(ASI) La redazione di Agenzia Stampa Italia è lieta di collaborare con uno dei principali esperti del mental coaching. Stiamo parlando del Dr. Diego Coco che nel 2011 ha fondato il gruppo Intrasecur, oggi fra i primi consorzi d’Italia in materia di estensione territoriale e numero di lavoratori diretti.
Con 3 sedi in Italia e 2 all’estero ed oltre 300 collaboratori attivi è quotidianamente impegnato nella protezione delle persone, dei diritti e del patrimonio.
Il Dr. Diego Coco si è soffermato sulla descrizione dell’attività di mental coaching sportivo, nelle gestione di ansia, stress, tensioni emotive. Vi riportiamo di seguito le sue considerazioni in merito.
Sono sempre più gli atteggiamenti antisportivi messi in campo da numerosi atleti nelle varie discipline sportive; dinamiche per le quali, il primo errore da evitare è valutarle come appannaggio solo delle massime competizioni e dei più grandi campioni, evidentemente più lucenti grazie ai riflettori puntati addosso.
Si tratta, al contrario, di un fenomeno che interessa gli atleti di ogni livello e categoria, in quanto ad innescarle non è certo la difficoltà o il prestigio della competizione sportiva quanto il carico emotivo che l’atleta ripone nella stessa a fare la differenza.
Ma cosa spinge Romano Fenati a tirare la leva del freno del rivale? Cosa ha mosso Valentino Rossi a colpire con un calcio Marquez? Come mai Mike Tyson ha morso l’orecchio di Holyfield o Cantonà ha aggredito un tifoso?
Ed ancora, cosa ispira Serena Williams ad offendere l’arbitro in modo plateale o Mario Balotelli a tirare la maglia della propria squadra? Qual è la molla che scatta e mette a rischio la propria reputazione non solo sportiva, ma anche di uomo o donna?
La causa è chiara, univoca, certa: l’assenza di allenamento. Ma non è certo l’allenamento convenzionalmente noto e riconosciuto al grande pubblico a mancare.
I team e gli atleti sono infatti sempre più focalizzati ad allenare il proprio fisico, a migliorare la tecnica, per poi concentrarsi nello scegliere ed adottare i materiali maggiormente all’avanguardia e performanti. L’allenamento che manca e che potremmo definire fondamentale è quello mentale.
La mente è in grado, per ripetizione, di affinare l’effetto, di calibrare un colpo, di intuire lo spazio dove insinuarsi, ma non può essere immaginata come un computer. Una volta apprese le regole e le tecniche, non le eseguirà sempre e comunque allo stesso modo indipendentemente da altri fattori endogeni ed esogeni.
Nella mente umana (senza entrare in tecnicismi propri delle Neuroscienze cognitive o comportamentali), risiedono sia la ragione sia le emozioni e sono proprio queste ultima a giocare un ruolo determinante nel condizionamento del comportamento e della performance dell’atleta o della squadra.
La teoria dell’evoluzione della specie di Darwin insegna che l’essere umano che sopravvive non è il più forte ma quello che si adatta più velocemente al cambiamento; ebbene per analogia non è diverso nello sport. E’ dunque l’atleta o la squadra più flessibile ma soprattutto più resiliente a vincere, quella che sa come non permettere allo stress derivante dall’errore, dal pubblico, da fatti di vita privata di trasformarsi in rabbia, paura, tristezza ed inficiare la propria prestazione.
C’è sempre più necessità-ed i club e gli atleti cominciano a comprenderlo- di avvalersi di una guida, di un vero e proprio allenatore mentale, meglio noto come mental coach, che, almeno con la stessa importanza dell’allenatore e del preparatore atletico, si dedichi ad allenare la mente.
Parliamo di allenamento perché proprio come accade per la struttura muscolare, in grado di fornire maggiore resistenza, di conferire forza esplosiva, di garantire elasticità, anche la mente, se correttamente sollecitata, sarà in grado di fornire resilienza, resistenza e focus.
Da un lato i muscoli solleveranno pesi, cuore e respirazione sosterranno la corsa, dall’altro la mente sopporterà carichi di stress sempre maggiori.
Dissociazione dalla realtà, focus e dialogo interno, neuro associazioni (meglio note come ancore), visualizzazioni sono solo una minima parte delle strategie che un abile mental coach è in grado di mettere in campo per allenare la mente degli sportivi.
A differenza del fisico che si allena in campo, la mente non stacca mai e, spesso, è proprio fuori dal campo che accumula lo stress che non permette di dare il meglio di sè.
Uno degli errori che le squadre e gli atleti commettono è quello di trascurare o tralasciare un aspetto importante come la cura del centro di controllo, grazie al quale è possibile rendere la potenza estremamente funzionale, senza disperdere energie, aumentando la resistenza, e riuscendo a filtrare le interferenze, proteggendo lo stato d’animo dell’atleta.
In campo non ci misureremo mai solo per tecnica ma anche per mentalità. In alcune situazioni sarà la strategia dell’avversario a porci in uno stato di stress attraverso un vero e proprio attacco alla nostra concentrazione, al nostro stato emotivo.
Oppure lo stress potrebbe arrivare, come di recente accaduto per Serena Williams, dalla valutazione dell’arbitro che non condividiamo o, peggio ancora, da una notizia o fatto personale. Si pensi ad una separazione sentimentale, alla scomparsa di una persona cara, alla contestazione della tifoseria o alla mancata fiducia del mister.