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(ASI) Chi di noi non ha mai criticato le operazioni di recupero del Costa Concordia? Un anno e mezzo dopo l'affondamento quel bestione steso su un fianco stuzzica ancora la nostra immaginazione, rendendoci anche solidali con quell'isola ormai quasi più famosa per l' "epopea" di Schettino che non per le sue bellezze paesaggistiche e marine.

 

Gli isolani del Giglio in realtà non sono gli unici ad alzarsi la mattina e a dannarsi vedendo il ventre bianco e rosso della nave di fronte ai proprio occhi. Dal 2006 i messinesi e i reggini in transito per lo Stretto sono costretti ad assistere ad uno scenario simile, ovvero la prua di un vecchio traghetto FFSS che spunta fuori dall'acqua del porto di Messina.

Il Cariddi, nome del relitto, in disarmo dal 1990, è affondato nel 2006. Da allora nessuno si è curato di rimuovere l'ingombrante presenza dai moli.

Varato nel 1932, Cariddi va sott'acqua la prima volta in seguito all'armistizio dell'otto settembre 1943, quando l'equipaggio preferisce affondarlo che consegnarlo agli Alleati. Poi, nel dopoguerra il recupero e i lavori di ampliamento fino al '90 quando il battello è radiato dal servizio. Sette anni fa l'affondamento in ormeggio.

Lo scorso settembre le autorità sicialiane hanno vagliato alcune ipotesi di recupero della storica unità della nostra Marina mercantile, ma che al momento si sono concretizzate nel riportare a galla cimeli e allestimenti, come 5 lance di salvataggio che, per il pregio della loro fattura, sono ora esposte al museo navale. Altro beneficiario dei resti del Cariddi è il locale istituto nautico.

A distanza di 9 mesi il Cariddi è ancora lì ad aspettare e non si sa ancora bene per quanto tempo ancora. Un gioiello del mare made in "Cantieri Riuniti dell'Adriatico" che giace in una sorta di limbo, né in disarmo né relitto ma a metà, sotto gli occhi dei viaggiatori che ne osservano la pietosa ed indegna condizione.

Marco Petrelli - Agenzia Stampa Italia

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