(ASI) Nei dibattiti specie televisivi sull’argomento, si sente una sorta di mantra, ripetuto ossessivamente dagli “atlantisti russofobici” che imperversano nei programmi, specie serali, su questo argomento: c’è un aggressore e un aggredito. L’aggressore è la Russia, l’aggredita è l’Ucraina.Questo è il quadro finale di una vicenda e, come a tanti altri popoli, vittime di guerre, agli ucraini va la nostra solidarietà.
Ma si tratta di un fatto che ha un inizio e una fine e se non lo si guarda nella sua interezza, non ci si capirà nulla
E invece,ogni tentativo di riportare indietro nel tempo la vicenda e cercare di ricostruirla in maniera organica, come si fa o si dovrebbe fare nei processi, viene subissato da invettive, smorfie, aggressioni verbali di ogni tipo.
Questo è il sistema per non capire nulla del problema e, soprattutto, per non farlo comprendere agli ascoltatori, tanto ci sono Biden, Zelenskij e ora anche Boris Johnson che ci…..pensano per noi.
E invece, cercherò di seguire il percorso inverso. Se andassi da un medico perché ho una malattia, questi mi chiederebbe l’”anamnesi” dal giorno in cui sono iniziati i disturbi, se non da qualche tempo prima.
E allora:
Cominciamo da lontano, perché è il modo migliore per non sbagliare il percorso.
Una considerazione di esordio che si tende a dimenticare: L’Ucraina e la Russia, intanto, hanno la stessa originein San Vladimiro di Kiev, Gran Principe di Kiev che, nel 988, all’incirca,abbracciò il cristianesimo con tutta la popolazione, di origine composita, ma in genere vichinga o variaga e finno baltica, che fece battezzare nelle acque del fiume Dnjeper. Questa entità statuale comprendeva la Russia occidentale, le aree baltiche, l’Ucraina e la Bielorussia e Polonia, tutto il mondo oggi in aspro conflitto, per procura.
Dopo alterne vicende storiche, l’Ucraina che, etimologicamente, significa “Marca”, cioè territorio di confine, divisa tra Polonia e Impero russo, entrò a far parte, nel 1922, dell’Unione Sovietica, come membro fondatore ed espresse personaggi importantissimi nella storia dell’URSS, come Trotsky, Kruscev, Brezhnev.
In seguito all’implosione dell’Unione Sovietica, l’Ucraina proclamò la sua indipendenza nell’agosto del 1991, diventando uno Stato sovrano.
Da tale data sino ad oggi,la relazione tra Mosca e Kiev è stata mutevole, sia a causa della presenza di un’area legata all’Occidente, nella parte occidentale dell’Ucraina e di un’area, ad est, con storici legami con la Russia sia a causa dell’alternanza tra governi filo-russi e governi più vicini all’Unione europea e all’Occidente.
Ciò aveva portato alla famosa Rivoluzione arancione del 2004, conclusasi con l’annullamento delle elezioni risoltesi in un primo tempo con la vittoria di Janukovych sul rivaleJuščenko.
Come s’è detto, anche la popolazione è rimasta divisa su due aree diverse: da una parte c’è chi vede la Russia come il principale alleato e partner commerciale; dall’altra chi vorrebbe una maggiore integrazione con l’Occidente, in particolare con l’Unione europea, e l’adesione dell’Ucraina alla Nato.
E ora, non si può proseguire su questa cronologia, senza soffermarsi un attimo su Victoria J. Nuland, un personaggio estremamente potente e influente ma curiosamente tenuto in ombra nella stampa mainstream, anche per via di episodi come minimo imbarazzanti della sua attività di cui parlerò.
È una diplomatica statunitense di carriera, ma soprattutto coinvolta in rapporti con i principali produttori di armi del suo paese, tra cui General Dynamics, Northrop Grumman e altre società, i cui profitti crescono in proporzione al bellicismo della politica estera degli Stati Uniti e che in parte ritornano ai loro mentori nei corridoi di Washington, tra cui Nuland, sposata con Robert Kagan, uno dei neocon più duri e guerrafondai che si trovino negli States.
Entrambi hanno una parte significativa di responsabilità perché sono tra coloro che hanno progettato i tremendi fallimenti militari in Afghanistan, Iraq e Siria, tra le altre avventure di guerra.
Tra il 2003 e il 2005, la Nuland è stata una dei principali consiglieri del vice–presidente Dick Cheney e una fervida promotrice dell’invasione e dell’occupazione dell’Iraq, una politica che negli anni ha provocato, come minimo, mezzo milione di morti.
Nel suo secondo mandato, il presidente George W. Bush l’ha premiata per la sua belligeranza e l’ha nominata ambasciatrice alla NATO tra il 2005 e il 2008, durante il quale è stata coinvolta nell’organizzazione del sostegno internazionale all’occupazione statunitense dell’Afghanistan, si è visto con quali brillanti risultati.
