La sua morte non sembra aver fatto particolare rumore qui in Italia, nella distratta terra natia di padre Tentorio, così come poca attenzione venne riservata, in passato, al tentativo di omicidio subito da lui stesso nel 2003 e scongiurato grazie all’intervento provvidenziale dei suoi parrocchiani. Del resto, le Filippine furono teatro di simili omicidi verso religiosi cristiani di origine italiana già nell’aprile 1985, quando padre Tullio Favalli fu freddato da paramilitari, e nel marzo 1992, quando la medesima sorte toccò a padre Salvatore Carzedda, ucciso da membri di un gruppo islamico. Ad altri due missionari italiani toccò invece la sorte meno dura del rapimento. Un accanimento anti-cristiano che attesta due importanti aspetti accomunati da una coltre di complice indifferenza da parte dell’opinione pubblica occidentale: da un lato il coraggio e l’altruismo (valori esemplari) che la scelta missionaria di tanti sacerdoti presuppone, dall’altro la pericolosa deriva che si sta verificando in alcuni luoghi di Asia e Africa a causa di intolleranza religiosa e profitto.
L’omicidio di Padre Tentorio, pur nella sua tragicità, può aiutarci a comprendere, spiegando i motivi che stanno dietro a questa barbara uccisione, la nobile rilevanza che il ministero dei missionari svolge in certe zone del pianeta. Padre Tentorio era un personaggio scomodo a tanti, visibili e invisibili nemici di un’armonia che la comunità dei lumad (un popolo indigeno nel quale il prelato italiano era integrato da tempo) riesce a coltivare mediante la vita di parrocchia e la condivisione della fede cristiana. Egli si batteva strenuamente per la difesa di questo idillio, impedendo che la morsa della globalizzazione vi si avventasse per immolare le specificità culturali sull’altare dell’interesse economico. In questo senso, il suo lavoro infaticabile spaziava dall’alfabetizzazione alla catechesi, senza trascurare la difesa della terra contro l’invasione e lo strapotere di compagnie minerarie e agricole. Il contesto nel quale il missionario viveva è, infatti, quello di un’isola, Mindanao, ricca di metalli preziosi e risorse del sottosuolo, oltre che di vasti terreni incontaminati facenti gola a latifondisti intenti alla coltivazione estensiva. Le parole che ora filtrano dagli ambienti missionari non lasciano adito a dubbi: “Era un personaggio scomodo perché - afferma padre Angel Calvo, missionario Clarettiano a Mindanao -, con la sua opera di alfabetizzazione e istruzione, insegnava agli indigeni i loro diritti, accresceva la loro consapevolezza civile, le loro responsabilità e possibilità. Quest’opera aveva un riflesso soprattutto nelle dispute sulle terre che grandi compagnie minerarie o grandi latifondisti volevano espropriare agli indigeni”. E, per espropriarle, queste enormi lobby industriali, non esitano a tradire il rassicurante aspetto che i loro eleganti rappresentanti ostentano nei palazzi del potere e nei gangli della finanza. Per comprare terreni, infatti, queste compagnie straniere ricorrono alla corruzione dei capi tribù, agli abusi fisici e psicologici verso gli indigeni e al reclutamento di paramilitari - talvolta strumentalizzati da motivi religiosi - pronti ad uccidere.
La data delle esequie non è stata fissata, ma certamente i funerali si svolgeranno a Mindanao, là dove l’amore cristiano di padre Tentorio è stato ricambiato da una popolazione fiera della propria cultura, affatto disposta a rinnegarla. La chiesa conosce il martirio fin dalle sue origini, sa sublimarlo in testimonianza di fede, ma ciò non costituisce un atteggiamento passivo rispetto alle persecuzioni perpetrate dai fautori dell’odio. Le mani degli sgherri che tormentano chi si batte per la difesa delle tradizioni e per la diffusione della civiltà sono armate da chi propugna un modello di sviluppo globalizzato e neoliberista. Ovunque risieda Mammona, è lì la base operativa di questa e di tante altre violenze che minacciano i cristiani nel mondo. Ed è lì che il seme dell’odio va neutralizzato.