(ASI) Sono diverse le Regioni italiane che hanno cominciato a manifestare interesse, tra cui Lazio, Sicilia, Sardegna e hanno attivato collaborazioni con l’AMSI, per ingaggiare medici e infermieri stranieri. A rivelarlo sono proprio i vertici dell’Associazione Medici di Origini Straniera in Italia, fondata nel 2000, che ha già dato disponibilità, da tempo, a tutte le regioni, con conferenze online ed esperti, a reclutare personale.
Dal 2020, con l’inizio della pandemia, è stato istituito il “decreto Cura Italia” (Decreto-Legge 17 marzo 2020, n. 18, ndr.) che grazie all’articolo 13, consente ai medici e infermieri di lavorare in Italia, senza passare per la strada ordinaria del riconoscimento del titolo presso il Ministero della Salute. Si procede tramite deroga delle regioni.
Il decreto aveva consentito ai medici ucraini e russi, e poi a tutti quelli venuti all’inizio della pandemia, di venire in Italia a lavorare, per dare una mano al nostro malcapitato Sistema Sanitario. Piano piano questo decreto – con scadenza nel 2022 – è stato rinnovato, fino al 31 dicembre 2025, ma non tutte le regioni l’hanno applicato. Alcune regioni hanno sofferto molto, come la Calabria con i medici cubani, la Sardegna, la Sicilia, Lombardia e altre regioni adesso stanno iniziando ad utilizzare il decreto.
I vertici di Amsi non nascondono le conseguenze della cattiva organizzazione del sistema sanitario pubblico.
“Purtroppo la risposta è stata molto negativa per quanto riguarda la decisione di chi sta in Italia. Il motivo qual è? Gli stranieri professionisti della sanità qui non accettano di lasciare un contratto a tempo indeterminato e sicuro per andare verso la struttura pubblica per un anno.
Perché noi sappiamo che chi non ha la cittadinanza italiana non può accedere ai concorsi pubblici. Quindi potrebbero entrare per questo famoso periodo di un anno, ma poi non si sa come andrà a finire.
Tante Regioni si stanno rivolgendo ai professionisti della sanità all’estero e anche all’AMSI perché non ci sono risposte alle loro esigenze. Per tale motivo questa ora è una scelta obbligatoria. Avevamo avvertito tutti dieci anni fa. Se non cominciamo a programmare, e a puntare sulle specializzazioni più richieste e più carenti, è normale che poi arriviamo a rivolgerci all’estero come hanno fatto la Francia, la Germania e altri Paesi europei che hanno iniziato molto prima dell’Italia”.
Foad Aodi - Agenzia Stampa Italia