Quello che più conta, però, è che nel 2013, Barack Obama l’ha nominata Assistente Segretario di Stato per gli Affari Europei ed Eurasiatici, posizione che le è servita per promuovere attivamente le proteste dei gruppi nazionalisti e neonazisti contro il governo di Viktor Janukovych, allora presidente dell’Ucraina e rappresentante del Partito delle Regioni, contrario all’assimilazione dell’Ucraina da parte dell’Unione Europea e della NATO.
E qui comincia l’ingerenza esplicita degli Stati Uniti sull’Ucraina.
La Nuland non solo ha appoggiato il “golpe morbido” maha partecipato personalmente alle manifestazioni inscenate dall’estrema “destra” in piazza Maidan a Kiev alla fine di dicembre 2013 (vds. Victoria Nuland, “Un personaggio losco nella crisi ucraina”, di AtilioBorón, in @Contropiano, Giornale comunista on line, Febbraio 2022).
In Ucraina, allora, vi era il legittimo Governo di Viktor Janukovych, già Primo ministro, che, nel 2010, aveva vinto le elezioni presidenziali contro la sfidante Julia Tymoscenko. Il primo aveva il padre di origine bielorussa e la madre era una bambinaia russa.
Nel novembre 2013, iniziarono proteste contro Janukovich, sfociate nella occupazione della piazza Indipendenza, già teatro della “Rivoluzione arancione nel 2004, in seguito al rifiuto del Presidente di firmare un accordo di associazione dell’Ucraina all’Unione Europea. Il presidente aveva, però, accettato un prestito russo per circa 15 miliardi di dollari, concesso da Putin.
Janukovich sarebbe stato cacciato dall’Ucraina e condannato per “alto tradimento”. Era evidente che l’Ucraina fosse divenuta terreno di scontro tra l’Unione Europea, la NATO e gli Stati Uniti, da una parte e la Russia dall’altra e ciò fin dalla Rivoluzione arancione del 2004.
Con la destituzione parlamentare del governo Janukovych il 22 febbraio 2014, il palese intervento degli Stati Uniti negli affari interni dell’Ucraina è diventato ancora più visibile.
Nonostante le assicurazioni di Washington che i problemi del paese europeo avrebbero dovuto essere risolti dagli ucraini, Nuland e Geoffrey Pyatt, l’ambasciatore americano in Ucraina, si sono presi il compito di selezionare chi, tra i leader dell’opposizione, avrebbe dovuto prendere le redini del governo.
La scelta americana è caduta su ArseniyPetrovichYatsenyuk, avvocato e politico con stretti legami con le banche, nominato primo ministro dell’Ucraina il 27 febbraio 2014. La cosa scandalosa e che non ha avuto conseguenze è che in una conversazione telefonica tra l’ambasciatore USAPyatt e Nuland, il primo ha suggerito che prima di fare la proposta a favore di Yatseniuk (che ha snobbato altri leader dell’opposizione) sarebbe stato opportuno consultare l’Unione Europea.
La risposta di Nuland è stata categorica, ed è stata registrata e trasmessa in tutto il mondo: “Fuck the EU!”, che significa, per chi non conosca l’inglese “Fanculo l’Unione Europea !”Nessuna reazione da parte delI’Unione insultata, se non la qualifica di parole “assolutamente inaccettabili” di Angela Merkel e del Presidente del Consiglio europeo Herman Van Rompuy. senza che sentissero il bisogno di chiedere alcuna ritrattazione.
Mi vergogno, come europeo, di questa condotta e mi meraviglio della reazione così blanda dei leaders europei.
Oggi, sotto la presidenza di Joe Biden, la Nuland ricopre l’importante ruolo di Sottosegretario di Stato per gli Affari Politici, dove risponde ad Antony Blinken, il corrispondente del Ministro degli Esteri per gli USA e, naturalmente, a Biden.
Riporto integralmente un interessante passaggio dell’articolo “Il destino dell’umanità nelle mani di una donna: Victoria Nuland”, di Alessio Deluca, La Fionda, aprile 2022: “Victoria Nuland odia visceralmente la Russia. Qualcuno sostiene sia un odio atavico: suo nonno dovette lasciare l’impero russo per evitare i pogrom e avrebbe portato con sé un risentimento che è poi maturato nella nipote. Molto più realisticamente, la Nuland porta avanti l’agenda politica egemone americana, che non ammette un mondo diverso da quello unipolare….e dunque prevede l’annientamento dei concorrenti, oggi la Russia e la Cina, domani l’India e il Brasile e chissà chi altro”.
Gli anni più recenti
Andiamo avanti. La diversità dei due approcci (filo-russo e filo-occidentale) è, quindi, esplosa nel 2013, quando le proteste di piazza antirusse hanno messo in fuga il presidente Janukovych che si era rifiutato di firmare l’accordo di libero scambio con l’Unione europea. Il tutto, all’esito di un golpe, o, comunque, di una soluzione “di piazza” della crisi.
