(ASI) "Una formichina può far poco: basta una pedata per schiacciarla. Ma un formicaio, quando cresce inarrestabile, e spunta da ogni buca, e si compatta, e marcia deciso verso il suo obiettivo, può diventare invincibile". Pietro Orlandi, il fratello di Emanuela, la ragazzina vaticana scomparsa il 22 giugno 1983 nel centro di Roma e mai più ritrovata, ama le parole semplici.
Cuore e pensiero. Da 28 anni, lui che all’epoca era un poco più che un ragazzo, si batte contro le "inconfessabili ragion di Stato", sia italiane sia vaticane, che hanno impedito di fare luce sull’intrigo (terrorismo turco, servizi segreti dell’Est e dell’Ovest, ambienti della Santa Sede, Ior, Banco ambrosiano, malavita romana) che si è portato via sua sorella.
Oggi Pietro Orlandi rilancia. Nei giorni scorsi, in occasione delle presentazioni in giro per l’Italia del suo libro "Mia sorella Emanuela" e grazie al passaparola sul web, ha messo in circolazione una petizione a papa Benedetto XVI (di cui lui è il primo firmatario), che ha già raccolto migliaia firme. "Ho intenzione di portarla in Vaticano, personalmente al pontefice, entro il prossimo Natale", spiega. E aggiunge: "Molti di coloro che hanno aderito si sono offerti di essere presenti, di organizzare una manifestazione pacifica in piazza San Pietro. Mi fa piacere, stiamo valutando cosa fare…".
Il concetto centrale della lettera-appello a Ratzinger è nelle prime righe: Pietro Orlandi (e con lui le migliaia di firmatari) chiede al papa "di porre in essere tutto ciò che è umanamente possibile per accertare la verità sulla sorte della Sua connazionale Emanuela Orlandi". Più avanti viene precisato: l’intervento del pontefice, in quanto "capo di Stato e rappresentante di Cristo in terra", si spera porti ad assumere in breve tempo "ogni azione e deliberazione utili all’accertamento della verità".
E’ un’iniziativa senza precedenti: dopo quasi tre decenni di inchieste mai concluse, piste mai conosciute, intercettazioni telefoniche insabbiate, rogatorie allo Stato Vaticano lasciate cadere in un turibolare silenzio, la scommessa è che la mobilitazione dal basso, le migliaia di e-mail (molte anche dall’estero) di incoraggiamento alla famiglia, la richiesta forte di una presa di posizione ufficiale, inducano magistratura e pubblici poteri a fare luce su uno dei casi più inquietanti e controversi della storia repubblicana.
"In Vaticano non hanno mai voluto collaborare, nonostante ritengo sia un loro dovere morale capire cosa sia successo a una loro connazionale - aggiunge Pietro Orlandi – Adesso, se a chiedere trasparenza non sono più da solo ma assieme a decine di migliaia di persone, confido che questo muro di omertà possa iniziare a sgretolarsi". L’appello del fratello di Emanuela è anche a "una corretta e coraggiosa informazione", che non si trinceri dietro i segreti (pontifici o istruttori) che hanno segnato l’indagine infinita sulla scomparsa della figlia del commesso pontificio. Valga un caso su tutti: la pista di Bolzano. In 28 anni l’opinione pubblica non è stata mai informata del fatto che quattro persone (tra le quali un funzionario del Sismi in servizio tra Merano e Monaco di Baviera) furono indagate per anni e alla fine prosciolte dall’accusa di sequestro di persona, dopo che una signora altoatesina raccontò di aver visto Emanuela Orlandi mentre veniva rinchiusa (un mese e mezzo dopo la scomparsa) in un appartamento sotto al suo. Non una riga sui giornali. Non un lancio d’agenzia. Eppure l’inchiesta è stata ufficiale, la sentenza di proscioglimento (92 pagine datate 19 dicembre 1997, a firma del giudice Adele Rando) pubblica e liberamente consultabile.
Adesso, con la petizione, Pietro è tornato a sperare: "Tanti dei personaggi coinvolti, a partire dal boss della Magliana De Pedis e da monsignor Marcinkus, sono morti – conclude – ma sicuramente tra Italia e Stato Vaticano ce ne sono qualche decina, magari molto anziani, che sanno cosa è successo o conoscono passaggi fondamentali. La mia speranza, ecco, è che si mettano la mano sulla coscienza e parlino. Per mia sorella ma anche per ridare verità e giustizia al nostro Paese".
PETIZIONE AL PAPA
PER LA VERITA' SU EMANUELA ORLANDI
L’unica modalità per aderire all'appello, il cui primo firmatario è Pietro Orlandi, fratello di Emanuela, è quella di inviare una mail (senza passare da altri siti) all'indirizzo:
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precisando: “Aderisco alla petizione a papa Benedetto XVI per la verità su Emanuela Orlandi”
e specificando: NOME E COGNOME, INDIRIZZO E CITTA' DI RESIDENZA, NUMERO DI TELEFONO, PROFESSIONE ED EVENTUALE COMMENTO
PETIZIONE A PAPA BENEDETTO XVI per la VERITA’ su EMANUELA ORLANDI
Santità,
mi rivolgo a Lei nella sua duplice veste di capo di Stato e di rappresentante di Cristo in terra per chiederLe di porre in essere tutto ciò che è umanamente possibile per accertare la verità sulla sorte della Sua connazionale Emanuela Orlandi, scomparsa a Roma il 22 giugno 1983. Il sequestro di una ragazzina è offesa gravissima ai valori religiosi e della convivenza civile: a Emanuela è stata fatta l’ingiustizia più grande, le è stata negata la possibilità di scegliere della propria vita. Confido in un Suo forte e ispirato intervento perché, dopo 28 anni, gli organi preposti all’accertamento della verità (interni ed esterni allo Stato Vaticano) mettano in atto ogni azione e deliberazione utili a fare chiarezza sull’accaduto. Un gesto così cristiano non farebbe che dare luce al Suo altissimo magistero, liberando la famiglia di Emanuela e i tanti che le hanno voluto bene dalla straziante condanna a un’attesa perenne.
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