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L’assessore vinti: la regione in campo.  

(ASI) Se ne parla dal 2004, quando la legge di riordino del sistema televisivo italiano voluta dall’allora Ministro delle Telecomunicazioni Gasparri, in conformità alle indicazioni della normativa europea, previde che lo switch-off, cioè il passaggio dal sistema analogico a quello digitale, avvenisse entro il 2006.

 

Quel termine fu poi posposto più volte negli anni successivi, ed ora è fissato al 31-12- 2012, data imposta dall’Unione Europea. Il digitale in molte regioni italiane è già una realtà, a partire dalla Sardegna, prima regione completamente digitalizzata nell’ottobre 2008. Entro quest’anno il nuovo sistema  arriverà anche in Umbria, in anticipo di un anno rispetto alla scadenza inizialmente prevista. Un anticipo ufficialmente necessario per evitare problemi tecnici di interferenza del segnale nel territorio toscano.

Il digitale in Umbria si accenderà “presumibilmente a fine ottobre o a fine novembre, per evitare la fine dell’anno e la sovrapposizione con le feste di Natale”, ci informa l’Assessore della Regione Umbria delegato alla materia, Stefano Vinti. L’Umbria è tra le ultime regioni interessate dallo switch-off: quando tutte le regioni lo avranno completato, la tv digitale terrestre (in sigla, DDT: Digital Terrestrial Television)  riguarderà tutti gli oltre 20 milioni di abitazioni e 50 milioni di apparecchi televisivi presenti in Italia.

E’ noto a chi conosce un po’ la materia che l’innovazione della DDT è rilevante e porterà benefici per gli utenti sotto molteplici aspetti dal punto di vista della tecnologia. Saranno visibili un maggior numero di canali, grazie a tecniche di codifica del segnale che permettono la riduzione, cioè la compressione dei dati,  fino ad un quinto rispetto all’analogico, della banda di frequenze utilizzate per trasmettere un canale.

Il segnale sarà molto migliore di quello attuale: tanto per capirci, con caratteristiche simili ai DVD. Sarà possibile usare la DDT in maniera interattiva, con possibilità per lo spettatore di intervenire sui programmi che sta vedendo, usando il telecomando, ad esempio per esprimere giudizi, rispondere a domande etc.

Vi sarà un minor inquinamento elettromagnetico  perché sarà necessaria una minore potenza di trasmissione. E saranno possibili trasmissioni in doppio o multiplo audio (quindi, per esempio, in multilingua), in alta definizione, in tridimensione, in isofrequenza (ovvero, con la medesima frequenza da trasmittenti diverse, così che non ci sarà bisogno di risintonizzare la tv in caso di spostamenti).

Accanto agli aspetti positivi, vi sarà anche qualche “svantaggio” di cui tener conto, rispetto all’analogico: su tutti, quello che, in presenza di una ricezione carente, sotto una certa soglia non è possibile visualizzare alcunché. Perciò, i network con minori risorse riusciranno a garantire una minore copertura del territorio: con l’analogico, un segnale debole comunque si vedeva, anche se non bene; col digitale, non si vede nulla.

Inoltre, anche se i televisori di ultima generazione in commercio hanno incorporato il sintonizzatore per il digitale, spesso si tratta di modelli-base che potrebbero richiedere l’acquisto di componenti aggiuntivi e/o di un decoder per permettere la ricezione, il che comporta, tra l’altro l’aumento dei consumi energetici e costi per gli utenti per adattare il televisore.

Altro limite è che il televisore e qualunque altro apparecchio per la ricezione dei canali televisivi, non possono condividere un unico decoder, per cui occorrerà provvedere un decoder per ciascuno di essi. Ad esempio, non sarà più possibile registrare un programma mentre se ne guarda un altro se non si avrà un decoder per la tv ed un altro per il videoregistratore. In alcuni casi, poi, stimati all’incirca nel 20-30 per cento, si dovrà intervenire anche per adeguare l’antenna, nonostante che il digitale richieda lo stesso tipo di impianto dell’analogico, e ciò soprattutto per i sistemi più vecchi e per quelli centralizzati dei condomìni.

