Dalle origini della lingua italiana alla contaminazione degli anglicismi.

danteleonardo(ASI) Uno dei primi autori ad affrontare la questione della lingua italiana è stato Dante Alighieri. Nel trattato latino de vulgari eloquentia scritto durante gli anni del suo esilio, il grande poeta esprime le sue considerazioni in merito alle differenze della lingua latina e quella volgare. Nell’opera rimasta incompiuta Dante si chiede quale sia la lingua più corretta da usare nelle opere letterarie.

Il volgare deve essere illustre , tale da illuminare gli altri volgari (dialetti), cardinale ovvero un cardine su cui devono ruotare le altre lingue. Regale e curiale , ovvero tale da essere adoperato nelle corti. Il sommo poeta nel suo trattato , conclude che nessuno di quei dialetti coincida con una vera lingua , neppure il fiorentino che critica aspramente.  Tuttavia per la stesura della “Divina” Commedia sceglierà il volgare fiorentino, che sarà poi preso a modello per la fioritura della lingua italiana. Il problema dell’identità della scrittura ma anche del parlato , si ripropone nel Rinascimento. Nasce un vero e proprio dibattito su quale stile debba essere usato a corte. La tesi che prevale è quella di Pietro Bembo. Intellettuale veneziano autore delle : “Prose nelle quali si ragiona della volgar lingua” del 1525. L’opera si dipana in un dialogo di tre giornate nella casa di Carlo Bembo fratello di Pietro. Diversi gli interlocutori che disquisiscono e ragionano sulla lingua. Tra questi troviamo anche Giuliano de Medici , che propone di usare nelle opere il fiorentino contemporaneo. Carlo Bembo indica come modello di riferimento il volgare fiorentino , usato da Francesco Petrarca in poesia , e di Giovanni Boccaccio per la prosa. La soluzione proposta da Bembo verrà adottata dall’Ariosto, nell’Orlando Furioso .

E’ con l’Accademia della Crusca , nella redazione del primo vocabolario , che si comincia a delineare un profilo della lingua. E’ nel romanticismo che Alessandro Manzoni , prende a modello il fiorentino classico della tradizione come esempio per la letteratura . Manzoni nel suo capolavoro i Promessi Sposi cerca in più stesure di adattare la lingua. Le varie redazioni del romanzo riflettono le soluzioni adottate per avvicinarsi ad un modello cardine. Lo stile del Manzoni si impone come risolutivo. Si gettano così le premesse per la creazione di una lingua nazionale. Per Manzoni la scuola e i maestri sono il mezzo per l’unità linguistica. La lingua italiana sarà consolidata con l’obbligo scolastico e dalla leva militare. Ruolo fondamentale giocano i mass-media nel 900. Radio e televisione nel secondo dopoguerra saranno fondamentali per l’affermazione dell’attuale linguaggio. Pier Paolo Pasolini in molti suoi scritti degli anni 60 e 70 del 900 accuserà alla televisione di imporre  un’omologazione culturale, anche sul piano linguistico , mentre a suo dire si devono salvaguardare i dialetti come espressioni della cultura popolare e locale. Con l’avvento della globalizzazione , fino ad arrivare ai nostri giorni , si assiste ad un vero e proprio degrado della lingua. A sfavore dell’identità nazionale e della cultura , la contaminazione da parte di termini inglesi : (anglicismi). In molti si chiedono se sia giusto che la nostra bella lingua venga così snaturata ed il perché non si difenda l’italiano.  Da flat-tax  (tassa piatta), spending review(revisione di spesa), premier ( primo ministro) , mobbing (molestie) , stalking (atti persecutori, molestie ripetitive) , full time (a tempo pieno), part time(a tempo parziale) sold-out (esaurito o tutto esaurito), escalation (aumento,crescendo)standing ovation (ovazione). Va poi ricordato  il  particolare importante che  spesso noi usiamo termini inglesi la cui origine viene dal latino  (forum, mass media, sponsor, summit, ecc.ecc.). Infatti, numerose sono le parole inglesi di derivazione latina. Ricordiamo che l’inglese proviene principalmente dalle lingue germaniche antiche, ma ha subito una forte influenza anche da quelle norvegesi, dal francese e dal latino.

 Inoltre, non è eccessivo il fatto che nei consessi  Istituzionali  non ci si esprima nella lingua madre? Per cui quella che era l'interrogazione parlamentale viene sostituita dal più esotico 'question time', oppure si  usa 'job act' invece di legge o riforma sul lavoro. All'ospedale troviamo la 'surgery' e 'day hospital' al posto di ambulatorio o visita ambulatoriale e ricovero diurno.  Infine, alcuni lemmi inglesi adoperati  sono inadeguati ed imprecisi rispetto alla realtà, anche giuridica, italiana . Per esempio, si parla erroneamente  del premier *Conte*, quando in Italia non esiste il premierato,ma  noi abbiamo il  Presidente del Consiglio Conte. Oppure si utilizza sempre più spesso  nel linguaggio politico e giornalistico la voce  Ministero del  Welfare  per indicare il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali. Tanto più che va precisato che in Italia abbiamo lo Stato Sociale e non il 'Welfare State' .

Nel nostro vocabolario sono entrati sempre più termini inglesi tanto da mettere in pericolo la nostra lingua?

La denuncia dell’insegnate e saggista Antonio Zeppetti : “Abbiamo un complesso di inferiorità verso l’angloamericano. Una battaglia da non sottovalutare perché la nostra lingua è un bene comune, che rappresenta la nostra storia, le nostre radici la nostra cultura, ciò che ci identifica e ci accomuna”. L’italiano è la quarta lingua al mondo studiata per caratteristiche e bellezza. Assume quindi un ruolo di predominanza a livello mondiale. Ci si domanda perché debba essere messa a repentaglio dal sempre crescente numero di parole anglofone ? Il dibattito resta aperto . In un intervista condotta da Giacomo Russo Spenna ad Antonio Zoppetti viene fuori come : “Con l’inglese si attua una colonizzazione di ogni ambito di parole che violano i nostri suoni e le nostre regole grammaticali. Il linguaggio aziendale si anglicizza giorno dopo giorno così come quello quotidiano”.  A chi giova questa deriva lessicale? Non certo alla cultura ed alla quarta lingua più parlata al mondo.

Massimiliano Pezzella – Agenzia Stampa Italia.

 

 

 

*  Premier  è il diminutivo di 'premier minister', ossia Primo Ministro.

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