(ASI) La decisione della Commissione europea di definire gas e nucleare utili alla transizione ecologica e di considerarle attività temporaneamente sostenibili ha rilanciato il dibattito sull’energia prodotta da centrali atomiche, complice anche il caro energia e la crisi ucraina che rischia di avere ripercussioni sull’approvvigionamento energetico del Vecchio continente; ora la decisione finale spetterà al Parlamento europeo ed al Consiglio Ue che entro sei mesi circa dovrebbe accettare o affossare la proposta.
Ma così come la Commissione si è divisa sul voto finale anche i paesi europei sul tema del nucleare non hanno una posizione univoca ma si muovono in ordine sparso. Ed anche nel resto del mondo la situazione è molto confusa visto che paesi come la Cina e la Russia vedono nella tecnologia nucleare un modo per aumentare oltre alla loro efficienza energetica anche il loro peso geopolitico mentre altri, ad esempio Turchia ed Egitto, un modo per acquisire importanza sullo scacchiere mondiale.
Attualmente a livello globale sono attivi oltre 440 reattori nucleari dislocati in 29 diversi paesi; un terzo di questi, 148 su 442, si trovano in Europa ospitati in 16 nazioni. A breve però il numero totale dovrebbe superare le 500 unità visto che sono oltre 60 quelle in via di realizzazione, ma appena 8 delle quali nel Vecchio continente, oltre ad una cinquantina progettate ma ancora in fase di studio.
La nazione che più di ogni altra sfrutta il nucleare per produrre energia sono gli Usa che da soli detengono 104 reattori, quasi il doppio della Francia che in questa particolare classifica si posiziona seconda con 58, più un’altra in via di realizzazione; di seguito il Canada con 54 e la Russia con 32 anche se Mosca ne sta costruendo altre 11 e l’azienda russa Rosatom è attiva in tutto il mondo in diverse collaborazioni bilaterali.
I reattori attivi hanno un’età media compresa fra 24 e 31 anni. Le centrali più vecchie, quelle di prima generazione, sono state ormai smantellate (ne restano in funzione una o due a scopo sperimentale) e tutte le centrali attualmente attive nel mondo sono di seconda generazione.
Nel 2016 la World nuclearassociation (Wna) tramite l’allora direttore generale Agneta Risinmg indicò l’obiettivo di produrre mille GW di energia entro il 2050, con un gigawatt equivalente a circa un reattore nucleare di medie dimensioni. Obiettivo che sulla carta potrebbe essere quasi raggiunto una volta che tutti gli impianti in via di realizzazione saranno ultimati, anche se da qui a 30 anni alcune di quelle attualmente operative saranno chiuse per raggiunti limiti di età, anche se Francia ed Usa hanno allungato la vita di alcune centrali.
Nonostante gli sforzi e gli auspici della Wna, e la voglia di molti paesi di rispondere al proprio fabbisogno energetico grazie a quella nucleare negli ultimi anni “il fascino del reattore” sembra aver perso molto appeal, tanto che utilizzando i dati della stessa Wna si nota come tra il 2011 ed il 2021 il numero dei reattori pianificati sia passato da 156 a 101 con i paesi intenzionati a dotarsi di tali impianti diminuiti da 48 a 42, tra questi ultimi va annoverata anche l’Italia in seguito al referendum sul tema svoltosi proprio nel 2011.
Da un punto di vista geopolitico risulta evidente il ruolo trainante di alcuni paesi asiatici (Cina, Corea del Sud, India) oltre a Russia e Pakistan che nel periodo considerato hanno messo in servizio complessivamente 50 nuovi impianti e ne mostrano altri 308 tra pianificati e proposti.
Altrettanto evidente è la novità rappresentata dai paesi dell’area medio orientale (Emirati arabi, Arabia Saudita, Egitto, Giordania, Turchia) a cui sono attribuiti 30 nuovi impianti tra pianificati e proposti oltre ai 2 già in funzione negli Emirati arabi.
Fabrizio Di Ernesto – Agenzia Stampa Italia