L’anno dopo, il 2014,un referendum popolare esprimeva la volontà degli abitanti della Crimea (a maggioranza russofona) di tornare sotto la sovranità di Mosca, e la Russia sanciva la sua annessione alla Federazione russa (annessione non riconosciuta dalla maggioranza della comunità internazionale). Contemporaneamente, però, era piombata a Kiev fin dall’anno precedente, la funzionaria russofoba Victoria Nuland che aveva concordato, come s’è visto, con l’ambasciatore USA a Kiev la scelta del successore di Janukovich, nella persona dell’avvocato e “banchiere” Yatsenyuk, senza alcun concerto con l’Unione Europea, come s’è visto.
Sempre nello stresso 2014, è esploso un sanguinoso conflitto nella regione del Donbass. Le popolazioni russe delle province di Donetsk e Lugansk si sono sollevate contro le autorità ucraine, istigate da Mosca che reagiva, colpo su colpo, all’invadenza e interferenza statunitense. C’erano ancora i “guerrafondai” democratici alla Casa Bianca, ancora per pochi anni.
Questa volta, però, poterono svolgersi trattative di pace.A porre un primo freno al conflitto contribuirono, infatti, le pressioni della comunità internazionale, che riuscì a portare i governi di Mosca e Kiev al tavolo delle trattative. Queste si conclusero con l’entrata in vigore, il 5 settembre 2014, di un cessate il fuoco denominato “Minsk I“, dal nome della capitale della Bielorussia dove si sono svolti i colloqui. Si tratta del noto Trattato di Minsk, che, però, era destinato a non durare molto. Già dalla fine di quello stesso mese, infatti, si riaccesero con violenza gli scontri.
A inizio 2015, con Barack Hussein Obama alla Casa Bianca e il gaffeur SleepyJoe, cioè Joe Biden, come Vicepresidente, gli attacchi delle forze russo-separatiste crebbero di intensità. Vi fu una cruenta battaglia, a Debaltsevo, che si concluse, grazie all’impegno internazionale, con un accordo tra Russia e Ucraina: l’accordo “Minsk II”.
L’accordo Minsk II prevedeva in primo luogo, il cessate il fuoco, il ritiro bilaterale delle armi pesanti e la liberazione degli ostaggi. Era previsto anche che iniziasse un dialogo sull’autogoverno di Donetsk e Lugansk e che si svolgessero delle elezioni.
Questo secondo punto costituisce l’elemento centrale del conflitto ancora in atto perchéla Russia vuole che l’Ucraina garantisca ai separatisti russi nel Donbass un’autonomia e una rappresentanza nel governo centrale, il tutto al fine di ottenere, da parte dei separatisti filorussi, un veto atto a impedire l’ingresso dell’Ucraina nella NATO.
Cronologia degli avvenimenti prima dell’invasione
Tra la fine di marzo e l’inizio di aprile 2021 l’esercito russo spostava grandi quantità di armi ed equipaggiamenti nella Crimea e nella struttura di addestramento di Pogonovo e decideva di trasferire diverse navi tra il Mar Caspio e il Mar Nero. Lo scopo dichiarato era quello di prendere parte ad esercitazioni navali insieme alla flotta del Mar Nero.
Così il 10 aprile l’Ucraina chiedeva lo svolgimento di una riunione presso l’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (Ocse) per parlare del concentramento delle truppe russe nelle regioni al confine con l’Ucraina. In quella occasione la Russia decideva di non presentarsi alla riunione e di non fornire spiegazioni.
Le truppe furono ritirate il 1° maggio, ma in realtà non totalmente.
Nel novembre 2021 il direttore della Cia, William Burns, incontrava a Mosca alti funzionari dell’intelligence russi per comunicare la preoccupazione del Presidente statunitense Biden per la situazione al confine russo-ucraino.
Preoccupazione confermata dal Presidente ucraino Zelensky che annunciava che la Russia aveva nuovamente ammassato centomila soldati nella zona di confine.
Il 30 novembre Putin dichiarava che un’espansione della Nato in Ucraina avrebbe rappresentato un problema per la Russia.
Il Segretario di Stato americano, in una riunione Nato, sosteneva di avere delle prove di piani russi di invasione dell’Ucraina. La Russia rigettava le accuse e affermava che, invece, era l’Ucraina che aveva violato il protocollo di Minsk. Il problema che ha dato luogo al conflitto è, quindi, legato all’espansione, anche solo indiretta, della NATO verso la Russia.
Le tensioni iniziano così a crescere rapidamente.
In un colloquio in videoconferenza il 7 dicembre tra Biden e Putin, il secondo evidenziava che la NATO stava intraprendendo pericolosi tentativi di aumentare il suo potenziale lungo i confini russi e chiedeva “garanzie giuridiche affidabili”; il primo, invece, ribadiva la minaccia di dure sanzioni economiche se la Russia avesse attaccato l’Ucraina.
