(ASI) La “crisi dell’Occidente” o il “tramonto dell’Occidente” e affini sono diventati elementi essenziali di un vero e proprio genere letterario. A tratti stucchevole, talvolta meglio congegnato. In ogni caso, a fronte di uno dei titoli sopra richiamati, chiunque frequenti appunto quel genere letterario sa già cosa aspettarsi.
Oggi ho letto, sulle colonne de La Verità, un raffinato elzeviro di Veneziani sul “tramonto dell’Occidente” e sulla necessità di “risvegliarsi”. Non c’è niente di nuovo sotto il sole. Un paradosso: tutto necessario, sia chiaro. Non si può non tematizzare la drammatica vicenda della civiltà occidentale nella sua decomposizione e ultimamente disgregazione, a onor del vero. E tuttavia, ripeto, niente di nuovo sotto il sole.
Lo sappiamo tutti, anche se le rimozioni sono numerose: l’Occidente è oggi una sorta di “espressione geografica” non meglio definita, perché, di fatto, trattasi di invenzione, come Cardini scrisse in un importante testo, dunque sarebbe più corretto parlare di “espressione ideologica”.
Aggiungiamo che siffatta realtà è priva di oggetto, salvo il suo aprioristico porsi come “nome”: non sarebbe più onesto parlare di anglosfera occidentalista?
D’altra parte, niente accade per dominio del caso o per invadenza insuperabile del destino cinico e baro. Da circa sei secoli, il pensiero e la società si è messa di traverso al Fondamento da cui tutto è originato e l’esito ultimo e più grave è stato il suicidio. Anni fa scrissi un libro sul “suicidio della modernità”, mettendo in rilievo come la distruzione delle radici cristiane abbia causato anche parallelamente la distruzione di ogni sana forma di laicità, finendo per far ricadere la civiltà “occidentale” in un neofondamentalismo postmoderno a base di radicalismo laicista, diritti individuali affermati nel deserto delle comunità umane, individualismo libertario. Il nuovo totalitarismo, come scrisse genialmente in tempi non sospetti Augusto Del Noce. La laicità fondata sul genio della persona e sulla libertà personale agganciata alla verità è stata asfaltata dalle tecnostrutture burocratiche e dalla megamacchina capitalistico-mercatista. A coronare il “successo” di queste operazioni storico-ideologiche, l’inverno demografico, conseguenza oggettiva pesantissima di questa temperie ideologica, che ha avuto fra i suoi vati gente come Vattimo e, in America, Rorty, il primo filosofo a mettere la bomba a orologeria sotto la sedia dell’ultimo filosofo in cerca della verità, grazie alla sentenza: “La democrazia è fondamentale, la filosofia no”. Piccolo dettaglio: la prima deriva in larga misura dalla seconda e, con Maritain e molto pensiero cattolico, fino a Del Noce, essa ha perfino condotto una battaglia per la verità e l’etica oggettiva. In questo caso, la lettura della censurata “Veritatis splendor” di Giovanni Paolo II (1993) sarebbe alquanto salutare. Gli anni Novanta sono stati il fronte dirompente dell’ultimo stadio della crisi dell’Occidente, e questo è ancora un nodo da affrontare.
Ha certamente ragione Gotti Tedeschi: la crisi demografica è causa di tutto il male occidentale. Ma la crisi demografica stessa ha radici ideologiche e perfino filosofiche che hanno visto troneggiare lo svuotamento e la scomparsa dell’anima e il rapporto dell’io con l’Infinito. Nessuno si sacrifica per un altro e genera vita se il respiro della sua esistenza non è segnato da questo orizzonte. Un orizzonte che si è fatto carne ed è, da sempre, a noi contemporaneo, come Kierkegaard amava ripetere: Cristo.
Il “Redentore dell’uomo”, come afferma con espressioni insuperabili la prima enciclica di Giovanni Paolo II, la “Redemptorhominis”, del 1979.
Questa è la costellazione mistica, culturale, etica ed antropologica a fondamento della civiltà europea, mediterranea, in seguito, grazie ad un triplo salto carpiato favorito dalla Dottrina Monroe (1823), definito “Occidente”.
La “coperta di Linus” delle varie sette di liberali e nichilisti in servizio permanente effettivo, ovvero la “laicità” come anti-cristianità e anti-religiosità ha prima decostruito e poi destrutturato le fondamenta della società e perfino la stessa idea di società. Una delle conseguenze di questa operazione di lunga e tenace lena ha spolpato anche il movimentismo sociale che, perfino durante il primo e secondo decennio del Novecento, aveva definito l’Italia e l’Europa. Ma vale la pena ricordare che “una vera società è un flusso di movimenti che nascono dalla persona e dal basso” (Luigi Giussani). In piena epoca di T.I.N.A. (ThereIs No Alternative), però, si va in tutt’altra direzione e, a quanto pare, dati alla mano, tutto sta precipitando, Pil e politica inclusi.
