(ASI) Il 24 marzo di quest'anno ricorrono tredici anni dall'inizio dei bombardamenti Nato sulla Serbia, l'Ambasciatore russo a Belgrado, Alexander Konuzin, li ha oggi ricordati affermando che "non vi era alcuna guerra contro Slobodan Milosevic, ma una guerra contro il popolo serbo che ha spianato la strada per il separatismo del Kosovo".
Konuzin ha poi sgombrato il campo dalla retorica umanitaria: "E' ovvio che la proclamazione unilaterale dell'indipendenza del Kosovo facesse parte del piano di divisione euro-atlantico della Serbia". Ma lo stesso rappresentante russo in Serbia ha affermato che "il problema del Kosovo resta ancora aperto". L'Ambasciatore ha poi proseguito: "I bombardamenti Nato mirano soprattutto obiettivi civili: ponti, strutture ferroviarie, centrali elettriche, linee elettriche, aziende e strutture per la raffinazione del petrolio".
"Il massiccio bombardamento - ha aggiunto Konuzin - era un atto di aggressione contro uno stato sovrano in violazione della Carta delle Nazioni Unite e inoltre una dimostrazione di potenza, destinata a rafforzare la pretesa di stabilire l'egemonia unipolare nel mondo".
Per Konuzin "il Kosovo è un terreno di prova dell'interferenza illecita della Nato, tramite i bombardamenti, negli affari di uno Stato sovrano". Egli ha puntato i riflettori sull'attualità in Medio Oriente: "Le sanzioni unilaterali e i preparativi di un'aggressione militare in Siria sono una ripetizione di ciò che è stato fatto tredici anni fa in Jugoslavia". Il rammarico è che "la Comunità internazionale non ha tratto le opportune conclusioni" da quella tragedia, giacché "innumerevoli civili serbi hanno avuto danni irreparabili dai bombardamenti" e "l'economia serba ha subito un tracollo dal quale non riesce a recuperare" ancora oggi.