A metà gennaio, il capo della nota agenzia statunitense CIA si reca segretamente a Kiev e informa Zelenskij delle direttrici d’attacco della prossima invasione russa e in particolare quella riguardante l’aeroporto di Hostomel, a nord ovest di Kiev che, nei piani russi, avrebbe dovuto essere immediatamente occupato da truppe aerotrasportate e costituire la testa di ponte per il successivo assalto alla capitale ucraina, ma, quando la notte del 24 febbraio i russi sono piombati sull’aeroporto, hanno trovato gli ucraini ad attenderli che hanno colpito tre Ilyushin 76 cvhe trasportavano dozzine di parà. E’ stata anche bloccata una colonna corazzata proveniente dall’area di Chernobyl. E così l’attacco a Kiev è fallito per l’intervento degli USA.
La situazione rimaneva inalterata nei mesiseguenti e l’eventuale ingresso dell’Ucraina nella NATO rimaneva il tasto dolente su cui si continuava a giocare la partita.
Il 21 febbraio la situazione precipitava e il Presidente russo annunciava il riconoscimento dell’indipendenza delle autoproclamate repubbliche separatiste di Donetsk e Lugansk e ordinava l’invio di truppe nella Regione del Donbass con lo scopo di “assicurare la pace”.
Nel suo lungo discorso Putin condannava l’Ucraina e l’Occidente: la prima perché aveva già perso la sua sovranità diventando serva dei “padroni occidentali” e l’Occidente, in particolare la Nato per essere già presente sul territorio ucraino, minacciando così la sicurezza della Russia.
Il 22 febbraio l’Ucraina chiedeva una riunione di emergenza del Consiglio di Sicurezza dell’Onu in cui si moltiplicavano le prese di posizione di condanna e le minacce di importanti sanzioni nei confronti della Russia da parte della Comunità internazionale.
La segretaria generale del Consiglio d’Europa chiedeva alla Russia di tornare indietro sui suoi passi, di non aggravare ulteriormente la situazione posto che il riconoscimento dell’indipendenza delle repubbliche di Donetsk e Lugansk costituiva già una violazione del diritto internazionale.
L’invasione dell’Ucraina da parte della Russia
Il 23 febbraio 2022 dopo l’annuncio di Putin, è iniziato l’attacco su più fronti: ci sono state esplosioni a Kiev, a Kharkiv (est) e ad Odessa (ovest).
L’attacco, dopo alterne vicende, ancora persiste e in esso hanno perso la vita già molti civili.
L’invasione è iniziata proprio mentre il Consiglio di Sicurezza dell’Onu si era riunito per trovare una soluzione.
Ci sono state molte esplosioni, in particolare nella capitale Kiev, che non è caduta in mano russa.
Il presidente ucraino ha chiamato tutta la popolazione a difendere il Paese con le armi.
La comunità internazionale ha risposto con sanzioni finanziarie, non solo nei confronti della Russia ma anche del suo alleato, la Bielorussia, sanzioni che hanno colpito progressivamente gli stati europei che hanno concorso ad infliggerle.
Nel frattempo giunge la notizia che il presidente Putin ha allertato le forze nucleari russe, mentre proseguono i bombardamenti e molti civili lasciano il Paese, formando code interminabili verso il confine polacco.
In data 28 febbraio si è svolto un tentativo di negoziato tra Ucraina e Russia in una località segreta al confine bielorusso.
L’Ucraina chiede il ritiro delle truppe russe dal territorio ucraino, ma la Russia ritiene che un accordo si possa concludere solo se l’Ucraina assumerà uno status neutrale (cioè non farà parte della NATO) e se vi sarà il riconoscimento internazionale dell’annessione della Crimea.
La guerra ucraino russa, anzi, per meglio dire, americano – russa, continua. Gli Stati Uniti e il Regno Unito e, in minor misura, la gran parte dei membri dell’Unione Europea, armano senza sostel’Ucraina che non dà segni di cedimento. Come se non bastasse, specialmente il presidente USA Joe Biden, che patisce gravi disturbi di orientamento e di concentrazione, si lancia in inqualificabili insulti personali contro il Presidente russo Vladimir Putin ed esaspera il conflitto tra le due potenze, perché è evidente, ormai, che si tratta di un conflitto tra Russia e Stati Uniti, combattuto in terreno ucraino (ed europeo).
Non merita commento, purtroppo, l’intervista del Ministro degli Affar Esteri Lavrov a “Zona Bianca” Rete 4 di qualche giorno fa e non penso sia il caso di aggiungere altro.
GENESI E SVILUPPO DEGLIO STATI UNITI D’AMERICA
Ma perché tanto odio statunitense contro la Russia, proprio quella liberatasi dal comunismo ?
Bisogna spostare lo sguardo sugli Stati Uniti d’America.