Oggi lo riconoscono anche i francesi più intellettualmente onesti. Leggiamo Laurence de Charette sulle colonne del prestigioso Le Figaro, 8 settembre 2023:
«Lungi dall’essere secolarizzata, la società francese è ormai completamente scristianizzata, sia spiritualmente che culturalmente: la tradizione cristiana, i suoi testi, i suoi fondamenti e la sua storia sembrano essere sprofondati, anima e corpo, in un abisso da cui nessuno pensa di tirarsi fuori».
Io ho studenti che, per pregare il Padre nostro, ha ormai bisogno del consulente. E questa deriva non fa male alla cristianità, ma a tutto il mondo che da essa è nato ed ha preso forma. Esperimento mentale: chiudiamo gli occhi ed immaginiamo la nostra città senza la cattedrale o le chiese, i musei, gli stessi edifici civili, la cultura locale, foss’anche di segno anti-cristiano, perché perfino Mazzini leggeva i Vangeli. Non rimane più niente. Anzi, qualcosa rimane: il deserto del reale. L’espressione è del filosofo comunista sloveno Zizek, che è così tenacemente anti-capitalista da afferrare che, nel deserto senz’acqua, anche i cammelli ci lasciano la pelle, prima o poi.
Tutto qua, si fa per dire. Non mi basta neanche la chiacchiera sul Sacro, perché non c’è niente di più equivoco di questa categoria separata dall’Incarnazione di Cristo. Anzi, il “sacro” come separatezza gnostica alimenta il nichilismo post-nietzschiano, che francamente fa più danni della peste nel Trecento.
In questa cornice storico-ideologica, il cosiddetto “Occidente” non poteva che ritradursi in “occidentalismo”, che è, di fatto, l’ultima versione del nichilismo in salsa global-mercatista. Una deriva, questa, che, tra l’altro, fa strame perfino del liberalismo nella sua più schietta e ortodossa foggia. Una società come quella attuale, dominata dal gigantismo costtuttivista calato dall’alto, ha tratti che rasentano il Terrore di Robespierre & C. E chi parla più liberamente, salvo essere sottoposto ad indagini, alla messa in questione della credibilità, onorabilità e infine messo alla porta? Per affermare in pubblico che un individuo con un patrimonio genetico XX è femmina e un individuo con un patrimonio genetico XY è maschio, oggi ci vuole la scorta. Per controbattere, argomenti alla mano il “razzismo sistemico”, altro moloch ideologico della Wokeideology, devi munirti di avvocato combattivo e qualificato, e via discorrendo. La società che nasce dal basso grazie all’azione ed al pensiero delle persone è fatta così? Ѐ, questa, una società liberale? O, per dirla con il tono culturale dominante, liberaldemocratica (senza trattino, è una nuova entità, come un eone gnostico, appunto)? Ebbene, se così fosse, tenetevela. Io rimango cattolico, mediterraneo, italiano, europeo e anti-occidentalista (quindi anti-eurocrazia giacobina e costruttivista).
L’Occidente aveva una sola strada, dopo il fallimento dell’ultima truffa ideologica targata “fine della storia”, ossia reinventarsi come “occidentalismo” e rimescolare le carte in modo schmittiano, dopo aver proclamato urbi et orbi che la tenaglia ideologica Amico-Nemico non le apparteneva, giammai, anche se fior di carriere accademiche di sinistra erano fiorite grazie al giurista tedesco attivo durante il nazismo e certamente geniale, Carl Schmitt.
Invece, oggi, chiunque scriva o affermi le tesi di questo articolo si sente ribattere: “E allora Putin? E le autocrazie? Sei putiniano? Vai in Russia e te ne accorgi…”. Hitler ha messo in piedi il nazismo in funzione anti-bolscevica, come Nolte ha dimostrato, e le liberaldemocrazie (senza trattino) mettono in piedi l’occidentalismo in funzione anti-Brics, una realtà che mette insieme sette miliardi di abitanti del pianeta, naturalmente tutti inferiori perché non genuflessi di fronte alla liberaldemocrazia (senza trattino), occidentalista e nichilista.
Del Noce docet: « (…) Il nichilismo è, insieme, insuperabile da parte laica, e inevitabilmente proiettato verso la catastrofe. Il fatto del nichilismo richiama insomma come attuale l’idea di cristianità” (Cristianità o precipizio, pubblicato sul periodico Il Sabato, IX, n. 30, 26 luglio 1986). Sua la geniale categoria di “eresia occidentalista”, da me ripresa come titolo del presente articolo.
Sono passati circa quarant’anni e queste parole sono più attuali delle ultime note geopolitiche dei vari militanti liberaldemocratici (senza trattino), nichilisti e occidentalisti in servizio permanente effettivo.
P.S.: ecco perché quest’anno farò leggere e studiare ai miei studenti un classico a diciotto carati del liberalismo oggi assente, come ho cercato di argomentare, ossia John Stuart Mill, On Liberty (Sulla libertà), pubblicato nel 1859, tre anni dopo la Guerra di Crimea, che vide sul fronte anche i primi inviati di guerra, inglesi e anche un certo Tolstoj volontario, senza peli sulla lingua, che ciò piacesse o meno al governo in carica.
Raffaele Iannuzzi – Agenzia Stampa Italia
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