(ASI) All’Italian Global Series Festival di Riccione arriva Michele Placido con Giulio Base per una masterclass. I due sono stati insieme nella miniserie campione di ascolti Padre Pio - Tra cielo e terra. Base incalza Placido partendo dalle origini, cioè dalla Piovra, la cui morte del famoso Commissario Cattani, interpretato dallo stesso Placido, inchiodò milioni di spettatori sullo schermo.
Fenomeni difficilmente ripetibili oggi. L’attore è grato alla Rai e soprattutto a Damiano Damiani per l’opportunità che gli ha portato il benessere. Fu proprio lui a voler chiudere la sua avventura da Commissario e svela che furono girati tre finali: uno in cui veniva solamente ferito, uno in cui se ne andava e l’ultimo, andato in onda, in cui moriva. La Piovra segnò una svolta nel mercato estero, perché fu acquistata anche dai paesi comunisti, cosa che avvenne più tardi con Montalbano. La Piovra ha avuto un’influenza su tanti giovani che hanno deciso di studiare giurisprudenza o diventare magistrati o commissari.
In un parallelismo con Marco Bellocchio, che lo ha diretto più volte, ha interpretato sia Aldo Moro che Enzo Tortora. Per il primo fu significativo il ricordo del padre, ex presidente dell’Azione Cattolica pugliese, legatissimo proprio a Moro. Ciò gli permise di lavorare con il cuore. Sempre l’influenza del padre gli permise di avvicinarsi anche a Padre Pio. Fu particolarmente difficile la scena delle stimmate. La sera prima ripensò a suo padre, quando ogni sera da bambino gli chiedeva di inginocchiarsi e recitare la preghiera del Padre Nostro. Quel ricordo permise di avvicinarsi al Santo. Base ricorda che Placido sembrava come avvolto da una presenza e si calò perfettamente nel Santo, tanto da fare ogni giorno 3-4 km a piedi con i sandali prima di girare. L’attore ricordò pure che aveva delle perplessità a girare dopo il bel risultato della serie con Sergio Castellitto, ma fu la stessa madre che lo incalzò nell’accettare la parte.
Sempre in ottica di serialità, non poteva mancare il riferimento a Romanzo Criminale. Placido veniva da un insuccesso con Ovunque sei al Festival di Venezia con Stefano Accorsi e sua figlia. Poco dopo, il produttore Riccardo Tozzi lo chiamò per girare il film tratto dal libro del magistrato De Cataldo. Gli mandò il libro, ma questo non entusiasmò Placido, che preferisce sempre leggere testi teatrali. Per questo motivo, contattò gli sceneggiatori Stefano Rulli e Sandro Petraglia per avere la sceneggiatura. Lavorò molto per selezionare uno ad uno gli attori: Pierfrancesco Favino, Kim Rossi Stuart, Stefano Accorsi, Riccardo Scamarcio ed Elio Germano. Questi attori erano molto giovani e Placido li riconosceva come “figli”, portandoli in ritiro sul lago di Bracciano, facendoli studiare i personaggi e portandoli persino a fare sopralluoghi.
Dopo il successo del film, sempre Tozzi chiese a Placido la disponibilità per la serie, ma lui declinò e scelsero Stefano Sollima. Nonostante ciò, Placido aiutò Sollima nel casting e poi girò anche le prime due puntate della serie Suburra.
Ritiene che, dato il calo degli incassi del cinema, la serie crescerà sempre di più. Parla anche del suo prossimo lavoro, I giudici e gli assassini, ispirato al primo magistrato santo, Rosario Livatino. Dopo aver visitato la sua tomba, grazie al Vescovo di Agrigento, rivela di essersi appassionato a questa vicenda. Ammette che ciò dovrebbe avvenire anche per altri come Paolo Borsellino e Giovanni Falcone. Questa storia richiama molto quello che fecero successivamente i due noti magistrati siciliani. Il protagonista, il giudice Albertano, è mosso da una particolare fede, per cui “non basta essere buoni cristiani, occorre essere credibili”. La serie, che sarà composta da 4 episodi da 100 minuti, inizierà le riprese a settembre.
Daniele Corvi - Agenzia Stampa Italia