Il “toro”, se proprio non lo si possa evitare, va affrontato per le corna. Il problema, a monte di tutti i problemi, sono, infatti, gli Stati Uniti d’Americae l’isteria, l’odio profondo degli Stati Uniti, nella loro componente più autentica, che è quella democratica, anzi esattamente neocon, verso la Russia. E non tanto la vecchia Unione Sovietica, ma proprio la Russia cristiana, tradizionale e profondamente nazionalista e non più comunista, risorta con la fine del regime sovietico, come evidenzia la sua bandiera che è tornata quella di prima del colpo di stato dell’ottobre 1917.
Da questo odio che ai più appare misterioso, vengono le spese incredibili per l’armamento dell’Ucraina, specie dei formidabili missili Javelin, che ammontano a circa 33 miliardi di aiuti, oltre 20 in armi (vedi http://www.ilsole24ore.com>art del 28 aprile 280422). Ed è da questo odio che provengono gli irresponsabili e inqualificabili insulti di Biden a Putin.
Cerchiamo di capire le ragioni di questo odio e domandiamoci il perché. Perché, lasciando per ora da parte il Regno Unito, la guerra in atto contro la Russia è la stessa combattuta dall’oligarchia anglosassone dopo l’epoca elisabettiana contro la Spagna e il Portogallo, poi contro l’Olanda, poi contro la Francia, definitivamente battuta a Waterloo, poi contro l’Austria-Ungheria battuta nel 1918 e infine contro la Germania, battuta nel 1945. E allora non si può davvero comprendere nessuno dei grandi avvenimenti compiutisi nel continente europeo dopo la seconda guerra mondiale.
Gli Stati Uniti sono, in un certo qual modo la quintessenza della modernità e sono loro che, beneficiando della loro posizione protetta e privilegiata, tra due oceani, dopo avere sconfitto l’impero britannico, il loro primo “nemico” ed averlo reso un loro complice, hanno impugnato il vessillo della modernità, dopo la vittoria sugli Imperi centrali e poi sul Patto Tripartito Germania Italia Giappone. La questione sottesa al conflitto russo ucraino è, quindi, molto più profonda di quello che si potrebbe pensare.
Tutti sconfitti, i paesi che hanno dovuto affrontare gli Stati Uniti e tutti divenuti poi loro “alleati”,utti meno la Russia. Ecco perché quello che gli Inglesi hanno chiamato « Il gran gioco » continua e continuerà fin quando anche la Russia, speriamo di no, si inchinerà.
Se non si ragiona con questa logica, non si può capire nulla della caduta del muro di Berlino nel 1989, né delle secessioni programmate dei Paesi Baltici, della Bielorussia, dell’Ucraina e delle regioni dell’Asia centrale, né delle rivoluzioni colorate in Jugoslavia, né di quelle della Georgia nel 2008, né ovviamente della crisi ucraina che stiamo vivendo attualmente.
Quando, nel corso del 2014, un personaggio come Victoria Nuland si permette di discutere con l’ambasciatore statunitense a Kiev sulla formazione del nuovo governo ucraino, con l’arroganza dimostrata dalle sue parole nei confronti degli europei, i fatti sono chiarissimi. La Russia era un nemico mortale per l’establishment statunitense, anche perché è la Russia che ha sconfitto l’ultima incarnazione del terrorismo islamico, di marca “sunnita” in Siria nel 2015, che gli Stati Uniti non avevano potuto (o voluto ?) sconfiggere.
E allora, come minimo, fin dal 2014, come dimostra l’intercettazione di Victoria Nuland, una delle vice di John Kerry, a colloquiocon l’allora ambasciatore USA in Ucraina, GeoffryPyatt, l’amministrazione democratica statunitense gestiva la costituzione del governo ucraino e aveva l’atteggiamento che emerge dalla conversazione verso l’Unione Europea, ridotta al rango di mero strumento dell’ingerenza della potenza d’oltreoceano.
Che succede ora?
L’oligarchia anglosassone ha vinto la guerra ideologica giacché con la fine dell’Unione sovietica nessuna potenza al mondo offre una alternativa al suo discorso liberale e libertario. Ebbene, si tratta di una lotta a morte la cui posta, la Grande Posta, è il dominio mondiale, cosa che i neocon statunitensi non nascondono nemmeno più. Il mondo unipolare che aspirano a istaurare è quello che George Orwell denunciava nel suo romanzo 1984.
Un’unica grande Potenza, gli Stati Uniti, con al fianco il Regno Unito e l’Israele virato a “destra”, cioè verso l’ispirazione di Zeev Jabotinskij, con la Guerra dei Sei Giorni, dalla primitiva impostazione socialista e, comunque, di estrema sinistra. Si veda l’articolo di “Controinformazione.info”, “I neocon pretendono che gli USA siano ancora la “guida del mondo”, di Patrick Lang, 23 aprile 2018).
