L’«Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale». L’Ezln si costituisce formalmente nel novembre del 1983 e combatte a fianco degli indigeni locali tutelandoli dal punto di vista sociale e politico. Il primo gennaio del 1994 dichiara guerra al governo federale del Messico e occupa sette comuni del Chiapas. L’attacco è avvenuto in concomitanza con l’entrata in vigore del «North American Free Trade Agreement», il trattato di libero mercato tra Messico, Stai Uniti e Canada. Gli zapatisti, in poche parole, con l’attacco del 1994, hanno dichiarato di essere ancora vivi nel bel mezzo della globalizzazione; pronti a difendere la loro terra e le popolazioni del posto dall’avanzare degli interessi economici e strategici.
Il nemico è il sistema. Ettore Mo in un interessante reportage del 2006 sul subcomandante Marcos, citando le parole di Andrés Aubry, uno storico di origine francese che vive nel Chiapas da oltre trent’anni, scrive che «per gli zapatisti, il nemico non è il governo di Mexico City ma il sistema: antico, obsoleto che va cambiato nel mondo intero. Marcos è vissuto per oltre vent’anni nella selva. È un uomo limpido, non è avido, non è corrotto, non si è arricchito. Tutto l’opposto di tanti nostri politici con le chiappe incatramate sulle sedie del potere».
Il «massacro di Acteal». Il 22 dicembre del 1997 nella zona degli Altos del Chiapas, alcuni gruppi paramilitari si scagliano sulla piccola comunità di Acteal che stava pregando in chiesa, e uccidono 45 persone, bambini compresi. Le vittime di questo massacro facevano parte dell’associazione di fede cristiana «Las Abejas», guidata dal vescovo Don Samuel Ruiz, il «Tatik» (padre) degli indigeni, scomparso due anni fa. La loro colpa? Pur essendo un movimento pacifista e non violento, «Las Abejas» appoggiava e appoggia le posizioni identitarie dell’Ezln. E la giustizia, come spesso succede, latita: molti dei responsabili del «massacro di Acteal» sono ancora liberi.
Fabio Polese – Agenzia Stampa Italia