(ASI) Antonio Gramsci diceva che ogni movimento rivoluzionario è romantico per definizione. È un concetto che, in linea di massima, trova applicazione anche nel calcio.
Spesso il romanticismo, l’ispirazione artistica e la rappresentazione delle emozioni, mal si sposa con ragione e praticità. Quando l’Avvocato Agnelli, illuminato e razionale, appoggiò la rivoluzione bianconera, Gigi Maifredi giunse a Torino con una valigia colma di bottiglie di champagne.
Ne venne fuori una stagione tormentata per la Vecchia Signora, che mai potè solleticarsi il palato con quelle bollicine tanto decantate da Montezemolo. Qualche anno più tardi, un altro Gigi, quel Delneri artefice del miracolo Chievo, salpò col suo poderoso vascello dal porto sicuro di Genova convinto di poter domare anche le acque agitate del Po. Se ne tornò mestamente a Genova - questa volta sponda rossoblù - dopo un anno sabbatico, ma a bordo di una zattera.
Alla Juventus è importante vincere, anzi, per dirla con le parole del club, è l’unica cosa che conta. Un concetto razionale che ha poco a che vedere con il romanticismo che anima un movimento rivoluzionario. Ecco perché del Sarrismo, all’ombra della Mole Antonelliana, non c’è traccia. E, forse, non ce ne sarà mai.
A Sarri potrebbe non bastare vincere l’ennesimo scudetto della storia bianconera per ottenere la riconferma. Solo la Champions League cambiarebbe le carte in tavola. Ma a Torino è una coppa che, nonostante le grandi orecchie, faticano ad acciuffare.
Del resto, volendo citare Nelson Mandela, il difficile di una rivoluzione è proprio portarla avanti. A meno che non se ne cominci un’altra, con in sella un uomo che conosce molto bene vizi e virtù della Juventus. Qualcosa c’è stato, ma si è trattato solo di chiacchiere tra vecchi amici. E pur si muove! In atto bolle un’abiura al Sarrismo.
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Raffaele Garinella - Agenzia Stampa Italia