(ASI) Niente di buono a Benevento per il Perugia. Una sconfitta senza appello che mette per lo meno in discussione le prospettive di affidabilità del Perugia che, come ad Empoli, perde nettamente senza creare quasi nulla.
E, in aggiunta, l’infortunio di Falzerano (uscito con un tutore al gomito) e l’espulsione di Carraro. Come a dire che il centrocampo a Salerno sarà tutto da inventare. Ancora una volta, al cospetto di una grande della serie B il Perugia non esprime personalità, regala la prima mezz’ora, subisce il solito gol evitabile, non reagisce quando e come potrebbe e dovrebbe, nemmeno quando è in superiorità numerica. Manca di personalità e di coraggio, il Perugia, e non dimostra neppure spirito agonistico e di sacrificio quando dovrebbe reagire. Il Benevento conferma di essere squadra quadrata, astuta, capace di fare in ogni fase della partita ciò che serve, con concretezza e scaltrezza. È squadra tecnica, ma anche molto fisica, che difficilmente si fa sorprendere sul piano tattico e dell’equilibrio in campo. Il centrocampo del Perugia fa girare palla con lentezza e senza lucidità: il Benevento ha buon gioco a chiudere ogni possibilità e a ripartire in modo ficcante. Su un rovesciamento di fronte nasce il gol, con un traversone da sinistra, Insigne che la può colpire di testa tutto solo e rimetterla al centro, Vicario che la devia sui piedi di Armenteros, anche lui solo sul secondo palo e facilitato nella battuta a rete. Il Perugia non reagisce bene, perde in fisicità sulle seconde palle e solo nel finale del primo tempo tenta qualche timida sortita in avanti. La ripresa con le sostituzioni e la superiorità numerica induce Oddo a cambiare due volte modulo. Gli ingressi di Fernandes per Falzerano, Dragomir per Kouan (ammonito) e Melchiorri per uno spento Falcinelli non cambiano le cose, a dimostrazione che il problema è più nelle teste che nelle gambe dei grifoni. E la superiorità numerica per l’espulsione di Tello non viene sfruttata. Mancano lucidità e personalità. Manca la capacità di interpretare con intelligenza l’evolversi della partita, che invece i campani non perdono mai. Tutte cose, questo è il punto, che fanno grandi sul campo le buone squadre sulla carta. Cose su cui lavorare alquanto, perché imprescindibili se si vogliono coltivare ambizioni importanti. Questo vale per i musicanti. Mentre per il direttore d’orchestra Oddo verrà certo doverosa la riflessione se non sia arrivato il momento di fare scelte stabili per la formazione. Se qualcuno resterà fuori più a lungo, da professionista dovrà cogliere l’occasione per prepararsi meglio per quando entrerà.
Daniele Orlandi-Agenzia Stampa Italia