Cominciò la sua attività di insegnamento presso l’Università di Trieste nel 1964, cattedra che abbandonò soltanto nel 1992 per decorsi termini di anzianità. In quella fase diresse anche l’Osservatorio Astronomico di Trieste, mentre tra gli anni Ottanta e Novanta ottenne la direzione del Dipartimento di Astronomia dell’ateneo giuliano. Numerose anche le pubblicazioni e le divulgazioni a carattere scientifico, in particolare attraverso la rivista bimensile L’Astronomia, da lei fondata nel 1978, e la rivista di cultura astronomica Le Stelle, che diresse assieme a Corrado Lamberti.
In politica si è messa in evidenza soprattutto negli ultimi dieci anni per aver militato nelle file del Partito Radicale Transnazionale a sostegno della libertà di ricerca scientifica e per essersi candidata nelle liste del Partito dei Comunisti Italiani alle elezioni regionali lombarde del 2005, anno in cui si iscrisse anche all’Associazione Luca Coscioni. In occasione delle elezioni politiche del 2006 si schierò nuovamente con il partito di Oliviero Diliberto ma, sebbene eletta, rinunciò al seggio per dedicarsi alla sua attività scientifica. Alle elezioni europee del 2009 si presentò nella Lista Anticapitalista, composta da Rifondazione Comunista, il PdCI e altri movimenti minori della sinistra radicale, cartello da cui emerse successivamente la Federazione della Sinistra, con cui la Hack si presentò alle regionali del Lazio nel 2010. Anche in questo caso, il seggio conquistato fu ceduto agli altri candidati presenti in lista. Più recente è il suo impegno con il partito Democrazia Atea, formazione minoritaria e scarsamente rappresentativa, collegata – quantomeno ideologicamente – alla più nota Unione degli Atei, Agnostici e Razionalisti, dove la Hack aveva già potuto esprimersi anni prima.
La concezione scientifica e progressista che ha sempre contraddistinto la visione d’insieme di Margherita Hack l’ha portata ad assumere alcune posizioni molto criticate, anche da coloro che più l’hanno apprezzata in tutti questi anni. Un certo scalpore suscitò una sua intervista del marzo scorso, dove riconobbe il valore storico progressivo del fascismo. Dalle colonne della rivista bimensile di area no-global Barricate, la scienziata sorprese tutti sostenendo che “quello che ha ottenuto il fascismo in campo sociale oggi ce lo sogniamo“. Al di là del giudizio ideologico e morale, l’astrofisica tenne a precisare: “Le conquiste sociali del fascismo? Non si trattava solo dei treni in orario. Assegni familiari per i figli a carico, borse di studio per dare opportunità anche ai meno abbienti, bonifiche dei territori, edilizia sociale. Questo perché solo dieci anni prima Mussolini era in realtà un socialista marxista e massimalista che si portò con sé il senso del sociale, del popolo”. Secondo la Hack, “in un certo senso il fascismo modernizzò il paese” e “nei confronti del nazismo fu dittatura all'acqua di rose: se Mussolini non avesse firmato le infamanti leggi razziali, sarebbe morto di morte naturale come Franco”. In definitiva il fascismo per l’astrofisica “resta una dittatura, ma anche espressione d'italianità” sulla quale “bisognerebbe fare un'analisi meno ideologica “.
E ancor “meno ideologica” era già stata la sua presa di posizione sul nucleare nel 2011, anno in cui più volte si dichiarò favorevole alla ricerca atomica in Italia suscitando un vespaio di polemiche soprattutto tra i suoi estimatori principali. L’astrofisica ricordò ai microfoni del TG5 l’atavica dipendenza energetica del nostro Paese dall’estero: “compriamo petrolio e metano dalla Libia, dall’Ucraina, energia nucleare dalla Francia, dalla Svizzera, dalla Slovenia; siamo circondati da centrali nucleari dei paesi confinanti (59 in Francia, 5 in Svizzera, 1 in Slovenia) e se un disastro succedesse a loro, noi ne avremmo gli stessi danni senza averne avuto i vantaggi”. Insomma, lo spirito scientifico non poteva fermarsi nemmeno di fronte alle simpatie accomodanti di un certo ambientalismo stereotipato che tende a non considerare in alcun modo i possibili vantaggi del ricorso all’energia atomica in termini ecologici ed economici, nella misura in cui abbatterebbe le emissioni di CO2 e le importazioni dall’estero. Come ribadì la Hack in quell’occasione, “se tutte le volte che l’uomo ha scoperto una nuova applicazione della scienza, si fosse fermato al primo incidente, saremmo ancora all’età della pietra e non avremmo mai messo piede sulla Luna”, ovvero “se dopo la scoperta del fuoco, lo si fosse abbandonato dopo il primo incendio della nostra foresta, saremmo ancora nel freddo e buio delle caverne, se dopo la caduta del primo aereo avessimo bloccato la ricerca, l’aviazione non sarebbe mai decollata” perché “d’altra parte da tutti i fallimenti si impara e si progredisce”.
La nostra società postmoderna ci impone ritmi e concezioni prestabilite, categorie sulla base delle quali viviamo e cresciamo come piccoli ingranaggi con ruoli inventati e spesso artificiali: un terreno dove il vecchio oscurantismo religioso e il nuovo laicismo liberale sembrano convivere sotto nuove forme e fondersi in un modello che ormai genera quasi solo paura e incertezza verso il futuro. La saggezza semplice e confortevole dei “grandi vecchi” conta sempre di meno. E oggi, con la scomparsa della Hack, siamo certamente un po’ più soli di ieri. Piacciano o meno le sue idee.
Andrea Fais – Agenzia Stampa Italia
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