente nell’Università dell’Aquila e della casa editrice Textus, il romanzo vide la luce riscuotendo un ottimo successo dalla critica militante”.
Lo studioso spiega che la protagonista del libro “è una singolare figura femminile, “la Rossa”, partigiana durante il secondo conflitto mondiale. Catturata da una banda di fascisti in fuga e decisi a fucilarla dopo che ella avrà partorito la creatura di cui è gravida. La fuga della banda con la prigioniera portata via a forza, il rifugio in montagna, il parto e la successiva fucilazione della donna costituiscono la trama del romanzo che si avvale di un inedito capovolgimento dei ruoli conosciuti: i fascisti in fuga e una partigiana gravida prigioniera. Il personaggio della Rossa esalta tutte le pagine del romanzo: dirompente, ingovernabile, eroica nel suo messaggio ideologicamente rivoluzionario contro ogni mentalità patriarcale, portatrice di messaggi fortemente rivoluzionari nella rivendicazione della superiorità femminile nella storia di ogni tempo e di ogni luogo. Diversi sono i personaggi che intrecciano le loro storie nel nascondiglio montano e affidano allo sviluppo narrativo le loro azioni e passioni in una prosa di straordinaria efficacia”.
Lo studioso spiega a questo punto il filo che lega l’opera che Laudomia Bonanni voleva pubblicare negli Stati Uniti nel 1949 e quella attuale. E sostiene: ”Un esame attento del romanzo secondo i personaggi, i luoghi descritti, la trama e l’uso della lingua, la ricostruzione del contenuto di quell’antico scritto andato perduto Stridor di denti attraverso tracce lasciate dall’autrice in alcuni racconti pubblicati dai quotidiani italiani negli anni ’50, figli del libro mai nato, il richiamo ad altri testi della Bonanni e soprattutto i riferimenti trovati in alcune cronache del paese di Caramanico, teatro narrativo de “La rappresaglia”, ci portano ad affermare che il testo edito nel 2003 non è altro che una nuova scrittura di Stridor di denti. Ma le date si rincorrono e ricongiungono in un unico percorso.
Le docenti Susan Stewart e Sara Teardo dell’Università di Princeton, illustri studiose, già conoscitrici dell’opera della Bonanni, hanno soggiornato a lungo nella città dell’Aquila per conoscere i luoghi di vita della scrittrice abruzzese e si sono recate nelle località individuate come teatro scenico del romanzo tradotto. Tutto ciò è stato possibile grazie all’impegno ed ai collegamenti creati da Pietro Zullino, Gianfranco Colacito e da me, perché volevamo vedere realizzato quel lontano sogno americano”. Aggiunge Gianfranco Colacito: ”Dopo le lontane traduzioni francesi e spagnole di altri libri (L’imputata e L’adultera), un nuovo significativo attestato, a undici anni dalla sua scomparsa, conferma il posto di rilievo della scrittrice aquilana nel panorama della letteratura italiana del XX secolo. Le studiose americane nella dedica al loro lavoro hanno voluto ricordare il giornalista e scrittore Pietro Zullino, amico e profondo conoscitore dell’opera bonanniana, che ebbe l’intuizione di avviare questo riconoscimento americano”.
Illuminati esponenti del mondo culturale che rendono il giusto merito ad una scrittrice per lungo tempo colpevolmente messa da parte. L’omaggio americano la risarcisce di tanti torti italiani. Commenta lo studioso Giustizieri: Laudomia Bonanni, a undici anni dalla morte, corona il suo sogno e ha la risposta ad una sua domanda: «(…) un argomento, come il mio, non può sembrare comunista, potrebbe piacere in America?» (Epistolario, a cura di Fausta Samaritani, casa editrice Rocco Carabba, Lanciano, 2006). E poi il ricordo “della Rossa, protagonista di un romanzo per la gente, consapevole di un mondo difficile da cambiare, portatrice di possibili nuovi cammini pur nella consapevolezza dell’imminente fucilazione, a don Antonio, il seminarista che aveva tentato inutilmente di convertirla nei giorni di rifugio nell’eremo montano, così risponde:
(…) Sì, questa orribile femmina che hai davanti ama l’umanità più di voi. Tutta, te perfino. E se davvero mi fosse venuta voglia di leccarti i denti, anche quello avrei potuto fare per ardore di natura e mordere come si morde un frutto. Anche la rivoluzione è oscena e sanguinaria per amore. È invasata per amore. La rivoluzione è femmina, partorisce da sola come me.
