(ASI) L’uomo della post-modernità si pensa più come progetto che come soggetto, cosi come invece era avvenuto per tutta l’era moderna a partire da Cartesio, rischia però di finire, nell’era digitale, come un simulacro e un ologramma.

Questo passaggio epocale, che prelude ad una mutazione antropologica anodina, si realizza storicamente col nichilismo ed il materialismo pratico, l’individualismo mercatistico e la morte delle cosiddette “grandi narrazioni” – e con la definitiva obliterazione di ogni idea di finalità e di trascendenza: l’individuo post-moderno trova finalmente, nella civiltà dischiusa dalla Tecnica, quell’orizzonte di immanenza radicale che lo sottrae definitivamente al mondo aurorale dell’Essere consegnandolo alla virtualità illusoria pulviscolare ed indefinitamente modificabile di internet.

Non si tratta qui ‘solo’ di astrazioni o fantascienza: il piano immaginale e teoretico si è inverato ‘fisicamente’ con l’imporsi della rete, della globalizzazione e del capitalismo della sorveglianza, con alle porte l’avvento prossimo dell’Internet delle cose (Internet of things) col quale, insieme agli altri miracoli della rete di quinta generazione, il 5g, si è resa possibile l’obsolescenza – per dirla con il filosofo Gunther Anders – del nostro mondo e di chi lo esperisce, gli esseri umani, attraverso la sostituzione di ciò che rimane della Polis e dei cittadini con le cosiddette smart cities ed una post-umanità cyborg, ibrida e mutante.

Se a qualcuno un simile scenario può sembrare inquietante o irrealistico, o di pertinenza esclusiva del cinema di fantascienza, si pensi invece che in Cina, e precisamente nella famigerata Wuhan, durante l’emergenza sanitaria del coronavirus si è realizzato un test di eccezionale importanza per la “società della trasparenza” futura.

Quella città infatti, smart city 5g per eccellenza, ospita ben 30000 antenne wireless di quinta generazione, 3000 stazioni radio base e 27000 mini-antenne a microonde millimetriche: “proprio durante la pandemia, oltre a garantire la prosecuzione di molte attività lavorative e didattiche per mezzo dei servizi telematici e robotizzati, il 5g si è rivelato anche un formidabile strumento di monitoraggio sulla popolazione in quarantena: robot e droni collegati con velocità di connessione elevatissima sono stati impiegati per misurare la temperatura corporea e spruzzare disinfettanti in tutte le aree pubbliche , mentre la tecnologia per il riconoscimento facciale ha funzionato da efficace deterrente contro la trasgressione al divieto di uscire di casa.”

Come afferma lo scrittore d’inchiesta Marco Pizzuti nel suo “Dossier 5g, inchiesta non autorizzata sulla rivoluzione tecnologica destinata a cambiare la nostra esistenza”, appena uscito per Mondadori e che sarà presentato a Perugia a Palazzo Cesaroni, Sala della Partecipazione il 4 settembre, “il 5g è il supporto tecnologico fondamentale della società “trasparente” del futuro e ovviamente la possibilità di usarlo nel modo giusto spetta a chi lo governa.”

Le nostre società neo-liberali e post-democratiche, sottomesse alla finanza e agli interessi di imperi multinazionali, sempre più idealmente impolitiche e sempre più ideologicamente trasparenti, realizzano l’idea settecentesca di controllo sociale-carcerario di Jeremy Bentham, il padre dell’utilitarismo inglese, solo che quello realizzato oggi dal potere biopolitico neo-liberale e mondialista è un mostruoso ed evoluto panottico digitale planetario dove milioni di consumatori, permanentemente connessi, condividono “liberamente” informazioni che andranno a rimpolpare i Big data, immensi magazzini virtuali.

Grazie alle mini-antenne millimetriche del 5g (il cui impatto sulla salute dell’uomo continua a suscitare le preoccupazioni di una moltitudine di medici e scienziati) in Cina è possibile trasmettere in tempo reale immagini scansionate da oltre 200 milioni di telecamere di sorveglianza (un pò come nel film Minority report) con appunto il riconoscimento facciale, per tacere di una delle più grandi aberrazioni in cui l’ideologia progressista e tecnocratica occidentale, incarnata oggi dal turbo capitalismo, si ibrida con il totalitarismo post-comunista del Partito-azienda unico, è il cosiddetto credito sociale, un meccanismo orwelliano di controllo e monitoraggio totale lanciato a Pechino nel 2015 che collega i dati fiscali, finanziari, giuridici e medici di ogni cittadino basandosi sull’intelligenza artificiale: il comportamento di ognuno viene seguito, classificato e giudicato da varie agenzie governative.

Si chiama Sincerity Management Model (sic): ad ogni infrazione il “punteggio sociale” diminuisce fino all’esclusione da tutti i servizi, il blocco dei conti correnti e del passaporto – fino anche al pubblico ludibrio, esercitato tramite insegne fotografiche con affisso il volto del trasgressore – nemico del popolo di turno.

L’utopia del radioso futuro comunista, del formicaio umano-egualitario, dell’atomo ‘socializzato’ e dello schiavo-lavoratore si fonde in maniera paradossale con la distopia post-moderna e neo-liberale della libertà indefinita dell’avatar iperconnesso, del consumatore digitale del villaggio globale capitalistico – entrambe permanentemente scrutinate e sorvegliate dagli scanner e dagli algoritmi dello psico-potere tecnocratico governativo e aziendale.

Non si pensi, ancora una volta, che si tratti di cose lontane, avveniristiche e futuribili, che in fondo non ci riguardano: con gli accordi riguardanti la cosiddetta “via della seta digitale”, il nostro Paese ha siglato accordi strategici con la Cina e Huawei. Il 5g si inserisce dunque in questo sistema, costituendone, appunto, l’elemento strategico centrale e fondante e le cronache politiche nostrane lo hanno puntualmente segnalato: nel settembre 2018, pretesa con foga sospetta la delega come Ministro dello Sviluppo Economico, Luigi Di Maio aveva partecipato al summit di Huawei in Parlamento, presenti tra le altre cariche istituzionali i Sindaci di Roma e Genova, mentre nel 2019 Paola Pisano, Ministro dell’Innovazione Tecnologica, profetizzava: “Saranno i robot a salvare l’Uomo, ne miglioreranno la vita”.

Non è un caso, del resto, che i grillini – avendo piazzato un tecnocrate di peso internazionale come Vittorio Colao, dirigente d’azienda, ex-Amministratore delegato della Vodafone, a capo della task force per la ricostruzione economica del Paese dopo la Covid-19 – si facciano promotori di questa ingenua, aberrante e pericolosissima fede transumanista e tecnocratica, basti pensare che il loro capo, il 12 agosto di quest’anno, sul suo blog personale, sosteneva che l’Italia dovesse affrettare lo sviluppo digitale investendo in “infrastrutture e competenze digitali”, garantendo il “diritto alla connettività” (sic) e “alla possibilità per tutti i cittadini e le aziende di accedere ad un’infrastruttura capillare, altamente performante e sicura” che, poche righe più sotto, identificava senza possibilità di equivoci con quella resa possibile dalle “tecnologie 5g abilitatrici dell’internet delle cose”.

Mario Cecere

 

 

 

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