Questa sete di dominio mondiale esclusivo, propugnata con violenza manichea contro i regimi “autoritari”, “paternalisti”, tradizionalisti, proviene, infatti da un gruppo settario della politica statunitense, nato a sinistra, in area newyorkese, addirittura in ambito trotskista e poi “evolutosi” verso un estremismo “americanista”, “liberista e liberale”, intollerante verso tutto ciò che si ricolleghi ad una visione tradizionale, di tipo cattolico, ortodosso o islamico sciita. Si tratta dei Neocon la cui versione religiosa, imperniata su uno spietato “imperialismo post biblico”, è costituita dai Teocon. Sarà necessario tornarci su questi temi ma per ora basta dire che questo ambiente al quale appartiene, ad esempio, la Nuland e il suo stesso coniuge, ilsegretario di Stato Blinken, Joe Biden, John Bolton, ex consigliere per la sicurezza nazionale di Trump, l’ex vicepresidente USA Mike Pence, “evangelicalbornagain”, cioè “rinato”, oltre ai Wolfowitz, Dick CheeneyElliot Abrams, ed altri, gestisce la politica statunitense per la quale i nemici mortali da abbattere sono la Russia e l’Iran, su tutti, e i regimi autoritari del mondo.
L’ultima fortezza che resta loro da conquistare si trova lungo le rive della Moscova. E la guerra che stanno facendo, per conquistare il Cremlino, è una guerra totale: Ideologica, culturale, religiosa, economica, tecnologica e ovviamente militare.
La visione neocon non tollera, infatti, altri regimi se non quello americanistae, in fondo, si tratta del ritorno all’epoca dei Padri Pellegrini, una costola estremista del calvinismo inglese, costretta a fuggire la persecuzione loro esercitata dalla chiesa anglicana, per trovare la loro Terra promessa nel nuovo continente nord americano, che avrebbero dovuto liberare dai cananei che, per loro, erano i nativi mongolidi nordamericani, e che miravano a realizzare un governo “biblico”che avrebbe consentito loro di vivere al di fuori dalle commistioni della vecchia Europa, corrotta, non si sa perchée dalla persecuzione del Re d’Inghilterra, il Faraone del mondo di schiavitù da cui provenivano. Allora la loro Terra Promessa erano i territori del Massachusetts, del Rhode Island, del Connecticut, del New Hampshire, ma oggi le ambizioni di questo mondo neocon che ne è in qualche modo l’erede si sono estese al mondo intero dove non sono più tollerate visioni che non derivino dalla riproposizione del patto sinaitico dell’Antica Alleanza e dall’affermazione di uno Stato teocratico, fatto di eguali (White anglo saxonprotestant), soggetti soltanto a Dio.
Il racconto dell’origine degli Stati Uniti li vincola ad un mondo fondato su “Libertà, democrazia, repubblica, uguaglianza, progresso culturale e modernità”. E’ curioso notare come gli Stati Uniti si siano modellati, in opposizione a quello che apparve allora il loro “contrario”, che era il Regno di Gran Bretagna, comprendente Inghilterra e Scozia, all’epoca dello sbarco della Mayflower a Cape Cod. Si trattava di un Regno e loro erano rigorosamente repubblicani, si trattava di un Regno, nato nel contesto della cristianità medioevale, nel Regno di Gran Bretagna vi era la nobiltà, retaggio di una storia antica che affondava le sue radici nel Medio Evo e, prima ancora, nell’Europa romana e, ancora prima, celtico iberica. Poi, con lo scisma anglicano, la Regina divenne addirittura il capo della chiesa anglicana, cosa che faceva inorridire i calvinisti. E, infine, la “democrazia” britannica era quella d’impronta medioevale della Magna Carta libertatum che intendeva disciplinare i diritti feudali della Corona sui baroni e ripristinare le prerogative della chiesa, delle città e dei nobili, sempre nell’ambito della Cristianità medioevale.
Ma vi era vera “democrazia”negli Stati Uniti prima del “VotingRights Act” del 6 agosto 1965, che bandì i test di alfabetizzazione prima imposti agli afroamericani per poter esercitare il loro diritto di voto ?
E non è che, passando dal piano dei principi a quello pratico, siano scomparsi gravi fatti discriminatori ai danni dei cittadini afroamericani, che evidenziano come certi “diritti”, vantati dagli Stati Uniti come “titolo”di egemonia e supremazia sul mondo, lo siano sul piano meramente formale, ma non nella sostanza.
E nello schieramento che difende la “libertà”, la “democrazia” e l’eguaglianza, il trilemma della rivoluzione francese, cioè, dal punto di vista militare, la NATO, c’è un paese come la Turchia di Erdogan che non mi pare propriamente un esempio di “democrazia”.
