Nell’Inghilterra dell’Ottocento una strana belva si aggira per i boschi e le campagne sventrando le sue vittime. Lorenz torna nel suo paesino, dopo aver saputo della morte di suo fratello, per mano della bestia. Il suo ritorno non sarà ben accetto, visti i suoi trascorsi in manicomio. Conoscerà la promessa sposa del fratello e nascerà un’intesa, ma subito dopo si scontrerà con la belva e inizierà a vivere l’Inferno. Lo scontro con il male, avrà radici molto più profonde del previsto e Lorenz si troverà di fronte a tragiche decisioni, che segneranno il suo destino. Film globalmente avvincente, si rifà alla tradizione cinematografica sui licantropi, non mettendo però quel qualcosa che possa dare il salto di qualità alla pellicola. Presenta buone scene di suspance, ma si perde poi nei tipici sventramenti da horror di serie B, che banalizzano il gioco di paura creato con musiche e immagini. Ricorda in alcune parti Il lupo americano mannaro a Londra di John Landis, ma mancano sia la spettacolarità degli effetti speciali con i giochi di contrasto musicali. Nonostante tutto, colpisce per una frase che sintetizza sia lo spirito dell’epoca che le leggende sui mannari “e’ peccato uccidere un uomo, ma non una belva, ma dove finisce l’una e inizia l’altra?”. Per darvi un suggerimento sia sul film, che per analizzare più in profondità la trama, vi ricordo quel che diceva Aristotele, che chi vive fuori dalla comunità è bestia.
Voto: 6/7.