(ASI) Osservare dal mare Vieste in una calda e soleggiata mattinata di ottobre mi abbaglia la vista e al tempo stesso mi riempie il cuore di pace. È un insieme di case bianche che si arrampicano su per la collina fino ad arrivare alla cattedrale di Santa Maria Assunta, è un groviglio di vicoli stretti tra i quali si insinua il vento caldo che continua a soffiare nonostante l’estate sia passata.
La guida parla e racconta delle numerose invasioni che la città ha subito nel corso dei secoli, ha visto passare gli Arabi con le loro continue invasioni dal sud, i barbari che scendevano dal nord perché Vieste, grazie alla sua posizione sul Gargano, era una città contesa perché poteva controllare tutto il traffico di merci lungo l’Adriatico.
Dal mare è visibile l’alta cinta di mura che la proteggeva e l’isolotto sul quale si erge il faro, luce salvifica nel buio della notte.
Ad un tratto la narrazione si interrompe: la guida avvicina il suo telefono al microfono e partono le note di una canzone d’amore senza tempo, sentita, triste.
È la canzone che qualche anno fa Max Gazzé ha dedicato ai due amanti nativi del posto la cui storia si perde nel tempo: Cristalda e Pizzomunno.
Vieste era solo un villaggio composto da sparute capanne ed abitato da pescatori quando nacque l’amore tra un giovane alto e forte che si chiamava Pizzomunno ed una bellissima ragazza dai capelli biondi di nome Cristalda. I due erano follemente innamorati ed ogni sera si trovavano in riva al mare per amoreggiare. Ma …le sirene che vedevano ogni giorno Pizzomunno prendere il largo con la sua barca erano invidiose del loro amore, lo tentavano in ogni modo, non si limitavano a cantare ma prese dal suo sguardo gli avevano offerto l’immortalità se avesse accettato di diventare il loro re e amante.
L’amore che egli provava per Cristalda rendeva vana l’offerta delle sirene ed una sera mentre i due amanti andavano ad attendere la notte sull’isolotto di fronte alla costa le sirene, colte dalla gelosia, aggredirono Cristalda trascinandola nelle profondità del mare. Invano Pizzomunno cercò di rincorrere la voce dell’amata: l’indomani i pescatori lo ritrovarono pietrificato dal dolore nello scoglio bianco che porta il suo nome.
Si dice che ogni 100 anni la giovane torni dagli abissi per raggiungere il suo giovane amante e rivivere per una sola notte il loro antico amore.
Donatella Arezzini per Agenzia Stampa Italia