(ASI) L’appennino tosco-emiliano riserva sempre vedute di una bellezza mozzafiato a volte poco conosciute e poco pubblicizzate ma a portata di mano per una passeggiata salutare nella natura, approfittando per fare un po’ di “forest bathing” lontano dai rumori assordanti della città.
Esplosione di fiori e piante: Ginestre, Erba di san Giovanni, Rosa Canina, Salvia, un pot-pourri che inebria i sensi e poi il bel complesso parrocchiale che si staglia sulla roccia affacciandosi sul lago, immobile, antico, romantico.
E pensare che proprio qui circa settant’anni fa si consumò un dramma silenzioso che avrebbe cambiato la vita di tante persone.
Si narra che nel 1950 gli anziani abitanti del paese cominciarono a vedere che sul terreno si aprivano fessure che si prolungavano giorno dopo giorno, le pareti delle case presentavano incrinature, i terreni rigonfiavano e le sorgenti sparivano disperdendosi negli anfratti franosi.
Solo i più anziani riuscivano a decifrare gli strani scricchiolii delle mura delle case come schiacciate da una forza che le comprimeva. Così la popolazione cominciò ad intuire il pericolo imminente sgomberando le abitazioni. Quello che era stato previsto successe nel febbraio del 1951 quando una massa enorme di detriti si staccò dal versante sinistro del Savena muovendosi verso il fondovalle. Mentre la frana procedeva tutti assistevano in silenzio: il terreno si apriva per creare voragini, poi si increspava formando cumuli di detriti che sollevavano le case da terra di parecchi metri per poi rischiacciarle al suolo ed inghiottirle.
Le case, la scuola, l’edificio della cooperativa vennero inghiottiti e ci si aspettava che anche il complesso parrocchiale avrebbe fatto la stessa fine tant’è che gli arredi sacri erano stati già portati via: miracolosamente lo sperone di roccia sul quale poggiava il complesso resistette all’impeto della frana deviandola. Il lago che si formò misurava 960 metri di lunghezza con una profondità di 18 metri. L’acqua sommerse quasi completamente un mulino, una piccola abitazione ed un oratorio dedicato alla SS. Trinità ed era frequente vedere i ragazzi del luogo usare le finestre dei ruderi come trampolini per tuffarsi nelle acque del lago
Col tempo le costruzioni crollarono rimanendo sommerse e col tempo si è diffusa la convinzione che nelle serate di vento il forte ondeggiare delle acque muova la piccola campana dell’oratorio sommerso liberandone un suono lugubre.
Leggende? Allucinazioni? Non so rispondere ma non posso sottrarmi al fascino di questa narrazione tragica ma al tempo stesso intrigante che narra eventi neanche tanto lontani da noi ma che forse sono rimasti nella memoria di pochi.
Arezzini Donatella - Agenzia Stampa Italia