(ASI) Roma. Pensi alla Coppa Italia e dici Juve. Per il club torinese è l’undicesimo alloro, il secondo di fila. Meritato? Dipende dai punti di vista. Da una parte sì perché ha avuto un cammino molto meno agevole rispetto ai rossoneri, quasi impeccabile se escludiamo il retour match contro l’Inter in semifinale.
Dall’altra meno, perché il Milan ha giocato una gara coraggiosa, a viso aperto e creando anche occasioni importanti, sfruttate vuoi per imprecisione vuoi per precipitazione. Ha deciso Alvaro Morata, che radiomercato dà ad un passo dall’addio, proprio quando sembrava materializzarsi lo spettro dei rigori. E grazie a lui i bianconeri vincono tre trofei su quattro, cosa mai successa nella storia. Brava la Juve ma bravo anche il Milan, che probabilmente avrebbe meritato di giocarsi il trofeo nella lotteria dei tiri dal dischetto, ma oramai il dado è tratto.
MILAN, AVVIO A TUTTO GAS - Massimiliano Allegri alla vigilia lo aveva detto: “Scommettete che la formazione non la indovinate?”. Detto fatto. A sorpresa a centrocampo è Lemina a spuntarla sui vari Asamoah e Sturaro. Sorpresa, ma fino ad un certo punto, nel Milan, che manda in campo come esterno di destra il giovane Calabria, elemento di grandi prospettive, nel 4-3-3, voluto da Christian Brocchi. Che il suo Milan non abbia alcuna voglia di recitare la parte dell’agnello sacrificale lo si capisce sin da subito, quando cerca di impostare la partita attuando un pressing alto di notevole portata. La Juventus fatica almeno inizialmente a costruire gioco e anzi è costretta spesso e volentieri a subire l’iniziativa dei rossoneri. Il più attivo in questo frangente è l’ottimo Bonaventura, che va vicino al gol in un paio di circostanze,ce in maniera molto netta: la prima al 13’, con l’ex atalantino che manda fuori di piatto da posizione vantaggiosa su cross di Calabria; la seconda circa dieci minuti dopo, quando è Neto a doverci mettere una pezza su un suo tiro improvviso in area con un intervento goffo ma efficace. I bianconeri tentano di mettere la testa fuori dal guscio con alcuni cross dalle fasce ma niente di più; è il Milan a rendersi ancora pericoloso. Minuto 38: su un errato passaggio in orizzontale dei difensori juventini mette in movimento Honda, che serve a centro area Poli il quale fallisce in pratica un rigore in movimento.
ALLEGRI CALA L’ARTIGLIERIA PESANTE, MA NON BASTA – La prima frazione ha evidenziato un Juve troppo passiva. Non sapremo mai se è una tattica stabilita a tavolino, ma i fatti parlano chiaro. Allegri sa che deve cambiare qualcosa e cala gli assi sulle fasce, mandando in campo Alex Sandro e Cuadrado, naturalmente al posto di Evra e Lichsteiner, non apparsi nella loro miglior serata, ma il canovaccio non subisce sostanziali variazioni. Anzi, i rossoneri rischiano di passare un paio di volte, entrambe con Bacca, anticipato al 9’ da Lichsteiner e al 15’ da Mandzukic in ripiegamento difensivo. I bianconeri non riescono a sfondare sulle corsie laterali, tranne in un caso, esattamente al 23’ quando Pogba viene ottimamente servito sulla sinistra da Alex Sandro e mette in difficoltà Donnarumma prima e la difesa milanista poi, che se la cava con affanno. Brocchi prova poi a giocare la carta Niang ma non è al top e si vede. Successivamente la stanchezza inizia ad affiorare, con molti errori a centrocampo da ambo le parti, e i supplementari sono inevitabili.
IL JOLLY ARRIVA DALLA PANCHINA – È sempre Allegri che veste i panni del mago. Dentro Morata al 3’ del secondo extratime e dentro Morata. Che al 5’ punisce l’unica indecisione della difesa rossonera con una girata al volo su cross di Dybala. A nulla vale l’assalto finale degli avversari, finisce 1-0 con il pubblico bianconero in delirio. La Juve è campione per il secondo anno di fila e si gode giustamente la festa. Esattamente come un anno e mezzo fa.
Enrico Fanelli – Agenzia Stampa Italia
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