(ASI) Diversamente da molti suoi coetanei l'undicenne Riccardo viene a volte con il papà a giocare a pallone nel campetto dell'oratorio dopo aver terminato i compiti. Non si deve sporcare le scarpe di fango, ma preferisce comunque coltivare il sogno di essere un calciatore, forse il più comune fra i bambini di tutta Italia, con gli scarpini in campo e senza prendere in mano un joystick, un dettaglio a cui non si può non far caso oggi.
"Papà è del Friuli Venezia Giulia ma mamma è pugliese, tu lo sai che ho sei nonni? - Si sa, i bambini non hanno problemi a raccontare - Dov'è andata invece la zia Betta papà? Ah sì in Sardegna, ha trovato lavoro laggiù".
Pensando a sei nonni viene da sorridere, ma Riccardo sa raccontare in un'intervista improvvisata che il papà del papà non si trovava bene con la prima nonna. Così dopo il divorzio si è risposato e anche la prima nonna, nelle sue libertà finalmente riconosciute, ha fatto lo stesso. "Almeno ho tanti cugini, ma molti di loro li vedo solo a Natale, e nemmeno ogni anno perché a volte vado al nord a volte al sud. Lo sai che ho visto anche la Svizzera?"
In Italia il divorzio è stato introdotto a livello legale il 1 dicembre 1970, così si è gradualmente arrivati alla terza generazione, alimentando questioni relative a tradizionali dibattiti insieme a quelli sull'aborto o sulla cittadinanza delle famiglie e dei bambini di origine straniera, per non parlare del Bel Paese delle riforme, ora lanciatosi forse verso il definitivo riconoscimento delle coppie omosessuali, nuovo scenario per una realtà conservatrice come quella italiana.
Ad ogni allusione all'etica, ai principi, alla filosofia, alla religione che scatenano giornali, televisioni e social network sulla questione della famiglia moderna, spesso i confronti ricadono nella retorica o nello scontro, ma a quale crescita fanno fronte oggi i bambini come Riccardo, una generazione classe 2005?
Se educatori e svariati tipi di demagoghi, più o meno credibili, intrattengono su questo svariati dibattiti 2.0 senza fine, ogni giorno per il famigerato popolo della rete, la percezione dei bambini verso la tecnologia è un'altra.
"La mamma rimane in Puglia anche per mesi a causa del lavoro. Mi ha detto di non iscrivermi a Facebook perché ci sono i pedofili, ma mi ha permesso di registrarmi a Skype per parlare con lei, è bello vederla anche se spesso mi mancano i suoi abbracci e non sempre riesco a farle vedere i miei compiti dallo schermo dell'Ipad, la connessione internet non è mai buona... - Riccardo preferisce divertirsi con i ritocchi fotografici di Snapchat quando finisce di studiare, ma spesso non sa a chi farle vedere - "Vedi come posso scambiare i volti? E' troppo divertente, anche se spesso uso le foto di papà perché lui a casa non c'è mai, allora provo a usare le facce che vedo in TV. Infatti è per questo che veniamo qui a giocare la domenica, mi piace stare insieme a lui perché quando torna a casa la sera di solito mi sono già addormentato."
Sempre più la distanza rappresenta così la maggiore sfida delle nuove famiglie, principalmente per motivi lavorativi, indipendentemente dal fatto che si chiamino genitore 1 e 2, oppure mamma e papà. I bambini hanno maggiori opportunità rispetto al passato, ma a volte si prodigano verso gli altri semplicemente per carenza d'affetto. I loro rapporti interpersonali e sentimentali si fanno più difficili nel corso dell'adolescenza, quando le relazioni sono "amministrate" via Facebook o Whatsapp e l'indice di salute di una coppia si basa sullo scambio dei like su Instagram.
"Sai che vengono gli allenatori dell'Arsenal questa settimana? Io voglio andare allo stadio quel giorno così ci danno consigli su come migliorare a giocare a calcio. Purtroppo io non so parlare inglese, anche se ho iniziato a vedere su YouTube qualche cartone animato in lingua per imparare..."
