Il “rumore” dei comitati ne sta "ingessando" in troppi casi lo sviluppo. La Regione Umbria è stata una delle poche in Italia a normare l’installazione degli impianti a fonti rinnovabili, peraltro in maniera estremamente rigida rispetto ad altre, in presenza di disposizioni nazionali che già disciplinano la materia. Quello che oggi fa notizia è la nascita di un comitato “contro” e non la proposta di un progetto di sviluppo, basato su processi e tecnologie consolidate e su procedure autorizzative chiaramente delineate. Il rischio è che un approccio demagogico e superficiale alle questione, faccia perdere di vista obiettivi strategici, che vanno oltre la logica miope “del proprio giardino”, che contribuirebbero a mantenere competitivo il sistema paese, in un’ottica di sostenibilità ambientale e sviluppo economico. Sotto questo aspetto Confagricoltura esprime preoccupazione per come potrà concretizzarsi la prossima programmazione comunitaria.
I fatti hanno inoltre dimostrato che questo atteggiamento di protesta ha avuto il solo risultato di produrre danni economici alle aziende che intendevano investire in questo settore. Ne è un esempio la vicenda della stalla e dell’impianto a biogas proposti dall’azienda agricola Opere Pie Riunite di Perugia, che sarebbero dovuti sorgere a S. Maria Rossa, nel comune di Perugia, i cui processi autorizzativi sono stati impugnati da un comitato locale. Ebbene la sentenza del TAR ha smontato le motivazioni sostenute dal comitato, tuttavia il danno economico resta e ad oggi le condizioni economiche e finanziarie rendono irrealizzabile l’intervento inizialmente proposto.
Confagricoltura Umbria si interroga pertanto su quale futuro si debba scommettere per lo sviluppo della Regione. Mentre l’Umbria è sempre più cuore verde d’Italia (la superficie boschiva è in costante aumento) non sembra ancora essere possibile lo sviluppo di attività che contribuiscano all’economia regionale e al mantenimento del territorio, con una gestione razionale delle risorse forestali e dei terreni agricoli.
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