Non serviranno  a nulla, con il DDT, le antenne telescopiche che venivano usate per amplificare il segnale analogico, perché il segnale digitale, se scarso in partenza, non può essere amplificato. E questo, almeno inizialmente, sarà un limite, perché la copertura del territorio nazionale con il sistema digitale è ancora tutt’altro che completata.

Per venire incontro all’utenza, la Regione Umbria sta mettendo in campo due tipi di azioni: da un lato, sul piano tecnico, una collaborazione con le Ditte artigiane del settore installazione e con le istituzioni locali, per facilitare in ogni modo ed in forma diffusa sul territorio la soluzione dei problemi tecnici connessi all’allaccio al nuovo sistema. Questo coinvolgimento ad ampio spettro di soggetti pubblici e privati sotto la regia della Regione, precisa l’assessore Vinti, è giustificato dal fatto che si tratta di “un problema che riguarderà tutti gli umbri e si presenterà, letteralmente, dall’oggi al domani, perché nel giro di poche ore, un sistema non esisterà più e, al suo posto, ce ne attiverà uno del tutto nuovo, con evidenti problemi tecnico-funzionali”.

Su un altro versante, quello delle spese che le famiglie dovranno sostenere per adattare le apparecchiature (decoder, antenne, tv) la Regione Umbria ha allo studio provvedimenti di sostegno particolarmente rivolti alle fasce più deboli, sopra i 65 anni e sotto certe fasce di reddito, per erogare i fondi dedicati che arriveranno dallo stato.

Se i telespettatori andranno incontro a maggiori costi, lo stesso problema, su scala ben maggiore, dovranno affrontarlo anche le emittenti televisive. La Rai, nel 2008, chiese un consistente aumento del canone proprio in previsione dei massicci investimenti da effettuare per il passaggio al digitale. Molte emittenti locali si trovano ad un bivio che riguarda addirittura la loro stessa sopravvivenza nell’era del digitale terrestre.  Il passaggio al digitale comporta un’innovazione tecnologica che richiede ingenti investimenti che per le tv locali non sarà facile reperire.

A fronte di questo momento cruciale, la Regione Umbria dice Vinti, “ha promosso la costituzione del tavolo delle dieci emittenti umbre, come momento  di elaborazione di una strategia comune”. L’unione fa la forza, insomma. Le emittenti devono cambiare per sopravvivere: quelle che non riusciranno a coprire il piatto, perderanno le frequenze. Ma cambiare da sole è difficile: allora, la strada  indicata dalla Regione con il Tavolo è quella – obbligata -  di andare ad economie di scala, finanziarie ed organizzative, “come ad esempio palinsesti, unità tecniche e giornalistiche comuni” spiega Vinti. Inoltre, la Giunta sta lavorando per predisporre “bandi per l’innovazione tecnologica rivolti alle piccole e medie imprese, quali sono le emittenti che operano sul territorio regionale”. Insomma, finanziamenti per quelle emittenti che affronteranno gli investimenti innovativi necessari al passaggio al digitale.

Tutto questo, considerando poi che, per le tv locali, è ancora  in corso la madre di tutte le battaglie, cioè l’assegnazione delle frequenze, definita, per ora, solo per le emittenti nazionali con il piano nazionale di assegnazione delle frequenze del settembre 2009. Dopo l’assegnazione delle frequenze 61-69, in origine previste per le piccole emittenti, ai servizi di banda larga, le emittenti delle singole regioni ora rischiano di non poter concorrere per un posto di operatori di rete. Anche l’Umbria attende che il Governo nazionale assegni le frequenze del Piano regionale. Comunque, “l’equazione una frequenza per un’emittente, non è garantita”, conferma Vinti.

E si tratta di uno scacchiere difficile, nel quale i grandi gruppi (Rai, Mediaset e Murdoch) si muovono con una logica commerciale “ferrea”, a partire dal fatto che le frequenze che non saranno assegnate alle emittenti locali, verranno redistribuite tra le emittenti in grado di riempirle. C’è, insomma, dice Vinti, un interesse oggettivo, legittimo ma “spietato” dei grandi networks, a ridimensionare in partenza i sistemi regionali televisivi. Da qui, per Vinti,  la necessità di “lavorare tutti insieme con e per le emittenti locali perché il digitale terrestre rimanga un’occasione di crescita per esse e per il pluralismo e la libertà d’impresa”.

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