(ASI) Perdere la testa senza perdere il primato e salvando comunque la faccia e l’onore. Mordersi i gomiti per aver sbagliato l’approccio nei primi 15′, quelli che Camplone aveva pronosticato come i più difficili.
Covare la rabbia per aver subito due espulsioni da pivellini con uomini esperti che hanno indebolito la squadra nel momento del massimo sforzo per raggiungere il risultato. E sentire forte il rammarico per aver messo sotto lo Spezia in nove contro undici e aver sfiorato addirittura il pari (sarebbe stato meritato) colpendo una traversa con Comotto. È amara la giornata affacciata sul golfo dei Poeti. Amara e piena di rimpianti. Cosa sarebbe stato se il Grifo non avesse affrontato in maniera molle l’inizio della partita contro uno Spezia tutto (solo?) furore agonistico? E cosa sarebbe stato se il Perugia avesse potuto giocare alla pari l’ultima mezz’ora, nella quale la squadra ligure era in apnea e mostrava tutti i suoi attuali limiti? Senza tralasciare le due occasioni fallite da Rabusic ad inizio ripresa, ancora undici contro undici.
Occorrerà ripartire da qui, senza drammatizzare una giornata storta. La prestazione c’è stata, per molti versi confortante. È mancata la gestione mentale delle fasi critiche dell’incontro: il primo quarto d’ora e la fase centrale della ripresa, con i due cartellini rossi. Il Perugia ha iniziato a giocare come sa una volta rimasto in nove, come se si fosse liberato mentalmente.
La sconfitta al Picco è immeritata nella sostanza, ma lascia materiale su cui riflettere per Camplone e tutti i grifoni in vista della partita con il Frosinone, che sarà una riedizione di quella del 4 maggio nel senso che sarà ancora prima contro seconda. Poi, si dovrà valutare lo stato di tenuta psicofisica di qualche giocatore impiegato finora senza soluzione di continuità e le possibili alternative, tra squalificati, infortunati e convocati in nazionale. Perché lo stress genera nervosismo e il Perugia non può permettersi ulteriori crisi di nervi.
Daniele Orlandi – Agenzia Stampa Italia