E l’Ucraina è proprio un esempio del trilemma rivoluzionario dopo, tra i tanti esempi che si possono fare, l’oscuramento di tre reti televisive con l’accusa di propaganda filorussa, le reti di proprietà nominalmente di Taras Kozak. L’Ucraina non ha voluto collaborare con l’Italia per far luce sull’omicidio di Andrea Rocchelli, fotoreporter italiano, rimasto ucciso nel Donbass, in seguito a un colpo di mortaio sparato dall’esercito ucraino.E nel giugno 2019, col consenso tacito delle autorità, in concomitanza con la data dell’”Operazione Barbarossa”, cioè dell’attacco nazista alla Russia Sovietica, a Kiev si svolgeva un concerto celebrativo organizzato dall’estrema destra ucraina.
Non è tutto oro quello che luccica. Se non si smonta la visione manichea della Russia come “male” e dell’Ucraina come una specie di “Svizzera”, per non parlare di quel “faro” di progresso e di tolleranza che sarebbero gli “Stati Uniti” dove, periodicamente, manifestanti “di colore”vengono brutalizzati e anche uccisi dalla Polizia e dove è ancora vivo il ricordo dell’assalto al Campidoglio degli USA il 6 gennaio 2021, i nostri dibattiti saranno una palestra di insulti incrociati che chiudono automaticamente qualunque possibilità di dialogo e diapprofondimento.
E’ inutile che ci si prenda in giro. Questa guerra è la guerra dei membri della NATO, in particolare degli Stati Uniti, con al loro seguito il Regno Unito e dell’Ucrainacontro la Russia.
Non ho mai visto uno spettacolo come quello che ci sta mostrando la crisi ucraina. Un paese, non troppo piccolo, ma enormemente più piccolo della Russia, viene invaso, dopo un lungo contenzioso, con colpi di stato e continue interferenze statunitensi, ma viene armato con armi modernissime oltre l’inverosimile, anche dal nostro paese. Armi dopo armi, e gli Stati Uniti e il Regno Unito sono i primi fornitori. Il Presidente USA insulta in maniera volgare e arrogante il Presidente di quella che un tempo era l’altra superpotenza, ma questo i neocon non vogliono sentirselo dire.
E il Presidente del paese invaso che è divenuto una sorta di star internazionale che si rivolge a parlamenti, capi di stato, organismi internazionali chiedendo continuamente armi o che riceve le visite dei leader di quello che viene chiamato Occidente che sfilano in passerella nelle strade di Kiev. E i combattenti degli altri innumerevoli conflitti armati che si svolgono nel mondo, chi sono ? Figli di nessuno ?
I combattenti curdi, che hanno fermato gli strani terroristi dell’ISIS, continuano ad essere sterminati dalla Turchia, membro NATO, che addirittura fa il mediatore nel conflitto russo ucraino, nel più assoluto silenzio dell’Occidente, come non si stanca di ricordare quell’uomo intelligente e intellettualmente onesto che è Moni Ovadia. E i palestinesi, quel popolodignitoso, dimenticato e vilipeso, che subisce ogni giorno bombardamenti e vessazioni di ogni tipodagli occupanti israeliani, specie, in questi ultimi tempi, a Gaza ?
C’è qualcuno che vuol soccorrere questi combattenti e quelli delle altre 869 guerre, 83 delle quali in Europa ?E’ giusto aiutare solo gli ucraini, in modo talmente vistoso da diventare cobelligeranza ?
E gli altri?
Gli ucraini hanno dalla loro la prima superpotenza del mondo, gli Stati Uniti che vogliono imporre la loro “civiltà” al mondo e vogliono liberarsi della Russia, paese europeo. Vogliono liberarsi della Russia, gettandola nelle braccia della Cina comunista, invece che appoggiarla e averla come alleata contro quest’ultima.
C’è una logica in questo comportamento?
Ora sta emergendo che i dodici generali russi uccisi lo sono stati per l’intervento dei sofisticati sistemi d’arma americani a cui va riferita anche la distruzione dell’ammiraglia della Flotta russa del Mar Nero, la Moskva (vds. TG COM 24, del 6 maggio 2022).
Ho ascoltato qualche sera fa, come sempre, il TG “La 7”, diretto da Enrico Mentan, con l’intervento del prestigioso Dario Fabbri, socio della Società Italiana di Storia militare, entrambi di indiscussa preparazione e intelligenza. Eppure, in quell’occasione, non ho potuto fare a meno di notare uno scambio di sorrisi di compiacimento alla notizia del pesante coinvolgimento statunitense nell’uccisione dei generali e nell’affondamento della Moskva.
Io non ci rido affatto. Sono sconcertato, invece, e molto preoccupato invece.
Gli Stati Uniti sono diventati, neppure più “quasi”, cobelligeranti con l’Ucraina. Pensano che la Russia non reagirà ?
Si rendono conto che la Russia ha circa 5000 testate nucleari di tutti i tipi ? Lo sanno ? Se non lo sanno, dovranno informarsi, per il bene di tutti.
CONCLUSIONE
E allora, Zelenskij, nella giornata del 7 maggio, ha fatto una dichiarazione sorprendente, ammettendo la possibilità di una pace fondata sul riconoscimento della Crimea alla Russia, fatto compiuto dal 2014, con l’entusiastico appoggio della popolazione.