Riccardo sogna come tutti i suoi coetanei, come la loro età pretende che sia, al di là di un uso maggiore o minore delle nuove tecnologie. Purtroppo per l'incontro con l'Arsenal deve ancora sapere se il papà potrà accompagnarlo, "dipende tutto da una email di lavoro che potrà arrivargli anche il giorno stesso..."
Così quale futuro per ragazzi e ragazze di oggi? Giulia ha 16 anni, ma non esce con gli amici. "In città non c'è nulla, se vado in centro la scelta è l'alcool oppure fumare qualcosa. Sono pochi a rimanere alle sigarette..."
Federico è un suo coetaneo, non va bene a scuola ed è purtroppo mangiato dall'introversione. "Gli amici scherzano e dicono che vivo da vecchio, perché vedo sempre la televisione. A me di fare i compiti non va, se mamma e papà sono a lavoro, io mi devo preparare il pranzo e poi sto qui aspettando che tornino. La sera sono più libero di giocare con gli amici, ma i miei non vogliono che esca dopo cena. Così gioco alla Playstation, ad essere un po' sincero fino a tardi, facendo partite via internet con gli amici collegati. Alla fine è divertente, ma poi ho sonno..."
L'iperconnessione domina lo scenario, eppure in famiglia si è sempre meno connessi, i ragazzi scambiano messaggi a una frequenza maggiore rispetto agli sms della generazione precedente degli anni 80 e 90, ma si può sempre parlare di effettiva comunicazione e di scambio prolifico di idee?
Se da una parte la realtà è purtroppo quella di nuove patologie legate alle tecnologie invasive, dall'altra il potenziale di determinate piattaforme è altissimo, ma sempre funzionale all'uso che se ne può fare.
Se i singoli, non solo i single, possono trarne giovamento, quale futuro caratterizzerà le famiglie post-moderne nell'ignota era dell'apparente connessione, della distanza fisica e delle separazioni effettive ormai di terza generazione? Le famiglie si sono di conseguenza allargate, ma mantengono la forza dei legami che un tempo sembravano esserci?
Siccome si parla pur sempre di un'istituzione sociale antichissima che è sopravvissuta a secoli, anzi millenni di guerre e conflitti, sembra comunque poco credibile la posizione di molti che attribuiscono la colpa ad omosessuali o femministe, i primi per gli standard biologici, le seconde per il ruolo ancestrale delle donne.
Ad ogni modo la crisi sembra essere una parola sempre più associata a famiglia e valori, scardinati in quelli che erano i loro tradizionali connotati. Come ogni grande questione sarebbe inutile trovare piccole e immediate risposte, le domande semplici sono sempre quelle alle quali è più difficile rispondere.
"A volte ho dei dubbi sui compiti e non so a chi chiedere, come non sempre ho qualcuno a cui far vedere quello che ho imparato nella scuola calcio...". Riccardo come tutti gli altri rappresenta un bambino forse solo bisognoso di attenzioni, gioco e amore.
Purtroppo il loro quotidiano abbandono è spesso compensato dai materialismi di un nuovo smartphone o di esperienze compensative fuori, nei gruppi sportivi o in quelli del doposcuola, al di là della reale predisposizione, se nessuno ha poi già avuto modo di constatarne una.
E come il rumore ingannevole delle conversazioni della rete riescono spesso a nascondere, il flebile gemito delle giovani generazioni del 2000, e adulti di domani nel nuovo millennio, potrebbe essere più sostanziale delle remote preoccupazioni dei salotti televisivi dove si paventa la crisi di un lontano futuro ignorando la strana e contraddittoria dinamica, presente all'interno dell'anima della famiglie odierne.
"Per te è vero che è meglio avere qualcuno con cui dire quello che hai fatto a scuola o a calcio? Altrimenti che gusto c'è nel farle se nessuno ti può vedere o almeno ascoltare?"
I bambini sono diretti e prendono facilmente confidenza, ma Riccardo come i suoi coetanei riesce sempre a centrare il punto.
Lorenzo Nicolao - Agenzia Stampa Italia