Mattanza nel carcere di Manaus. Rivolta finisce nel sangue in Brasile. Il segretario alla sicurezza Fontes: «Mai visto nulla di simile»

brasilrecarcere(ASI) Manaus, Brasile - Una carneficina a colpi di fucile e machete, corpi massacrati, mutilati o scuoiati dietro le sbarre nei cesti della biancheria sporca. Una rivolta finita in un bagno di sangue che nel carcere di Manaus non ha risparmiato agenti e detenuti. Il presidente Michel Temer aveva già parlato di un'impennata degli episodi di violenza sulle strade dopo la fine delle Olimpiadi, ma la mattanza nella capitale dello Stato di Amazonas, nel nord ovest del Brasile, si è rivelato l'episodio di sangue più efferato del Paese.

La causa un regolamento di conti fra due cartelli del narcotraffico sudamericano. Gli affiliati della Familia Do Norte, che governano a Rio De Janeiro, hanno attaccato per primi i detenuti del Primer Comando de la Capital, organizzazione nata nelle favelas di San Paolo. In 87 sono fuggiti attraverso i 16 tunnel che sono stati scavati sotto le recinzioni, in 40 sono stati ricatturati nei posti di blocco collocati d'urgenza dalla polizia, tanti altri sono stati massacrati, circa 60 fra le sbarre del complesso penitenziario Anisio Jobim Compaj.

Diversi video amatoriali dello spargimento di sangue sono stati diffusi sul web attraverso reti televisive locali, mentre il segretario alla sicurezza pubblica Sergio Fontes parla di «un atto di violenza mai visto prima, senza precedenti perfino in una realtà efferata come quella delle favelas brasiliane».
Luiz Carlos Valois, che per la polizia ha negoziato con i leader della rivolta, ha detto di non aver avuto difficoltà nel convincere i carcerati a deporre le armi, ma per molti di loro era ormai troppo tardi. Perfino 12 agenti penitenziari sono stati tenuti come ostaggi e liberati solo dopo le 17 ore di violenza che hanno messo in scena anche sei decapitazioni.

Non è un caso che una rivolta di questo tipo sia scoppiata proprio nello Stato di Amazonas e qualche mese dopo la fine dei Giochi Olimpici brasiliani.
Le autorità avevano pacificato i cartelli del narcotraffico con grande fatica alla vigilia delle competizioni sportive, mentre Manaus, una città da oltre due milioni di abitanti, resta il principale crocevia del mercato della droga che viaggia dalle città carioca fino ai centri abitati di Venezuela e Colombia, i due Stati confinanti. Per la polizia gli scontri fra narcos sono difficili da prevenire perfino in carcere. In quello di Manaus ci sono gerarchie che possono essere consolidate solo attraverso la violenza.
«Tutti i cadaveri ritrovati hanno subito sevizie, un chiaro messaggio a tutti i nemici della Familia Do Norte, reclusi o meno che siano», ha aggiunto Fontes.

Lorenzo Nicolao - Agenzia Stampa Italia

 
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