Zelenskij non diceva nulla delle due repubbliche del Donbass.
Appena il,leader ucraino ha manifestato un indubbio intento di pace, sono intervenuti dapprima il leader della NATO che lo ha smentito, senza averne alcun titolo. La NATO non può immischiarsi nelle possibili trattative di pace tra due paesi che non ne fanno parte.
E invece il segretario generale della NATO ha smentito Zelenskije, quasi l’Ucraina fosse cosa “sua” e ha detto che si doveva tornare addirittura alla situazione precedente il 2014.
L’8 maggio, è stato il “G8” a interferire con le proposte di pace, ribadendo il diktat della NATO, presente Zelenskijche si è rimangiato l’apertura del giorno prima,
Hanno invocato un’errata traduzione, ma la realtà è quella rappresentata dalle dichiarazioni di Zelenskij, di Stoltenberg e del G7.
Non crederò mai a queste scuse.
La desecretazione degli archivi della Sicurezza Nazionale statunitense ha posto in evidenza, in modo non contestabile, che nel 1990 i leader occidentali assunsero l’impegno con il leader sovietico Michail Gorbacëvdi non espandere l’Alleanza Atlantica oltre l’ex DDR.
Questo impegno è stato violato, con le gravissime conseguenze a cui stiamo assistendo, dai leader occidentali (vds. “Il Mondo” del 21 marzo 2002).
Le due repubbliche filorusse del Dombass hanno raggiunto l’indipendenza e la sovranità con il referendum dell’11 maggio 2014, mentre la Crimea, passata all’Ucraina, per una sorta di “donazione” di Kruscev, nel 1954, è tornata alla Russia in seguito al voto del 21 maggio 1992 del Soviet Supremo della Russia che annullò l’atto di cessione compiuto dallo stesso Kruscev. Poi, nel 2014, le truppe russe la riportarono alla Russia come Repubblica di Crimea e il risultato fu ratificato da un referendum popolare in cui il 95,4 % dei votanti approvò l’annessione alla Russia.
Rendere definitivi questi risultati e scongiurare l’adesione dell’Ucraina alla NATO era l’obbiettivo minimale dell’intervento russo che, però, aveva, forse, un obbiettivo molto più ambizioso, come l’intera Ucraina che non è riuscito a raggiungere.
Che fare ora?
La Russia sta combattendo ufficialmente contro l’Ucraina, ma, di fatto, contro la NATO e, soprattutto, gli Stati Uniti e il Regno Unito. E’ difficile che possa andare oltre questi obbiettivi, ma, d’altra parte, è del tutto irrealistica la prospettiva “Biden” di sconfiggere ed umiliare un paese grande e illustre come la Confederazione russa, che è dotato dello stesso numero di ordigni nucleari degli Stati Uniti.
Il 9 maggio, nell’anniversario della vittoria sovietica nella Grande Guerra Patriottica, del 1945, Putin ha tenuto un discorso moderato e che non ha gettato benzina sul fuoco. Lo stesso Macron ha proclamato la necessità di non umiliare la Russia, come ad avvertire Draghi di non abbandonarsi a troppe moine verso Biden nell’incontro che avrebbe avuto con lui l’indomani. Un’identica cautela ha dimostrato il leader tedesco.
Sono segnali di intelligenza e di coraggio. Sono pochi ma sono gli unici. Poi ci sono Biden e il suo contorno di neocon, Boris Johnson, i capi del battaglione Azof, Zelenskij e i burocrati di Bruxelles che continuano a incendiare l’incendiabile, scherzando con il fuoco dell’”orso russo”e con la pretesa di umiliare, proprio così, un paese grande ed illustre che bloccò l’avanzata tartara verso l’Europa e che dette 25 milioni di vittime, militari e civili, nella II Guerra Mondiale.
E la Russia ha un grande orgoglio ed è pericolosissimo molestarla.
Se oltre oceano hanno perduto la testa, non dobbiamo perderla noi europei.
Non sono un pacifista e so benissimo che la guerra difensiva e giusta è non solo lecita, ma, in certi casi, anche doverosa. La dottrina della Chiesa di sempre lo proclama, ma i neocon non possono costringerci a combattere le battaglie che fanno comodo a loro. e non all’Europa e dell’Europa fanno parte l’Ucraina ma anche la Russia. Ne fa parte anche la Gran Bretagna, che ho sempre apprezzato, ma che sembra essersene dimenticata. Ma, al suo interno, non se ne è dimenticata la Scozia. Intanto, nelle recenti elezioni, il partito Sinn Feinha vinto nell’Irlanda del Nord. Non mi pare che sia un buon segnale per Boris Johnson.
Gli Stati Uniti, invece, non sono Europa e i loro interessi divergono sempre più dai nostri. Ormai non lo si può più negare.
Giuliano Mignini - Agenzia Stampa Italia