Ah ah, io sono la rivoluzione. Tu l’hai capito, perciò non hai voluto salvarmi, lo so. (…). Così devo andarmene. Mi ficcheranno in una buca, di nuovo affossata. Domani, domani a giorno,quelli si prenderanno l’arbitrio di annullarmi per sempre. (…) E io, io che ero una donna di domani…Defraudarmi del mio domani. (…). Non sanno niente, imbecilli. Ma se è solo il principio. Il mondo rinasce domani. E costoro uccidono me, una cittadina di quel mondo”.
Le montagne abruzzesi, dove tanto sangue è stato versato per la libertà, sono dunque lo scenario di un racconto che mette ancora una volta in evidenza il coraggio e il contributo determinante dato dalle donne d’Abruzzo per un’Italia senza le catene della dittatura. Donne generose. Ricordate dall’ex presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi nel suo “Diario di guerra”, pubblicato dalla casa editrice Laterza, per iniziativa del Liceo Scientifico di Sulmona. Racconta quando, fuggiasco sui monti dell’Abruzzo, a Scanno una donna gli diede “il pane che non c’era”. Pagine di storia da non dimenticare. E per non disperdere la memoria, la scuola sulmonese ha dato concretezza ad una iniziativa che con il passare degli anni si irrobustisce, con la grande partecipazione di migliaia di giovani provenienti da ogni parte d’Italia per ripercorre il “Sentiero della Libertà”, attraverso le montagne abruzzesi. A sostenere l’idea diventata realtà, è stato proprio Ciampi nel 2002, che allora ricopriva l’incarico di Presidente della Repubblica e che da Sulmona diede il via alla prima edizione della marcia della libertà. A presiedere l’Associazione, dallo scorso anno, è la giornalista e scrittrice Maria Rosaria La Morgia, profonda conoscitrice dell’opera di Laudomia Bonanni. Ha pubblicato diversi articoli e realizzato numerosi servizi per la Rai. Dice:”E’ nel cuore dell’Aquila, in via Garibaldi, la casa dove Laudomia Bonanni ha trascorso molti anni della sua vita. A guardarla dall’esterno sembra aver resistito al terremoto. E Laudomia Bonanni resiste all’oblio che colpisce molti scrittori del secolo passato, anzi conquista nuovi lettori e studiosi”. Il riferimento è alla pubblicazione negli Stati Uniti del libro postumo sulla coraggiosa partigiana abruzzese. La Morgia ribadisce il ruolo fondamentale delle donne che ”hanno scritto pagine importanti della resistenza civile ed umanitaria”. E aggiunge: “In Abruzzo furono tante le donne protagoniste, prima e dopo l’8 settembre del 1943. Tra loro, le sulmonesi di Borgo Pacentrano, che fino al giugno del ‘44, daranno vita ad una grandissima operazione per salvare i soldati inglesi prigionieri al “Camp 78” di Fonte d’Amore. Erano madri, mogli, sorelle, il più delle volte umili contadine. Chilometri macinati sui treni, tra Lazio e Abruzzo, per consegnare missive al comando inglese, per riportare istruzioni ai prigionieri. Da Sulmona a Roma e ritorno per dare istruzioni ed accompagnare nella fuga giovani ufficiali che dovevano raggiungere la capitale liberata. E oggi nelle parole di una di loro, Lea Cicerone, che nel 1943 aveva appena 11 anni, si coglie la spiegazione di quel naturale altruismo che regnava tra la gente abruzzese: “La cosa più bella è che mio padre e gli altri pensavano di fare cose normali”. Domenico Logozzo »
Domenico Logozzo
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