(ASI) Roma In occasione della Giornata della Vita Consacrata, Papa Bergoglio ha invitato tutti i religiosi del mondo a seguire una strada ormai abbandonata, o sicuramente poco frequentata: l'obbedienza.
Il Santo Padre, ben sapendo di essere controcorrente e senza paura di affermare un modo di vivere ormai non più di moda, ha ribadito con forza che non vi può essere sapienza senza docile obbedienza. Nella breve omelia il Papa ha sviluppato le sue posizioni con chiarezza, facendo percepire inequivocabilmente che secondo lui, una perseverante obbedienza consente di maturare un vero e proprio aggiornamento, che conferisce la capacità di rapportare le regole alle esigenze dei tempi. Anche il riferimento alla perseveranza non è di poco conto. Nella mentalità odierna, perseverare, soprattutto quando la vita non è più gratificante o quando non si viene più apprezzati nel proprio ambiente, significa essere deboli, incapaci di reagire. Mentre per il Pontefice, perseverare assume una connotazione altamente positiva. Rimanere al proprio posto, continuare a fare ciò che si era scelto e promesso sono la garanzia per arrivare alla sapienza personale e comunitaria. È come se il Santo Padre dicesse: "Vuoi essere felice? Vuoi capire qualcosa della tua vita? Sii perseverante! Rimani dove sei!".
È evidente come dentro una semplice omelia si nasconda un messaggio dirompente per la società moderna, per la quale cambiare velocemente qualunque cosa, lavoro, macchina, telefono, computer, moglie e marito sia una qualità e non un vizio. Nella società liquida in cui viviamo, ben descritta da Baumann nelle sue opere, accogliere i consigli di Papa Bergoglio vuol dire cambiare rotta, convertirsi, dare fastidio, essere incompresi. Per lui, primo Papa proveniente da un ordine religioso negli ultimi 150 anni, ubbidire vuol dire fidarsi di chi ti da gli ordini, fare anche senza comprendere, essere giovani e farsi guidare da un anziano. Ecco un'altra dimensione dimenticata. Rispettare chi è nato prima, come si diceva una volta, ascoltare, nel pieno del vigore, chi il vigore non ce lo ha più. Per i consacrati questo vuol dire un grande amore per la Regola, così come la raccontano gli anziani che l'hanno vissuta e ne hanno ricevuto la tradizione dai fratelli che li hanno preceduti. E padre Jorge, come ama presentarsi al telefono il Papa, mette in guardia dalla consacrazione light, disincarnata, come se fosse una gnosi, un sapere che basta conoscere per salvarsi. Non è così ed anche la vita consacrata è piena d'insidie, che la possono rendere una caricatura. Si può, infatti, seguire Gesù senza rinunciare a tutto, si può pregare senza incontrare Dio e gli altri, vivere insieme come fratelli ma senza comunione. Ecco perché la Regola suprema rimane il Vangelo, perché consente di ricevere la sapienza, intesa come dono dello Spirito Santo. Sintomo di una tale sapienza è la gioia. La tristezza è il segno evidente che non ci vogliamo abbassare con Cristo per amare e servire gli altri.
Ilaria Delicati-Agenzia Stampa Italia