(ASI) Alla vigilia Iniesta aveva snobbato l'Italia, dicendo che la Spagna è la Spagna e, quindi, l'Italia non poteva far paura. È finita con gli spagnoli atterriti per la lezione di italiano ricevuta dai cugini latini. Un calcio organizzato, testa fredda e cuore caldo. La mano di Conte che trasforma un gruppo senza eccelse qualità in una squadra vera, orgogliosa, cinica, e coraggiosa al tempo stesso.
Forse per la grande Spagna è davvero la fine di un ciclo, l'invincibile armata è diventata battibile. Ma questo non sminuisce e, anzi, sottolinea i meriti dell'Italia. La partita (quasi) perfetta ha schiantato la corazzata di Del Bosque, mai in difficoltà come stasera nel proporre il suo gioco ritmato da interminabili passaggi. Stasera la difesa alta dell'Italia ha interrotto i fili della ragnatela spagnola e le ripartenze in velocità e in verticale hanno scoperto le retrovie iberiche e i punti deboli dei campioni europei uscenti. L'Italia resta una squadra dalla cifra tecnica non di prima fila, ma si conferma anche la nazionale dei maestri della tattica e dell'organizzazione. Se a questo si unisce la carica e lo spirito di gruppo che Conte ha saputo dare ai suoi, le quotazioni del calcio italiano salgono, malgrado una classe dirigente del calcio incapace di mettere a valore l'immenso patrimonio di giovani che in tutta la penisola praticano questo sport. Malgrado i Tavecchio e i tanti presidenti avventurieri che popolano il calcio italico, la Nazionale ha saputo trovare la sua quadratura. Ora, per un assurdo tabellone, ci tocca la Germania, che era e (diciamolo, non solo per scaramanzia) rimane favorita, ma adesso è anche avvisata.
Daniele Orlandi - Agenzia Stampa Italia