(ASI) Napoli - Nello storico Rione Sanità, già cuore della "guapponeria" partenopea, il 15 febbraio 1898, nasceva il "Principe della Risata", il grande Antonio De Curtis, in arte, conosciuto da tutti come Totò. Qui, è ancora presente, visibile e visitabile la sua casa natale in Via Santa Maria Antesaecula 110.
Totò oltre ad essere probabilmente il più grande interprete della comicità all'Italiana sia in teatro, sia al cinema, sia in televisione, é uno dei più grandi attori italiani, raggiungendo livelli che attualmente sono pressoché inarrivabili, contraddistinguendosi dagli artisti odierni, anche per essere un uomo che non è mai sceso a compromessi col potere, né che questi fosse il governo fascista di Benito Mussolini, né i partigiani, né i politici dell'Italia repubblicana democratica, né tantomeno i "liberatori" americani.
Nessuno era risparmiato dalle sue ironiche e satiriche battute che nascondevano sempre una verità.
Totò, ad esempio, durante la campagna fascista di abolizione del "Lei", in uno spettacolo trasformò Galileo Galilei in Galileo Galivoi. Un gerarca fra il pubblico denunciò l'attore, ma lo stesso Mussolini archiviò il caso, commentando "fesserie".
Nel 1945, durante il tour di un suo spettacolo che aveva già toccato Roma, Firenze e Siena, in cui Totò faceva la caricatura di Napoleone, alla presenza di alcuni partigiani recitò la battuta "Imputati, alziamoci!", con cui voleva denunciare alcuni crimini impuniti commessi, e alla fine dello spettacolo fu avvicinato e colpito in viso da uno di loro.
Totò, con la sua sana ironia non risparmiò critiche nemmeno al clientelismo della politica elettoralistica democratica e ai vizi del sistema di voto.
"A proposito di politica, non ci sarebbe qualche coserellina da mangiare?" (Fifa e Arena, 1948).
"Italiani! Elettori! Inquilini! Coinquilini! Casigliani! Quando sarete chiamati alle urne, per compiere il vostro dovere, ricordatevi un nome solo: Antonio La Trippa. Italiano! Vota Antonio La Trippa! Italiano! Vota La Trippa!" (Gli Onorevoli 1963).
Tantomeno gli Stati Uniti e l'Urss sono risparmiati con la cortina di ferro della Guerra Fredda che scese nel secondo dopoguerra sull'Europa, con, ad esempio, il film "Totò e Peppino divisi a Berlino" (1962) che denuncia in maniera ironica la grottesca situazione di Berlino divisa in due parti fra Americani e Russi.
Totò era un attore che oggi probabilmente non avrebbe uguali nel suo genere, perché ciò che lo ha reso immortale era proprio il fatto che lui si esibiva esclusivamente per il suo pubblico che lo adorava e che lui amava.
Totò era un vero principe, non solo "della risata", non solo di sangue (in quanto era un Principe Bizantino), ma soprattutto nel cuore, in una Napoli del dopoguerra fra "miseria e nobiltà" che raggiungeva spesso a notte fonda per donare banconote alle famiglie povere del Rione Sanità, lasciandole sotto l'uscio di casa. Ma, anche al ristorante e, con le maestranze che lavoravano, era eccezionale, aiutando quando poteva i più umili, i più bisognosi.
Questo lo rende veramente un gigante, un personaggio non solo artisticamente, ma anche moralmente di spessore, in perfetta antitesi con i vip e i volti noti dell'Italia attuale che livellati per lo più verso la mediocrità, hanno perso ogni coscienza critica e non hanno alcun coraggio di alzare la testa, di dire la verità sulle vicende politiche e sociali nazionali e internazionali, omologati e meri strumenti di propaganda del pensiero unico imperante.
Totò, invece, venerato in foto come l'icona di santo in molte case popolari del meridione d'Italia, era il parafulmine degli Italiani, dietro cui difendersi dalle brutture e dalle difficoltà quotidiane della vita, dalle prepotenze dei potenti che l'artista esorcizzava e cercava di risolvere con pillole di sapere e di sana ironia, e tutto ciò lo ha immortalato nella storia dell'Italia del Novecento come un personaggio, un mito della sapienza popolare italiana.
Cristiano Vignali - Agenzia Stampa Italia